Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9122 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9122 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TASSONE GIANLUCA N. IL 13/05/1970
COMPITO GIUSEPPE N. IL 24/10/1958
avverso la sentenza n. 5250/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 10/01/2014

Con sentenza in data 12/6/2012 la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato la
sentenza del 16/9/2010 del Tribunale di Como nei confronti del sig. Gianiuca Tassone,
dichiarando non doversi procedere per i capi B/1 e B/2 e condannandolo per il capo C, e ha
confermato la decisione nella parte in cui il Sig. Giuseppe Compito è stato condannato per il
capo E, reati previsti dall’art.8 del decreto legislativo n.74 del 2000, rispettivamente relativi
agli anni 2005 e 2006.
Avverso tale decisione sono stati proposti separati ricorsi coi quali si lamenta:
Tassone: mancata concessione dell’art.62 – bis c.p. e vizio di motivazione sul punto;

I motivi di ricorso sono inammissibili perché generici.
Sotto un primo profilo, va osservato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, si
considerano generici, con riferimento al disposto degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591,
comma primo, lett. c) c.p.p., i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità le
medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che
nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento
della decisione sui punti contestati. Si tratta di interpretazione costantemente applicata dalla
giurisprudenza di questa Corte ed espressa, da ultimo, con la sentenza della Sesta Sezione
Penale, n.22445 del 2009, P.M. in proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che “e’
inammissibile per genericità il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni
ed argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato
dalla motivazione de/provvedimento impugnato’.
Sotto un secondo profilo i motivi risultano assolutamente privi di specificità, addirittura
inesistenti quelli proposti dal sig. Compito, e incapaci quelli del Tassone di far comprendere a
questa Corte le ragioni che dovrebbero condurre all’annullamento della sentenza impugnata.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con
conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente
versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 10/1/2014

DEPOSITATA

Compito: carenza di motivazione in ordine alle censure mosse coi motivi di appello.

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