Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9117 del 10/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9117 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRAPPIO LAURA N. IL 23/10/1956
avverso la sentenza n. 672/2006 TRIBUNALE di ALESSANDRIA, del
03/12/2007
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 10/01/2014

1) Con sentenza del 3.12.2007 il Tribunale di Alessandria, in composizione
monocratica, condannava Groppi° Laura, previo riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, alla pena (interamente condonata ex L.241/06) di euro 1.000,00
di ammenda per il
reato di cui all’art.5 lett.b) L.30.4.1962 n.283.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello l’imputata, a mezzo del difensore,
deducendo la mancanza o comunque l’insufficienza della prova della penale
responsabilità.
Essendo la sentenza inappellabile (art.593 co.3 c.p.p.) l’impugnazione veniva qualificata
come ricorso per cassazione ex art.568 co.5 c.p.p. e gli atti erano trasmessi a questa
Corte.
2) Il ricorso (così qualificato) è generico e manifestamente infondato.
2.1) L’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a
pena di inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai
quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
2.2) Il Tribunale ha accertato che presso l’agriturismo dell’imputata erano detenute
sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione.
Con il ricorso, invece di confutare specificamente le argomentazioni del Tribunale, ci
si limita ad affermare, genericamente ed in modo assertivo, che gli alimenti non erano
destinati agli avventori dell’agriturismo ma al consumo personale dell’imputata e dei
familiari.
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
3.1) Va solo aggiunto che l’inammissibilità del ricorso preclude ogni possibilità di far
valere e rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art.129 c.p.p. l’estinzione del reato per
prescrizione, maturata dopo la sentenza impugnata.
Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo
sent.n.23428/2005-Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti
decisioni, ha enunciato il principio che l’intervenuta formazione del giudicato
sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché
contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art 591 comma 1, con eccezione
della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni
possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia
di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al
giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia,
derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle
cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo
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OSSERVA

altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi
già formato il giudicato sostanziale”.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10.1.2014

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