Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9154 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9154 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Parlatore Biagio, nato 1’8 marzo 1970
Lauricella Giuseppina, nata il 29 marzo 1972
avverso l’ordinanza del Tribunale di Imperia del 14 luglio 2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore, avv. Alessandra Mandolesi.

Data Udienza: 19/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con ordinanza del 14 luglio 2015, il Tribunale di Imperia ha rigettato la
richiesta di riesame proposta dagli interessati avverso il decreto del Gip dello stesso
Tribunale del 29 maggio 2015, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo,
fino all’importo di euro 789.310,80, dei beni immobiliari di proprietà di Parlatore
facenti parte del fondo patrimoniale familiare costituito con atto notarile del 23
dicembre 2013 dai coniugi Parlatore e Lauricella. Presupposto del sequestro è

formulata sull’assunto che la costituzione di detto fondo patrimoniale sarebbe
unicamente servita ad eludere due atti di accertamento notificati in precedenza a
Parlatore, il secondo dei quali per euro 789.310,80. Quanto al primo avviso di
accertamento, vi era stata una conciliazione giudiziale con l’Agenzia delle entrate,
cosicché il pubblico ministero e il Gip avevano riconosciuto la sostanziale insussistenza
del relativo debito, escludendolo dal computo del sequestro.
2.

– Avverso l’ordinanza l’indagato Parlatore e la moglie Lauricella,

amministratori del fondo patrimoniale oggetto di parziale sequestro preventivo, hanno
proposto, tramite il difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione, chiedendone
l’annullamento. Si premette che l’oggetto degli accertamenti tributari è il debito della
società Gold Italia s.p.a. e che il sequestro avrebbe erroneamente attinto il patrimonio
della persona fisica di Parlatore, sul presupposto dell’esistenza di una ristretta base
azionaria della società. Si precisa, inoltre, che sia il ricorso tributario sia le
controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate erano stati depositati prima della
costituzione del fondo patrimoniale che si assume essere atto fraudolento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si rileva l’erronea applicazione della
disposizione incriminatrice, nonché dell’art. 49 cod. pen., perché il debito tributario
sarebbe ascrivibile alla persona giuridica e non alla persona fisica di Parlatore. L’atto
di accertamento tributario sarebbe stato notificato a quest’ultimo nella sua qualità di
coobbligato, avendo, però, ad oggetto Ires e Irap, imposte non esigibili dalle persone
fisiche, tanto che l’Agenzia delle entrate non aveva effettuato alcuna iscrizione a ruolo
nei confronti dello stesso indagato e che la stessa, nell’atto di costituzione nel giudizio
tributario, aveva affermato che egli non era obbligato né coobbligato al pagamento
delle somme contestate.
2.2. – In secondo luogo, si deduce l’inosservanza della disposizione
incriminatrice, sul rilievo che la costituzione del fondo patrimoniale non può di per sé
essere qualificata come atto fraudolento. La ricostruzione difensiva troverebbe

l’imputazione, a carico di entrambi, di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000,

conferma nella giurisprudenza di legittimità, la quale richiede che si tenga conto in
modo puntuale e coerente delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva
situazione emergente dagli atti forniti dalle parti.
2.3. – Si lamenta, in terzo luogo, il mancato esame della sussistenza
dell’elemento soggettivo, sul rilievo che l’indagato aveva, al momento della
costituzione del fondo patrimoniale, la piena consapevolezza e la convinzione di non
essere destinatario del debito tributario di cui all’atto di accertamento. Sarebbe perciò

procedimento di riscossione.
2.4. – Non si sarebbe considerato in quarto luogo, che la costituzione del fondo
patrimoniale riguardava, comunque, solo una parte del patrimonio immobiliare di
Parlatore, ed aveva lasciato privi di vincoli molti altri immobili, oltre ad altri cespiti
patrimoniali, di valore decisamente superiore al debito che si asserisce esistente;
cosicché la costituzione del fondo non potrebbe essere considerata idonea a rendere in
tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Il Tribunale, pur
riconoscendo l’esistenza di beni e garanzie di ingente valore, non avrebbe specificato
la ragione per cui gli stessi non erano sufficienti a soddisfare l’ipotizzato credito del
fisco.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è parzialmente fondato.
3.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si sostiene che il Tribunale non
avrebbe considerato che il debito tributario è ascrivibile alla persona giuridica e non
alla persona fisica di Parlatore – è infondato.
Secondo l’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, «è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di
imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative
relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila,
aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a
rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se
l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si
applica la reclusione da un anno a sei anni».
Dalla formulazione della disposizione si desume che costituisce elemento
costitutivo del reato l’idoneità delle simulate alienazioni o degli atti fraudolenti
commessi sui propri o sugli altrui beni a rendere anche solo parzialmente inefficace la

da escludere il dolo specifico di sottrazione fraudolenta del proprio patrimonio al

procedura di riscossione coattiva.

E l’idoneità degli atti deve essere valutata in

. concreto, sia con riferimento alla natura, sia con riferimento all’oggetto degli stessi.
Nel caso di specie, risulta pacifico che il debito tributario sia stato individuato
nel mancato pagamento dell’Ires dovuta dalla società Gold Italia s.p.a., per l’anno di
imposta 2006 e che l’indagato Parlatore sia stato individuato come coobbligato
dall’amministrazione finanziaria. Risulta anche che, nell’ambito del contenzioso
tributario, l’Agenzia delle entrate ha presentato una memoria con la quale ritiene che

Su tale profilo, il Tribunale correttamente osserva che la memoria in questione non
contiene affermazioni rilevanti ai fini sostanziali e penali e neppure vincolanti per la
stessa amministrazione finanziaria, alla quale non è impedito, nel proseguimento della
procedura esecutiva, di dare una diversa interpretazione al proprio atto. E la
circostanza che vi sia una diversa interpretazione della vicenda da parte
dell’amministrazione è richiamata dallo stesso ricorrente, laddove evidenzia che, alla
pag. 7 dell’atto di accertamento si afferma che vi è una base azionaria così ristretta da
far presumere che le operazioni fraudolente svolte dalla società siano in realtà
ascrivibili ai soci, ai quali i relativi ricavi sarebbero stati distribuiti in nero; cosicché la
struttura societaria potrebbe essere ricondotta ad un mero schermo, con l’ulteriore
conseguenza che verrebbe meno la separazione del suo patrimonio da quello
dell’indagato, il quale sarebbe quanto meno coobbligato in relazione al debito
tributario. Tali ultime affermazioni – che, come osservato dallo stesso Tribunale,
dovranno comunque essere oggetto di approfondimento nel giudizio di merito – non
sono state adeguatamente contestate dal ricorrente, perché egli si è limitato a
richiamare il dato, meramente formale, della esclusiva riconducibilità del debito
tributario alla società.
3.2. – Il secondo e il quarto motivo di ricorso devono essere trattati
congiuntamente, perché si riferiscono entrambi alla circostanza che la costituzione del
fondo patrimoniale non potrebbe di per sé essere qualificata come atto fraudolento, in
mancanza di concreti elementi in tale senso. In particolare, la difesa evidenzia, sul
punto, che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare che l’indagato aveva altri
beni, di valore rilevante, che erano rimasti estranei al fondo patrimoniale e che
sarebbero stati sufficienti comunque a soddisfare le pretese del fisco.
I motivi sono fondati.
Deve premettersi, in punto di diritto, che, a fronte di un fondo patrimoniale
costituito ex art. 167 cod. civ., per fare fronte ai bisogni della famiglia, è necessario
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l’atto impositivo sia rivolto alla sola società e non anche a Parlatore personalmente.

accertare, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000,
– che nell’operazione posta in essere sussistano gli elementi costitutivi della sottrazione
fraudolenta: il processo di merito deve dunque individuare quali siano gli aspetti
dell’operazione economica che dimostrino la strumentalizzazione della causa tipica
negoziale allo scopo di evitare il pagamento del debito tributario.

E non è ipotizzabile

una sostanziale inversione dell’onere della prova, sul solo presupposto che la
creazione del patrimonio separato rappresenti di per sé l’elemento materiale della

fondo rappresenta uno dei modi legittimi di attuazione dell’indirizzo economico e delle
esigenze del nucleo familiare, dovendosi escludere le sole esigenze di natura
voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi (sez. 3, 4 aprile 2012,
n. 40561). A ciò deve aggiungersi, sia sotto il profilo della idoneità degli atti a
pregiudicare l’esecuzione coattiva, sia sotto il profilo della prova della sussistenza del
dolo specifico di frode, la necessità di dimostrare che la costituzione del fondo
patrimoniale abbia in concreto messo in pericolo la garanzia patrimoniale. Ne
consegue che qualora – come nel caso di specie – la difesa abbia prospettato in sede
cautelare l’esistenza di beni non inclusi nel fondo e di un valore tale da costituire
adeguata garanzia, il giudice ha l’onere di fornire una pur sommaria motivazione sulla
ragione per cui la costituzione del fondo rappresenterebbe, in ogni caso, uno
strumento idoneo a rendere più difficoltoso il recupero del credito erariale. Ciò non è
stato fatto dal Tribunale, il quale si è, anzi, esplicitamente discostato da tale principio
di diritto, affermando che «il fatto che il Parlatore sia proprietario di altri beni di
ingente valore è irrilevante per la configurazione del reato, che, come si è visto, è
reato di pericolo».
3.3. – Infondato è invece, il terzo motivo di doglianza. Lo stesso si riferisce
infatti al mancato esame della sussistenza dell’elemento soggettivo non in relazione al
profilo sopra esaminato dell’esistenza di altri beni idonei a soddisfare le pretese del
fisco, ma esclusivamente in relazione al diverso profilo della piena consapevolezza e
convinzione dell’indagato, al momento della costituzione del fondo patrimoniale, di
non essere destinatario del debito tributario di cui all’atto di accertamento.
Devono essere richiamate, sul punto, le considerazioni già svolte sub 3.1. circa
l’individuazione, in capo all’indagato, della qualifica di obbligato o, quantomeno, di
coobbligato dell’obbligazione tributaria formalmente intestata alla società della quale
era amministratore. E va sottolineato, in particolare, che già nell’atto di accertamento
l’indagato era definito quale obbligato, in considerazione della natura “familiare” della

sottrazione del patrimonio del debitore. Infatti, la scelta dei coniugi di costituire il

società, che era tale da farne un mero schermo al servizio delle esigenze di illecito
arricchimento dei soci. Di talché l’ordinanza impugnata non appare lacunosa quanto
. alla ritenuta impossibilità di escludere – allo stato degli atti – che l’imputato fosse
pienamente consapevole di essere il sostanziale destinatario dell’obbligazione
tributaria.
4. – Da quanto precede consegue che l’ordinanza impugnata deve essere
annullata, con rinvio al Tribunale di Imperia, perché proceda a nuovo giudizio,

corretta applicazione dei principi di diritto ivi enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Imperia.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2015.

limitatamente agli aspetti richiamati al punto 3.2. della presente sentenza, facendo

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