Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9105 del 19/11/2013

Penale Sent. Sez. 5 Num. 9105 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso l’ordinanza n. 36/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
29/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;
17-6/sentite le conclusioni del PG Dotte161,2,0i,tj

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 19/11/2013

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 29.4.2013 il Tribunale di Roma/Sez.Riesame rigettava
l’appello proposto da A.A. avverso il provvedimento del GUP.di
detto Tribunale che,in data 15 gennaio 2013,aveva rigettato l’istanza di dissequestro
delle somme a saldo dei conti correnti accesi presso il Monte Dei Paschi di Siena,e

Tale misura risultava disposta nel procedimento per reati di associazione per
delinquere ,finalizzata ad abusiva attività finanziaria,che il A.A. svolgeva
attraverso il Consorzio COFIART,con i correi,caratterizzata da abusivo rilascio di
fideiussioni,per oltre 500 milioni di euro ,con trasferimento all’estero dei
capitali,utilizzati nell’interesse del gruppo,con preventivato fallimento del
consorzio;inoltre era stato contestato al A.A. il delitto di bancarotta fraudolenta per
aver distratto,in concorso,la somma di €2.570.000,00Per tale procedimento era stata emessa a carico del predetto A.A. ordinanza di
custodia cautelare,in data 10.6.2010,disponendo altresì il sequestro preventivo dei
beni(auto,quote di società PDC Consulting ,GFR Consulting,XS Cafè LLL,intestate
al A.A. e delle somme disponibili sui conti correnti dell’indagato)Inoltre era intervenuta sentenza di primo grado,emessa in data 11.7.2012,con la
pronunzia di condanna dell’imputato alla pena di mesi 18 di reclusione.
-A seguito della decisione era stata presentata dalla difesa l’istanza di
dissequestro,evidenziando che l’imputato non aveva disponibilità di somme ricevute
dal Consorzio,e che non poteva essere disposto il sequestro per equivalente,essendo
stata applicata la misura ai sensi dell’art.2461 C.Civ.,che opera un richiamo alle
ipotesi di cui agli artt.2621cc.,non contestati al A.A.
Il GUP aveva rilevato il ruolo di socio occulto svolto dall’imputato nell’ambito del
Consorzio, evidenziando il carattere transnazionale dell’associazione,ed aveva
ritenuto che l’indagato avesse distratto le somme come socio occulto ;in tal senso a

1

dell’autovettura Smart,intestati al A.A.

nulla rilevava che il A.A. non risultasse formalmente destinatario di somme del
Consorzio.
Il Tribunale evidenziava l’infondatezza della tesi difensiva rilevando che il sequestro
finalizzato alla confisca per equivalente risultava disposto con riferimento ai reati per
i quali il A.A. è stato condannato,ossia per l’associazione per delinquere e la
bancarotta fraudolenta-

relazione all’art.2638CC.-al pari del riferimento ai beni di non giustificata
provenienza.
In conclusione il Collegio richiamava il dettato giurisprudenziale-Cass.Sez.III,n.6894
del 2011,rilevando che legittimamente risultava imposta la misura cautelare reale.
Riteneva altresì legittimo il sequestro del profitto del reato di bancarotta ,confluito in
misura di €34.000 in favore della PDC Consulting s.r.l.della quale il A.A. risultava
essere socio.
Evidenziava infine che doveva ritenersi legittima l’attività di indagine svolta dal PM
nel rispetto dei limiti dell’art.12 1.n.146/2006,a1 fine di chiedere al giudice la confisca
per equivalente(citando sul punto Cass.Sez.I n.1525 del 2012)-

Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore,deducendo:
violazione di legge inerente agli artt.11 1.n.146/2006 e 322 ter CP e art.640 CP.
A riguardo evidenziava che secondo il dettato giurisprudenziale(Cass.Sez.VI,n.4297
del 10.1.2013-il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente(ex
art.322 ter CP) presuppone che l’imputato abbia già conseguito il profitto derivante
dal reato.
Sul punto la difesa rilevava che il A.A. non era destinatario del profitto derivato
dalle attività illecite ,essendo stato accertato che le somme provento di illecito
venivano distratte trasferendole all’estero,su conti delle società che facevano capo al
coimputato Cozzi.

2

Si riteneva dunque inconferente il riferimento agli illeciti di cui all’ art.264 l CC.in

2-con ulteriore motivo deduceva la violazione degli

1111.n.146/2006 e art.322 ter

CP,per omessa motivazione.
A riguardo censurava il provvedimento rilevando che il Tribunale non aveva
motivato in relazione alla proporzionalità tra il valore dei beni sottoposti al sequestro
e l’entità del profitto derivato al A.A.,essendo costui coimputato di altri nelle
fattispecie contestate.

3-violazione dell’art.322 ter e 240 CP.in relazione all’art.27 Cost.per aver violato il
principio della responsabilità personale nella applicazione della sanzione penale
evidenziando la natura sanzionatoria attribuita alla confisca per equivalente.
Pertanto chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato.

RILEVA IN DIRITTO

Il ricorso risulta privo di fondamento.
In primo luogo deve evidenziarsi che il provvedimento impugnato ha riguardo ad un
appello proposto innanzi al Tribunale del riesame avverso l’ordinanza emessa dal
GUP che aveva rigettato istanza di revoca del sequestro (delle somme a saldo dei
conti correnti accesi dal predetto ricorrente,oltre l’autovettura Smart.)Ciò posto deve rilevarsi che non si ravvisa nella specie la dedotta violazione di
legge,in riferimento alle disposizioni richiamate con il primo motivo di ricorso,ove si
cita l’art.322 ter CP.,atteso che il Tribunale ha adeguatamente illustrato i presupposti
sui quali risultava applicato il sequestro nel caso di specie,essendo la misura riferibile
al ruolo di un socio occulto di impresa ,a1 quale veniva attribuita la condotta tipica
della bancarotta fraudolenta,reato per il quale risulta intervenuta condanna in primo
grado.
Peraltro deve rilevarsi che secondo i principi giurisprudenziali il sequestro preventivo
finalizzato alla confisca per equivalente,può avere ad oggetto qualsiasi vantaggio
patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione dell’illecito(Cass.Sez.V,del
3

Menzionava sul punto giurisprudenza (Sez.VI,n.4179 del 27.11.2012.)

17.1.2012,n.1843,Mazzieri-RV251525-)e

nella specie emerge dal testo

dell’ordinanza che il sequestro riguardava le ipotesi di reato ascritte all’imputato
(associazione per delinquere ,con ruolo preminente del A.A.,nella qualità di
procacciatore di clientela per la COFIART,impresa nella quale risultava aver
realizzato condotta tipica della bancarotta fraudolenta) .
Pertanto non si rivelano dotate di fondamento le censure inerenti alla assenza dei

all’art.11 della legge n.146 del 2006-stante il carattere transnazionale della
associazione per delinquere.
Nella specie,peraltro,secondo quanto è dato desumere dal testo del provvedimento
impugnato,i1 Giudice chiamato a pronunziarsi sull’appello ,ha evidenziato
l’infondatezza della tesi difensiva,con la quale si sosteneva che le somme esistenti sui
conti correnti non erano di illecita provenienza,rilevando che la misura cautelare ben
poteva trovare applicazione su altre attività,conformemente al dettato
giurisprudenziale opportunamente ivi richiamato(Cass-Sez.III,n.6894 del 2011,per
cui il sequestro,funzionale alla confisca per equivalente(art.11,1egge
16/3/2006,n.146),ove riguardi un bene in comproprietà tra l’indagato ed un terzo
estraneo,può essere disposto per l’intero quando sia comunque nella disponibilità del
reo o si tratti di bene indivisibile o ne sussistano comprovate esigenze di
conservazione,mentre negli altri casi,dev’essere contenuto entro la quota di proprietà
dell’indagato sulla quale la successiva confisca è destinata ad operare)Pertanto,tenuto conto che nella specie risultava legittimamente svolta dal PM
l’attività indirizzata alla confisca per equivalente,deve rilevarsi l’infondatezza delle
censure riguardanti la violazione della disposizione citata e della legge
n.146/06,essendo la decisione conforme ai principi sanciti da questa Corte
puntualmente richiamati(Sez.I n.15251/12,per cui —In tema di reati transnazionali,i
limiti posti dall’art.12 della 1.n.146 del 2006 allo svolgimento degli accertamenti da
parte del PM.si riferiscono esclusivamente all’attività integrativa di indagine(ex
art.430 cpp.)funzionale alla formulazione delle richieste al giudice del dibattimento.
4

presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale,anche in riferimento

In conclusione deve rilevarsi pertanto che il ricorso deve ritenersi privo di
fondamento,e dunque ne va pronunziato il rigetto,e il ricorrente deve essere
condannato,come per legge,a1 pagamento delle spese processuali.

PQM

Roma,deciso in data 19.1 1.13

Consigliere relatore

IL P

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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