Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9137 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9137 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

Data Udienza: 10/01/2014

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Grasso Sebastiano, nato a Catania il 19.7.54
imputato art. 2 L. 638/83
avverso la sentenza del Tribunale di Rimini, del 12.2.12

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;

osserva
Con il provvedimento impugnato, al ricorrente è stata applicata la pena di anni
reclusione e 360 C di multa in ordine al reato di cui all’art. 2 L. 638/83

i di

abbia motivato
La presente impugnazione censura il fatto che il giudice non
adeguatamente ed ignorato le giustificazioni fornite dall’imputato a dimostrazione della
difficoltà economica che lo aveva indotto alle inadempienze contestategli.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi inammissibile.
Sulla scia di indicazioni anche della Consulta (v. C. Cost. sent. nn. 313/90 e 251/91), é stato più
volte affermato da questa S.C., che facendo richiesta di applicazione della pena, l’imputato
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua
responsabilità ed esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie la detta
richiesta contiene, quindi, un accertamento ed un’affermazione impliciti della responsabilità
dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità non va espressamente motivato,
così come l’affermazione di responsabilità non va espressamente dichiarata. In altri termini,

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1500 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1500 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 10 gennaio 2014

Il Pre idente

l’accordo sulla pena “esonera il giudice dall’obbligo di motivazione sui punti non controversi
della decisione” ( da ult., Sez. II, 12.10.05, P.M. in proc. Scafidi, Rv. 232844). Conseguentemente, anche una
valutazione sintetica del fatto, operata in sentenza, deve considerarsi più che sufficiente a
giustificare la ratifica dell’accordo raggiunto dalle parti. Ed infatti, per giurisprudenza costante
di questa S.C. (risalente nel tempo, Sez. III 18.6.99, Bonacchi, Rv. 215071 – e ribadita anche di recente – sez. I 10.1.07,
Brendolin, Rv. 236622), la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti
(escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.) può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se, dal testo della
sentenza impugnata, appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129.
Diversamente, (sez. v 15.4.99, Barba, Rv. 213633) non è necessario che il giudice dia conto, nella
motivazione, della esclusione di tale causa, “essendo sufficiente anche una implicita
motivazione” a riguardo.
Ciò è – esattamente – quanto avvenuto nella specie.
Lungi dall’essere giusta la censura difensiva, risulta, infatti, che il Tribunale ha fondato
le ragioni per escludere una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., sul richiamo al
dato obiettivo che l’imputato non ha versato i contributi previdenziali nei periodi indicati sulle
retribuzioni corrisposte ai suoi dipendenti e denunciate attraverso i modelli DM 10. Inoltre,
dopo la contestazione, l’omissione si è protratta oltre il termine per l’adempimento (come da
diffida ritualmente inviata). E ben vero che il giudice non menziona le giustificazioni che egli
avrebbe addotto nella specie ma è anche vero che esse – se esistite – non sono state indicate
in modo specifico neppure in questa sede ed, in ogni caso – è bene ricordarlo – anche ove
dimostrate, ‘sarebbero irrilevanti (sez.111,19.1.11, Biglia, Rv. 249917).

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