Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9148 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9148 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Damiani Christian, nato a Roma il 29/10/1982
avverso l’ordinanza dell’11/3/2015 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Gian Domenico Caiazza, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’Il maggio 2015 il Tribunale di Roma, pronunciandosi
nuovamente, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con
sentenza del 16 luglio 2014, sull’appello proposto dal Pubblico Ministero, ha
disposto il ripristino della custodia cautelare in carcere nei confronti di Christian
Damiani, già applicata con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del
medesimo Tribunale con ordinanza dell’8 aprile 2013 e successivamente
sostituita con gli arresti domiciliari.
Ha esposto il Tribunale che Christian Damiani, indagato per associazione a
delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti in qualità di promotore ed
organizzatore e per due specifici reati fine, inerenti l’acquisto Sa detenzione di 5

Data Udienza: 06/11/2015

chilogrammi di cocaina e l’illecita detenzione e cessione di oltre un chilogrammo
di cocaina, era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere con ordinanza
del Giudice per indagini preliminari del Tribunale di Roma dell’8 aprile 2013. In
relazione a tali reati il Damiani era quindi stato condannato in primo grado, con
sentenza del Tribunale di Roma, alla pena di anni ventidue di reclusione, oltre
alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla misura di
sicurezza della libertà vigilata per anni tre.
Nel corso di tale giudizio l’imputato aveva presentato istanza di sostituzione

il sistema carcerario, ed il Tribunale aveva disposto perizia collegiale al riguardo,
all’esito della quale, e dell’esame dei periti, aveva sostituito la custodia cautelare
in carcere con gli arresti domiciliari presso una struttura residenziale psichiatrica.
Tale ordinanza è stata appellata dal Pubblico Ministero, per conseguirne
l’annullamento ed il ripristino della precedente misura, sulla base del rilievo che il
Danniani in altre due occasioni era stato ricoverato agli arresti domiciliari in
comunità residenziali,blle quali aveva continuato a commettere reati in materia
di stupefacenti, nonché del fatto che dalle intercettazioni telefoniche era emersa
l’intenzione dell’imputato di simulare condizioni di salute incompatibili con la
permanenza in carcere e che la perizia medica disposta non aveva accertato
l’incompatibilità delle condizioni di salute dell’imputato con il regime carcerario.
Con ordinanza del 17 marzo 2014 il Tribunale di Roma ha accolto l’impugnazione
del Pubblico Ministero, escludendo l’incompatibilità tra le condizioni di salute
dell’imputato e la detenzione in carcere, disponendo quindi il ripristino della
misura cautelare della custodia in carcere.
A seguito del ricorso proposto dall’imputato tale ordinanza è stata annullata
con sentenza del 16 luglio 2014, per l’insufficiente rilievo del dato fenomenico
dei due tentativi di suicidio del Damiani e per il mancato esame della valutazione
compiuta dal giudice procedente, all’atto della sostituzione della misura cautelare
della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso una struttura
residenziale psichiatrica.
In sede di rinvio il Tribunale ha ribadito la precedente decisione, di
ripristino della custodia cautelare in carcere.
Ha evidenziato, in particolare, il Tribunale gli esiti della disposta perizia
medica sulle condizioni di salute del Damiani, nella quale erano stati
espressamente menzionati i due episodi autolesionistici del 2 giugno 2013
(tentativo di impiccagione) e del 15 gennaio 2014 (allorquando aveva battuto
volontariamente il capo contro lo stipite della finestra), e, pur evidenziando lo
stato di malnutrizione del Damiani ed i disturbi dell’adattamento con alterazione
mista dell’emotività e della condotta, aveva però affermato che la patologia
malnutrizionale era compatibile con lo stato di detenzione inframurario, previo
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della misura cautelare in ragione delle sue condizioni di salute, incompatibili con

collocamento presso una struttura specialistica, e che la patologia psichica non
era particolarmente grave e, in considerazione degli strumenti terapeutici a
disposizione della amministrazione penitenziaria, non incompatibile con la
detenzione in carcere. Il Tribunale ha quindi sottolineato, in relazione al rilievo di
illogicità della precedente motivazione, come i periti avessero attentamente
preso in considerazione gli episodi autolesionistici, posti in diretta correlazione
con il disturbo dell’adattamento del Danniani, spiegati dai periti come
manifestazioni strettamente strumentali ad evidenziare verso l’esterno il disagio

intenzionalità suicidiaria. Sulla base di questi elementi il Tribunale ha quindi
escluso l’esistenza di una situazione di incompatibilità con il regime carcerario,
evidenziando anche l’assenza di elementi nuovi in senso favorevole al Damiani
ed escludendo anche significativo rilievo all’avvenuto riconoscimento in capo
all’imputato di uno stato di handicap grave, riconducibile al quadro diagnostico
già esaminato e valutato dai periti.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto nuovamente ricorso per il suo
annullamento l’imputato, mediante il suo difensore, affidandolo a tre motivi, così
riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha lamentato violazione di legge processuale in
relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., e mancanza ed illogicità della
motivazione (art. 606, lett. c) et e), cod. proc. pen.), prospettando l’elusione del
principio di diritto affermato nella precedente decisione di annullamento con
rinvio, per l’insufficiente considerazione dei tentativi autolesionistici e di suicidio
posti in essere dal ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo ha prospettato mancanza della motivazione in
ordine alla rivalutazione delle esigenze cautelari a seguito della sentenza di
assoluzione resa in un procedimento connesso (art. 606, lett. e), cod. proc.
pen.), sulla base del rilievo che il ricorrente era stato assolto dalla Corte
d’appello di Roma con sentenza del 15 dicembre 2014 nel procedimento
connesso n. 10097/2012 r.g.n.r., circostanza questa che avrebbe dovuto
determinare una nuova valutazione del pericolo di reiterazione di reati della
stessa specie ed anche una nuova analisi della personalità del ricorrente, omesse
dal Tribunale, che aveva invece erroneamente affermato l’insussistenza di
elementi nuovi di segno positivo in favore dell’imputato.
2.3. Con il terzo motivo ha prospettato mancanza e contraddittorietà della
motivazione (art. 606, lett. e), cod. proc. pen.) in ordine alla ritenuta sostanziale
coincidenza fra la diagnosi operata dal collegio peritale nominato dal Tribunale e
la più recedente diagnosi della commissione medica nominata dall’INPS, che
aveva riconosciuto il Damiani portatore di handicap in situazione di gravità, e

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derivante dallo stato di detenzione, e non indice di una vera e propria

dunque invalido al 100%, in quanto affetto da disturbo bipolare con episodi
deliranti di tipo persecutorio e dipendenza da psicofarmaci e cocaina (che
assume da età giovanile), ernia iatale e disturbi del comportamento alimentare,
diagnosi che segnava una ingravescenza rispetto alla situazione esaminata dal
collegio peritale nominato dal Tribunale nel 2013, ignorata dal Tribunale del
riesame, che aveva ritenuto che dalla documentazione medica depositata dalla
difesa del Damiani non emergessero ulteriori elementi significativi circa
l’incompatibilità della situazione clinica del ricorrente con la detenzione in

3. Con memoria depositata il 19 ottobre 2015 il ricorrente ha evidenziato la
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riacutizzazione della -fenomenica depressiva ed il riemergere di aspetti
persecutori, tali da compromettere l’incolumità dei familiari del Damiani, che
avevano indotto la Corte d’appello di Roma, con ordinanza del 17 settembre
2015, a respingere l’istanza del Damiani, agli arresti domiciliati presso la Clinica
Belvedere, di autorizzazione a trascorrere i fine settimana presso l’abitazione
della madre.
Con la medesima memoria ha evidenziato l’intervenuta assoluzione del
Damiani da parte della Corte d’appello di Roma dal reato associativo e da uno
degli episodi di cessione di stupefacenti, con la conseguente rideterminazione
della pena in anni cinque di reclusione ed euro 22.000 di multa.

4. Con ulteriore memoria depositata il 22 ottobre 2015 ha evidenziato il
positivo andamento del percorso terapeutico e riabilitativo intrapreso dal
Damiani presso la Clinica Villa Belvedere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso risultano fondati, quanto alla omessa
considerazione della compatibilità delle attuali condizioni di salute del ricorrente
con la detenzione in carcere, con la conseguente necessità di annullare
l’ordinanza impugnata.

1. Il primo motivo, mediante il quale sono state denunciate violazione di
legge processuale e vizio di motivazione, per l’insufficiente considerazione da
parte del Tribunale dei due tentativi di suicidio posti in essere dal Damiani, in
contrasto con le indicazioni della sentenza di annullamento con rinvio del 16
luglio 2014, risulta infondato, avendo il Tribunale nella ordinanza impugnata
preso in considerazione i tentativi di suicidio posti in essere dall’imputato, ed

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carcere.

essendosi confrontato con la diversa valutazione compiuta allorquando il giudice
della cognizione aveva sostituito la custodia in carcere con gli arresti domiciliari.
Nell’accogliere nuovamente l’appello del Pubblico Minist2so, diretto ad
ottenere il ripristino della custodia cautelare in carcere nei confronti del Damiani,
il Tribunale ha, infatti, escluso espressamente, sulla base di quanto ritenuto dai
periti e di quanto dagli stessi riferito nel corso del loro esame, che le patologie
da cui è affetto il Damiani, pur in presenza dei due episodi autolesionistici dallo
stesso evidenziati, determinino incompatibilità con il regime carcerario, essendo
espressione di un disturbo dell’adattamento e non indice di una vera e propria

strumentali ad evidenziare verso l’esterno il disagio derivante dallo stato di
detenzione.
Ne consegue l’insussistenza dei vizi di violazione di legge processuale ed
assenza ed illogicità della motivazione denunciati dal ricorrente con il primo
motivo, avendo il Tribunale provveduto ad uniformarsi alle statuizioni contenute
nella sentenza di annullamento con rinvio del 16 luglio 2014 e considerato
adeguatamente la valenza dei due tentativi di suicidio posti in essere dal
ricorrente.

2. Fondati risultano, invece, il secondo ed il terzo motivo (come sviluppati
con le memorie aggiunte), mediante i quali è stato denunciato vizio di
motivazione della ordinanza impugnata, circa la omessa rivalutazione delle
esigenze cautelari e delle condizioni del ricorrente a seguito dei fatti
sopravvenuti ad entrambe le ordinanze ripristinatorie della custodia in carcere
(anche successivi alla pronuncia dell’ultima ordinanza impugnata), nonché in
ordine alla ritenuta irrilevanza della più recente diagnosi formulata dalla
commissione medica nominata dall’INPS.
La valutazione circa la compatibilità tra la detenzione in carcere e le
condizioni di salute dell’imputato deve, infatti, essere compiuta con riferimento
all’attualità, cioè alle condizioni esistenti al momento della decisione sulle istanze
di sostituzione o ripristino ed in rapporto alla terapia che può e dev’essere
praticata in carcere (Sez. 5, Sentenza n. 5167 del 15/12/1994, Iannace, Rv.
200463), con la conseguente necessità di esaminare tutti i fatti sopravvenuti
aventi possibile incidenza sulle condizioni psicofisiche dell’imputato, come tali da
considerare nella formulazione del suddetto giudizio di compatibilità, non
essendovi al riguardo preclusioni procedimentali, proprio in considerazione della
naturale evoluzione delle condizioni di salute e della conseguente necessità di
esaminarle e valutarle quali esistenti al momento della decisione.
Ora, nella vicenda in esame, successivamente alla prima ordinanza di
ripristino della misura della custodia in carcere (risalente al 17 marzo 2014), si

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intenzionalità suicidiaria, dovendo essere intesi quali manifestazioni strettamente

sono verificati vari eventi, sia di natura processuale sia relativi alla salute
dell’imputato, che meritano considerazione per la loro possibile incidenza sulle
condizioni psichiche dell’imputato e sul disturbo dell’adattamento da cui lo stesso
è affetto, e sulla conseguente compatibilità tra la detenzione in carcere e le sue
attuali condizioni di salute.
Come evidenziato dal ricorrente, successivamente alla prima ordinanza
ripristinatoria della custodia in carcere il Damiani è stato assolto dalla Corte
d’appello di Roma, con sentenza del 15 dicembre 2014, dai reati di cui agli artt.
73, commi 1 e 6, e 80 d.P.R. 309/90, relativi a detenzioni e cessioni di rilevanti

quantitativi di cocaina ed hashish, per non aver commesso il fatto; lo stesso,
inoltre, con altra sentenza della Corte d’appello di Roma (n. 4912/2015), resa
nel 2015 nel procedimento nell’ambito del quale è stata disposta la misura
cautelare in esame, è stato assolto dai reati di cui ai capi a) (associazione a
delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti) e d) (illecita detenzione e
cessione di oltre un chilogrammo di cocaina), con la conseguente riduzione della
pena per il reato di cui al capo b) (acquisto ed illecita detenzione di cinque
chilogrammi di cocaina) ad anni cinque di reclusione ed euro 22.000 di multa, in
luogo della pena di anni 22 di reclusione inflittagli con la sentenza di primo grado
da parte del Tribunale di Roma.
Poiché il Damiani risulta, secondo quanto accertato dai periti nominati dal
Tribunale, affetto da un disturbo dell’adattamento con alterazione mista
dell’emotività e della condotta, in cui coesistono su base reattiva aspetti
depressivi ed ansia reattiva, turbe del comportamento che si manifestano con
rifiuto del cibo e gesti auto-lesivi, oltre che un disturbo della personalità di tipo
misto con prevalenza di tratti istrionici, antisociali e borderline, il rilevante
mutamento del quadro accusatorio nei suoi confronti (derivante dalle suddette
assoluzioni e riduzione di pena), a fronte del mantenimento della custodia in
carcere, potrebbe determinare un peggioramento di tali disturbi, tenendo conto
della commissione di due episodi autolesionistici (tra cui un tentativo di
impiccagione), sicché tale modificazione della situazione processuale del Damiani
appare meritevole di valutazione sotto il profilo della sua possibile incidenza
negativa sulle condizioni di salute del ricorrente (ed in particolare del possibile
aggravamento delle sue patologie psichiatriche) a fronte del mantenimento della
custodia in carcere.
Del pari meritevoli di approfondimento, nella medesima direzione, paiono
essere le condizioni di salute del Damiani quali risultanti dagli accertamenti svolti
dalla commissione medica dell’INPS ai fini del riconoscimento della invalidità
civile e dalla relazione della struttura presso la quale lo stesso è ricoverato
(richiamata anche nella ordinanza della Corte d’appello di Roma del 17
settembre 2015, prodotta dal ricorrente), emergendo da tali accertamenti un
t .”

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aggravamento delle condizioni di salute del Damiani, da valutare nel giudizio di
compatibilità tra le stesse ed il mantenimento della custodia in carcere.
La commissione medica dell’INPS, a seguito della visita del 20 gennaio
2015, ha ritenuto il Damiani invalido civile con totale e permanente inabilità
lavorativa, in quanto affetto da disturbo bipolare con episodi deliranti di tipo
persecutorio e dipendenza da psicofarmaci e cocaina, ernia iatale e disturbi del
comportamento alimentare; i responsabili della struttura sanitaria Villa
Belvedere, presso la quale il ricorrente si trova dal febbraio 2014, nella relazione

evidenziando fasi di riacutizzazione dei fenomeni depressivi ed il riemergere di
aspetti persecutori, in considerazione dei quali la Corte d’appello di Roma, con
l’ordinanza del 17 settembre 2015, ha respinto l’istanza del Danniani di
autorizzazione a trascorrere i fine settimana presso l’abitazione della madre,
affermando che le patologie da cui è affetto e le crisi segnalate potrebbero
compromettere l’incolumità dei suoi familiari.
Tali elementi, in parte successivi alla ordinanza impugnata, non sono stati
adeguatamente considerati da parte del Tribunale nella valutazione della
compatibilità delle condizioni di salute del ricorrente (valutazione da compiere
sulla base delle situazione esistente al momento della decisione) e la detenzione
in carcere, anche sotto il profilo della loro possibile incidenza sulle condizioni
psichiche dell’imputato del mantenimento della custodia in carcere, con la
conseguenza che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al
Tribunale di Roma per una nuova verifica di detta compatibilità, da compiere
sulla scorta dei rilievi che precedono.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma in diversa
composizione e dispone la trasmissione degli atti alla Sezione Riesame.
Così deciso il 6/11/2015

del 22 ottobre 2015, ne hanno sottolineato i progressi sul piano psicologico, pur

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