Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9140 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9140 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOUKHLIS LAHKIM N. IL 15/02/1978
avverso la sentenza n. 2184/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di TRENTO, del 23/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 10/01/2014

1) Con sentenza del 23.5.2013 il GIP del Tribunale di Trento applicava a Moukhlis
Lahkim, ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art.444
c.p.p. di mesi 4 di reclusione ed 1.000,00 di multa (quale aumento per la continuazione
con i fatti di cui alle sentenze del GUP Trib.Trento del 15.6.2012 e del Tribunale di
Trento dell’8.2.2013) per il reato p.e.p. dall’art.73 DPR 309/90.
Ricorre per cassazione l’imputato, denunciando la mancanza di motivazione e la
violazione di legge in relazione all’art.129 c.p.p.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art 444
cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p. questa
Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione “soltanto
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa
la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente
in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis Sez.Un.27.3.1992- Di
Benedetto; Sez.Un.27.9.1995 n.18-Serafino).
Il GIP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i
presupposti per applicare l’art.129 c.p.p., tenuto conto di quanto emergeva “dalle
motivazioni delle ordinanze cautelari..”.
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della
cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro
1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10.1.2014

DEPOSITATA

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