Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9125 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9125 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAZZOLA OSVALDO N. IL 19/09/1945
avverso la sentenza n. 3608/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
09/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 10/01/2014

Con sentenza in data 9/1/2013 la Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza del
29/5/2012 del Tribunale di Genova con cui il Sig. Osvaldo MAZZOLA è stato condannato in
relazione al reato previsto dall’art.256, comma 2, del d.lgs. n.152 del 2006, accertato il
21/5/2008 con riferimento allo stoccaggio irregolare di rifiuti pericolosi.

Quanto al primo motivo di ricorso, deve osservarsi che lo stesso ricorrente afferma di non
avere effettuato specifiche elezioni o indicazioni di domicilio successivamente all’emissione del
decreto penale di condanna, così che non può restare priva di rilievo la indicazione dallo stesso
fornita nell’anno 2008; contrariamente all’assunto del ricorrente, l’elezione del domicilio
effettuata in relazione alla carica di presidente del Cda corrisponde esattamente alla carica
societaria che fonda l’ipotesi di responsabilità e il fatto che tale elezione sia effettuata nel corpo
dell’atto di nomina dei difensori non può non porsi in relazione al mandato defensionale e alla
posizione processuale-procedimentale assunta dal ricorrente. Nessun rilievo assume il fatto che
il ricorrente operasse stabilmente in Roma presso la sede di altra società, posto che l’elezione
di domicilio presso la sede della società Multiedo di cui è amministratore risulta idonea a
garantire l’efficacia delle comunicazioni.
Quanto al secondo motivo, va escluso che si sia in presenza di travisamento della prova: la
motivazione della sentenza impugnata esamina a pag.3 il documento che supporta la delega al
sig. Zanardo e, contrariamente all’assunto del ricorrente, ne dà una lettura puntuale (in
particolare dei capi “m” e “p”) che conduce a valutazioni diverse da quelle prospettate in
ricorso; tale differenza di valutazione attiene al merito della decisione e non può essere
sindacata dal giudice di legittimità in presenza di motivazione che risulta non incoerente né
manifestamente illogica.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10/1/2014

N

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta: a) omessa citazione per il
giudizio di appello, versandosi in ipotesi di nullità insanabile (pag.4 ricorso); b) vizio di
motivazione travisamento della prova in ordine alla esistenza di una delega al sig. Zanardo,
delega provata sia con documenti sia con dichiarazioni testimoniali.

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