Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9146 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9146 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE DOMINICIS ALESSANDRO N. IL 19/08/1965
avverso la sentenza n. 1182/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 01/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 10/01/2014

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta: a) inammissibilità
dell’appello del Procuratore generale, viziato da assoluta genericità; b) errata applicazione di
legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per
assenza di documentazione fondante la prova dell’avvenuto pagamento delle retribuzioni e
assenza di prova testimoniale che possa supplire a tale carenza; c) vizio motivazionale ai sensi
dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con riferimento all’esistenza di prove sufficienti per la
condanna; d) vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per avere la Corte
di appello omesso di dare conto delle ragioni di superamento della decisione assolutoria di
primo grado; e) vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per avere la
Corte di appello dato per esistenti e certi fatti e documenti non presenti nel fascicolo
processuale e non dimostrati.
Osserva la Corte, quanto al primo motivo, che l’appello del Procuratore generale ha sollecitato
la Corte territoriale a dare una diversa lettura del materiale documentale in atti e che la Corte
di appello ha ritenuto di condividere tale richiesta, essendo evidente il profilo che
l’impugnazione sottoponeva al vaglio dei giudici di appello; del resto, si tratta esattamente del
profilo che il ricorso mette in discussione e che non può dirsi solo genericamente prospettato
dalla pubblica accusa in sede di appello.
Quanto ai restanti motivi, appare evidente alla Corte che le “attestazioni” redatte dalla sede
Inps di Teramo e firmate, su supporto informatico, dal Direttore della sede, costituiscono il
riepilogo di quanto l’azienda ha comunicato mediante i c.d. “Mod. DM10/2”. Tale materiale
documentale proveniente da amministrazione pubblica è stato legittimamente acquisito al
fascicolo documentale, non risultando opposizioni da parte del ricorrente e della sua Difesa,
così come non risulta che le parti processuali abbiano richiesto l’esame testimoniale di
personale Inps e tale richiesta sia stata rigettata dal Tribunale. In tale contesto appaiono prove
di fondamento le censure circa la rilevanza e il significato di tale documentazione, il cui
contenuto non è stato oggetto di censura o di contro-prova da parte del ricorrente, che
avrebbe certamente potuto attivare autonome fonti di prova volte a dimostrare la erroneità dei
dati risultanti agli atti. Una volta che la Corte di appello, ritenuto legittimamente utilizzabili i
dati così acquisiti, ha concluso per l’esistenza di prove dell’avvenuto pagamento delle
retribuzioni ai dipendenti nei termini emergenti dalle “attestazioni” Inps, non si ravvisa da
parte di questa Corte alcun profilo di illogicità o di radicale carenza della motivazione, con la
conseguenza che il ricorso va dichiarato manifestamente infondato.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.

Con sentenza in data 1/2/3013 la Corte di Appello di L’Aquila ha riformato la sentenza
assolutoria emessa il 12/10/2013 dal Tribunale di Teramo con cui il Sig. Alessandro De
Dominicis e, previa dichiarazione di estinzione della violazione relativa al mese di giugno
2005, lo ha condannato alla pena di tre mesi di reclusione e 300,00 euro di multa in relazione
al reato previsto dall’art.2 del d.l. 12/9/1983, n.463, convertito in legge 11/11/1983, n.638,
modificata dal d.lgs. 24/3/1994, n.211, commesso con riferimento alle mensilità giugnonovembre 2006.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10/1/2014

Il residente

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