Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9142 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9142 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
l) GIOVANELLI GIACOMO N. IL 29/10/1948
avverso la sentenza n. 2440/2009 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
21/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI
Udito il Procuratore Gen,erale in persona del Dott. Ca.r”„s t,u. S+,1.che ha concluso per
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Udito, per la p rte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 21/09/2011 la Corte d’appello di Brescia

confermava la sentenza emessa in data 23/4/2009 dal G.U.P. del Tribunale
di Cremona che condannava Giovannelli Giacomo, ritenuta la continuazione
ed applicata la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di anni due e
mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa, in ordine ai reati di cui
agli artt.: a) 81 cpv. e 643 cod. pen.; b) 56 e 643 cod. pen. (oltre al

costituita).
2.

Avverso tale decisione propone ricorso il difensore dell’imputato, il

quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen, la
carenza e la contraddittorietà della motivazione, contrastante con le prove
documentali presenti negli atti del procedimento, ma travisate ed ignorate
che rendevano invece effettivo l’oggetto della negoziazione intervenuta con
la persona offesa e, quindi, reale l’intento dell’imputato di dare esecuzione
all’accordo contrattuale per cui si erano percepite le somme di denaro
oggetto della contestata appropriazione. In tale contesto, censurava la
decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto l’insussistenza del
rapporto negoziale posto a fondamento del contratto preliminare stipulato
tra le parti e le rationes di fatto utilizzate a sostegno di tale affermazione,
anche in relazione alla capacità di alienare il bene, alla convenienza
economica dell’acquisto, alla volontà della persona offesa di trasferirsi nel
nuovo immobile, nonché sotto il profilo della ritenuta incapacità psichica
della contraente, fondata esclusivamente sull’esito della consulenza tecnica
del pubblico ministero che aveva collocato il deficit cognitivo in epoca
successiva all’avvenuta stipula del preliminare. Allegava, a sostegno del
ricorso,

documentazione relativa alla

negoziazione “incriminata”.

Produceva, altresì, in data 15/10/2012, memoria alla quale allegava
sentenza del Tribunale civile di Cremona del 16/5/2012 che aveva rigettato
la domanda di risarcimento danno ex art. 2043 c.c. avanzata dalla persona
offesa avente ad oggetto il comportamento illecito asseritamente tenuto
dell’imputato nella presente vicenda.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è manifestamente infondato. Viene, invero, prospettata

una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente rispetto a
quella accolta nella sentenza di primo grado e confermata dalla sentenza

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risarcimento del danno morale e alle spese in favore della parte civile

di appello. In sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che
implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte
di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici; viceversa dalla lettura
della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella valutazione delle
prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un logico
apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità

a puntuali risultanze probatorie (sommarie informazioni rilasciate dai testi
Zeminian Renata, Santandrea Luca e Mazzini Mafalda) in base alle quali il
fatto contestato doveva essere ascritto alla persona del ricorrente,
escludendosi la verosimiglianza della tesi difensiva del tutto pretestuosa e,
peraltro, anche foriera di contraddizioni a fronte di un comportamento
complessivo volto al depauperamento del patrimonio dell’offesa ed in
relazione a precedenti dichiarazioni menzognere e contraddittorie rese
dall’imputato a giustificazione del suo operato, smentite dagli operati
accertamenti. Nell’ambito di tale contesto probatorio a carico,
l’affermazione difensiva volta a fornire una giustificazione “causale” alle
somme indebitamente percepite, risulta altresì correttamente e
doviziosamente smentita dai giudici di seconde cure, i quali hanno ben
evidenziato gli elementi da cui si ricava in modo certo che la proposta di
acquisto di un appartamento che la p.o. avrebbe rivolto all’imputato venne
creato ad arte ex post allorché questi si rese conto che sarebbe stato
chiamato a giustificare gli incassi di somme di denaro altrimenti prive di
qualsiasi causale. Ne deriva, pertanto, che la conclusione raggiunta da
entrambi i giudici di merito di una post-datazione è tutt’altro che
un’illazione ma è un fatto che deve ritenersi accertato alla luce della
ricostruzione storica della vicenda per come emersa dal complesso delle
prove testimoniali e documentali acquisite. Del resto, come osservato dalla
stessa Corte d’appello, anche laddove la persona offesa avesse sottoscritto
l’atto nella data indicata dall’imputato impegnandosi ad acquistare
l’appartamento, altrettanto evidente è che ella avrebbe compiuto l’atto solo
in conseguenza dell’abuso della sue condizioni di inferiorità psichica da
parte dello stesso imputato, non necessitando costei in alcun modo del
bene e non essendo interessata all’acquisto. Quanto poi alla sussistenza
dello stato di deficienza psichica della persona offesa, soccorrono le
conclusioni della CTU, non contestata tra le parti che ha concluso – per il

2

dell’imputato in ordine al fatto ascrittogli; in tal senso si è fatto riferimento

periodo in contestazione – per un indebolimento delle capacità di
discernimento e di determinazione volitiva della persona offesa. Tale status
del resto risulta confermato anche dalle singolari modalità della vicenda
che hanno portato la persona offesa a trasferire nel tempo i propri “averi”
in favore dell’imputato, vicende che sono state ricostruite anche sotto il
profilo dell’assenza di convenienza economica per l’offesa e che non
appaiono rinvenire una logica causa giustificatrice. Questa Corte ha avuto
modo di affermare che in tema di delitto di circonvenzione di incapaci, la
e prove logiche, avendo riguardo alla natura dell’atto, all’oggettivo
pregiudizio da esso derivante ed ogni altro accadimento connesso al suo
compimento (Sez. 2, sentenza n. 6078 del 9/1/2009, rv. 243449).
Pertanto, in tale contesto, a prescindere dalla inverosimiglianza della tesi
difensiva riguardo l’epoca di effettiva e reale formazione della scrittura
privata, la presenza di una seria malattia cognitiva nell’offesa e degli altri
indici “ostativi” evidenziati dal CTU denotano, al di là della collocazione
temporale del disturbo effettuata dal CTU in ragione dell’epoca del
commesso reato, una situazione di incapacità a compiere gli atti di causa
anche in epoca di poco precedente.
Né argomenti decisivi a favore del ricorrente – in tema di insussistenza dei
reati contestati – possono rinvenirsi nella sentenza emessa dal tribunale
civile di Cremona che ha rigettato la domanda di risarcimento danni
avanzata dalla Ghisleri nei confronti dell’imputato, comunque condannato
ad una ripetizione indebita di quanto percepito dalla Ghisleri. Innanzitutto
perché trattasi di una decisione ancora non passata in giudicato e, quindi,
l’accertamento di fatto in essa contenuto non fa “stato”. Poi, perché ai sensi
del comma 4 dell’art. 3 cod. proc. pen. alle sole sentenze irrevocabili del
giudice civile che hanno deciso una questione sullo stato di famiglia o di
cittadinanza può riconoscersi efficacia di giudicato nel procedimento
penale. Inoltre, lo stesso giudice civile che si è occupato della vicenda ha
ben evidenziato come il documento che giustificherebbe i plurimi esborsi di
denaro da parte della Ghisleri non possa altro che provare una generica
intenzione di acquisto, ma non appare in nessun modo in grado di
costituire, per il suo contenuto, un preliminare tra le parti e neppure un
valido accordo tra le stesse per l’acquisto di alcunché, tenuto conto che
difetta, tra l’altro, anche il titolo speso in base al quale l’imputato avrebbe
agito e la sua qualità (appartenendo comunque il bene ad altri quantomeno

3

prova della condotta induttiva può essere tratta anche da elementi indiziari

in comproprietà). Tali “carenze” si sposano con le motivazioni addotte dai
giudici di merito a conferma della inverosimiglianza di tale documento
quale effettiva ed unica causa delle dazioni, circostanza peraltro che trova
conferma anche nelle diverse versioni giustificative (anche menzognere e
smentite dagli accertamenti di causa) fornite dallo stesso imputato in
ragione della effettiva destinazione delle somme ricevute dall’offesa. Né
peraltro tale decisione appare ictu ocu/i contrastante con gli esiti del
giudizio penale, nella parte in cui avrebbe escluso vizi della volontà della
valutazione è stata operata in difetto di prove rilevanti ed ammissibili o
comunque tradotte in conseguenze giuridicamente rilevanti con la
deduzione di specifiche domande (ad es. annullamento) e non confutando,
sul punto, gli esiti fattuali dei giudizi di merito.
4.

Va dichiarata, pertanto, l’inammissibilità dell’impugnazione; ne

consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.
Consegue, altresì, la condanna del ricorrente al pagamento, in favore della
parte civile Ghisleri Maria, delle spese del presente grado di giudizio che, in
ragione della natura e complessità delle questioni trattate e della nota
spese allegata, si liquidano in complessive euro 2.200,00, oltre IVA e CPA
di legge. Non spettano, invece, alla difesa di parte civile le spese vive di cui
ha chiesto il rimborso non essendo attinenti alla difesa tecnica.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende, nonché alla rifusione in favore della parte civile Ghisleri Maria
delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 2.200,00
oltre IVA e CPA.
Così deciso, il 5 dicembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Ghisleri sottesi alla stipula del documento in parola, considerato che tale

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