Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9101 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9101 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Labonia Simone, nato a Napoli 1’1.4.1973, avverso l’ordinanza
pronunciata dal tribunale del riesame di Salerno il 15.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per il ricorrente, il difensore di fiducia, avv. Gaetano Pastore, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con ordinanza pronunciata il 15.10.2012 il tribunale del riesame di
Salerno, in parziale riforma

del decreto di sequestro preventivo

Data Udienza: 13/11/2013

finalizzato alla confisca emesso dal giudice per le indagini preliminari
presso il medesimo tribunale nei confronti di Labonia Simone, in
relazione al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per
distrazione e dissipazione, ipotizzato con riferimento al fallimento della
società “Antonio Amato e C. Molini e Pastifici in Salerno s.p.a.”, decreto

di un conto corrente bancario, titoli, depositi valori, prodotti assicurativi
e fondi di investimento, confermava il provvedimento cautelare reale
solo con riferimento alla somma di denaro, restituendo gli altri beni al
suddetto Labonia.
2. Avverso tale ordinanza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso per cassazione il Labonia, a mezzo dei suoi difensori di fiducia,
lamentando violazione di legge e vizio di motivazione dell’impugnata
ordinanza per avere il tribunale del riesame ritenuto non necessaria la
dimostrazione della sussistenza del vincolo pertinenziale tra il denaro in
sequestro ed il reato per cui si procede, da cui, invece, non si può mai
prescindere, omettendo di considerare, inoltre, che su nessuno dei conti
correnti bancari in sequestro sono transitate somme provenienti dalla
società fallita, che, invece, sono transitate in passato su tre diversi conti
correnti, non oggetto di sequestro, perché presentano un saldo passivo.
3. Con motivi nuovi pervenuti in cancelleria il 28.10.2013 il ricorrente
precisava gli elementi identificativi del conto corrente bancario di cui si
chiede la restituzione.
4. Il ricorso non può essere accolto.
5. Non appare revocabile in dubbio che il tribunale del riesame sia
caduto in errore nell’affermare che in caso di sequestro preventivo e di
relativa confisca aventi ad oggetto somme di denaro, non sia necessario
accertare la sussistenza di un vincolo pertinenziale tra il denaro ed il
reato per cui si procede, stante la riconosciuta fungibilità del denaro.
Tuttavia tale errore di diritto appare irrilevante ai fini della decisione
assunta, che appare corretta nonostante sia fondata su di un
presupposto erroneo ed, in quanto tale, non consente di accedere alla

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avente ad oggetto la somma di denaro di 173.981,00 euro, giacente su

richiesta di annullamento dell’impugnata ordinanza formulata dal
ricorrente.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
condiviso dal collegio, infatti, il sequestro preventivo di una somma di
denaro rinvenuta sul conto corrente dell’imputato è ammissibile solo

sez. II, 19.5.2011, n. 34318; Cass., sez. un., 24.5.2004, n. 29951), che,
nel caso in esame, è indiscutibilmente rappresentato dalla provenienza
delle somme di denaro di cui l’imputato si è impadronito, in danno della
società fallita e dei creditori di quest’ultima, dalla condotta distrattiva e
dissipativa posta in essere dal Labonia in concorso con altri, circostanza,
desumibile dalla lettura dei capi d’imputazione e della stessa ordinanza
impugnata, che, peraltro, il ricorrente non contesta.
La conferma dell’impugnato decreto di sequestro preventivo
limitatamente alla somma di denaro rinvenuta sul conto corrente
intestato al Labonia risulta pertanto conforme ai principi affermati in
subiecta materia dalla Suprema Corte, dai quali questo Collegio non
ritiene di discostarsi, secondo cui in tema

la—taima di bancarotta

fraudolenta, è legittimo il sequestro preventivo e, quindi, la successiva
confisca, delle giacenze di conto corrente acceso dall’indagato presso
una banca quando si accerti che siffatta ricchezza costituisca il provento
di distrazioni fraudolente commesse in pregiudizio di società fallite; né, a
tal fine, rileva la confusione con il personale patrimonio qualora il cespite
sequestrato rappresenti il prodotto o il profitto del reato della distrazione
fraudolenta in pregiudizio della fallita società, quale risultato della
condotta criminosa, con la conseguenza che esso mantiene una sua
intrinseca pericolosità che non si esaurisce nella confusione patrimoniale
(cfr. Cass., sez. V, 30/09/2010, n. 42235, M., 248888; Cass., sez. V,
24/01/2005, n. 8468, L.).
Ed invero una volta accertata l’esistenza del rapporto pertinenziale con
un’attività illecita, non rileva il fatto che non può esservi certezza che la
somma oggetto del provvedimento ablatorio rappresenti effettivamente

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quando risulti individuato il vincolo pertinenziale con il reato (cfr. Cass.,

il profitto derivante da attività illecite, dal momento che il denaro è un
bene fungibile (cfr. Cass., sez. V, 16/10/2012, n. 45024, B.G.).
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso del Labonia va,
dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616,
c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 13.11.2013.

P.Q.M.

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