Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9139 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9139 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Amiga Amin, nato in Marocco il 12.12.93
Bnabas Kamal, nato in Marocco il 30.11.93
Masode Yassine, nato in Algeria il 16.4.90
Mlah Soufiane, nato in Marocco il 30.5.91
imputati artt. 110 c.p., 73 T.U. stup.
avverso la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Torino del 16.5.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;

osserva

Con il provvedimento impugnato, ai ricorrenti è stata applicata la pena di anni 3 mesi 8
di reclusione e 14.000 C di multa (mian) e quella di anni 3 e mesi 10 di reclusione e 14.600 C
di multa, ciascuno (i restanti imputati) in ordine al reato di cui agli artt. 100 c.p. 73 T.U. stup..
La presente impugnazione censura il fatto che il giudice non abbia valutato la congruità
della pena.
Il ricorso è, però, manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
Il giudice, infatti, come era suo preciso compito, non ha fatto altro che verificare la
giustezza dell’accordo sottopostogli dalle parti ed applicare la relativa pena da esse concordata.

Data Udienza: 10/01/2014

Questa Corte, in tema di patteggiamento, ha chiarito da subito (sez. v, 20.9.99, Espinola
Sez. VI 10.4.03, Valetta, Rv.
e quindi ribadito più volte (ex
228405) — che “la parte non può dolersi della misura della pena “patteggiata”, a meno
che si versi in ipotesi di pena illegale”.
Ed infatti, la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra
parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del
giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte
che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed
eccezioni, “non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la
congruità della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali
sono addivenute” (Sez. III, 27.3.01, Ciliberti, Rv. 219852).
Alla presente declaratoria di inammissibilità, segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento, a
favore della Cassa delle Ammende, della somma di C 1500.
P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e,
ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1500 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 10 gennaio 2014

Il Presi ente

Vergara Tegualda de la Mercedes, Rv. 214482) —

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