Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9123 del 09/12/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9123 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CHEBOUTI MHMADI N. IL 23/07/1970
avverso la sentenza n. 638/2014 GIUDICE DI PACE di BOLOGNA,
del 04/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;
Data Udienza: 09/12/2015
RILEVATO IN FATTO
Con sentenza emessa il 04/03/2015 il Giudice di Pace di Bologna giudicava
M d’ Chebouti colpevole del reato di cui all’art. 14, comma 5, del 25 luglio
198, n. 286, che si assumeva commesso a Bologna il 15/01/2014,
condannandolo alla pena di 8.500,00 euro.
Avverso tale sentenza il Chebouti ricorreva per cassazione, a mezzo del suo
difensore, l’insussistenza del reato contestato, quale conseguenza della mancata
dello Stato emanati nei confronti dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimità è
esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e
processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere
ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici
da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez.
U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso
del Chebouti si fonda su un presupposto infondato, atteso che, sulla base degli
atti processuali, è possibile affermare che gli atti indicati erano stati tradotti nella
lingua indicata come conosciuta dal ricorrente – che era la lingua spagnola – con
la conseguenza che non è ravvisabile alcuna delle violazioni dedotte nel ricorso in
esame. Sul punto, è utile richiamare il passaggio motivazionale esplicitato a
pagina 3 della sentenza impugnata, nel quale si evidenziava sia che gli atti
processuali censurati erano stati tradotti nella lingua veicolare prescelta e
conosciuta dal Chebouti, sia che la lunga permanenza in Italia del ricorrente
induceva a ritenere che lo stesso conoscesse perfettamente la lingua italiana
(cfr. Sez. 1, n. 24698 del 10/02/2015, Rabah, Rv. 2639 4).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da M d Chebouti deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
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traduzione del decreto di espulsione e dell’ordine di allontanamento dal territorio
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 9 dicembre 2015.