Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9096 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9096 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRERI MASSIMO N. IL 03/08/1962
avverso la sentenza n. 5346/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, per parte civile, l’Avv

Data Udienza: 04/12/2013

udito il PG in persona del sost. proc. gen. dott. G. Izzo, che ha concluso chiedendo rigettarsi il
ricorso,
udito il difensore avv. R. D’Amico, che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Milano ha confermato la
pronuncia di primo grado con la quale Freri Massimo fu condannato alla pena di giustizia
perché ritenuto colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, con riferimento
ad un assegno di C 10.000, ad un’autovettura Opel Vectra, ad un miniescavatore cingolato ed
a un autoveicolo Iveco Daily Euro 2. L’imputato era amministratore unico della Prima Edilizia
Sri, dichiarata fallita con sentenza 11 aprile 2002.
2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce carenza e insufficienza della
motivazione, atteso che i giudici del merito -e in particolare la corte d’appello- non hanno
tenuto alcun conto della impossibilità del ricorrente di mettere a disposizione del curatore gli
autoveicoli ed il miniescavatore, atteso che egli non ne aveva più la disponibilità. Al proposito
la corte territoriale risponde con una formula di stile, sostenendo che l’amministratore è
responsabile -anche dopo il fallimento- dei beni della società fallita. Ciò non si ricava da alcuna
norma di legge. Peraltro, in punto di fatto, la tesi fatta proprio dai giudici di secondo grado è
smentita dal curatore, il quale ebbe a chiarire che tanto il Freri, quanto l’altro socio, Viglialoro,
si adoperarono per consentire il recupero dei predetti beni.
2.1. Quanto alla somma di C 10.000, portata da un assegno che fu consegnato al
ricorrente quale caparra per la vendita di un immobile, i giudici del merito, pur investiti della
questione, nulla dicono circa l’elemento soggettivo del reato contestato. È certamente vero che
Freri ricevette l’assegno e che lo dette al Viglialoro, ma non è rimasto provato che egli fosse al
corrente del fatto che quest’ultimo se ne sarebbe impossessato. La distrazione è avvenuta nel
momento in cui Viglialoro ha incassato sul suo conto corrente personale l’assegno. Ma non si
chiarisce in sentenza per qual motivo il fatto che un amministratore abbia consegnato un
assegno a un altro amministratore deve ritenersi una condotta consapevolmente diretta alla
distrazione della somma portata dal titolo.
3. Il 15.11.2013 è stata depositata memoria nell’interesse del Freri. Con essa si torna
sull’accusa di distrazione dell’importo di cui al predetto assegno e si sottolinea come non sia
stato provato che detto importo (costituente caparra confirmatoria per una vendita effettuata)
sia stato destinato al conseguimento di una finalità estranea alle finalità dell’impresa. Non vi è
stata, in realtà, alcuna diminuzione della capacità patrimoniale della Srl, in quanto attraverso
l’utilizzo della somma predetta, è stata perseguita una finalità aziendale (suo utilizzo nel
cantiere per la costruzione di un immobile in Varallo Pompia. Secondo la giurisprudenza di
legittimità, la stipulazione di un contratto preliminare di vendita immobiliare può integrare gli
estremi della distrazione solo quando il predetto vincolo giuridico sia non inerente alle finalità
di impresa.
3.1. Si sottolinea, poi, la carenza dell’elemento psicologico relativamente al possesso
dei beni in leasing, in merito ai quali il Freri non aveva disponibilità. In merito, i giudici di
primo e secondo grado non hanno tenuto alcun conto delle giustificazioni fornite dall’imputato.

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le censure sono, in parte, infondate, in parte, inammissibili per genericità (anche sub
specie di contraddittorietà). Il ricorso va dunque rigettato e il ricorrente va condannato alle
spese del grado.
2. Va innanzitutto premesso che, una volta accertato che l’imprenditore ha avuto nella
sua disponibilità determinati beni, nel caso in cui egli non renda conto del loro mancato
reperimento, né sappia giustificarne la destinazione per effettive necessità dell’impresa, si deve
dedurre che gli stessi siano stati dolosamente distratti; ciò in quanto il fallito ha l’obbligo

b

PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma in data 4.XII. 2013.-

giuridico di fornire dimostrazione della destinazione dei beni acquisiti al suo patrimonio (e,
evidentemente, del loro controvalore: cfr. ASN 199907569-RV 213636 + ASN 200907048-RV
243295 e altre).
2.1. Dunque, l’amministratore è comunque responsabile della destinazione dei beni
sociali sia prima che, a maggior ragione, dopo il fallimento, a meno che non provi che, per
forza maggiore o caso fortuito, egli ne abbia perso la disponibilità.
2.2. Nel caso in esame, è lo stesso ricorrente, che, riportando brani della deposizione
del curatore, contribuisce a delineare la precisa responsabilità dell’imputato. Infatti, per quel
che riguarda il mini escavatore e l’autoveicolo Iveco, si legge nel ricorso che Viglialoro non li
restituì ma si limitò ad affermare che, se li avesse avuti, li avrebbe messi a disposizione. Per
quel che riguarda l’autovettura Opel Vectra, dal medesimo brano riportato nel ricorso, si
desume che Freri la consegnò ad un certo personaggio catanese che quindi si rese irreperibile.
È dunque lo stesso ricorrente che pone in evidenza come gli amministratori abbiano operato
per la distrazione o, quantomeno, l’occultamento dei predetti beni strumentali.
2.3. Si sostiene in sentenza che tanto Freri quanto Viglialoro amministravano la società,
su di un piano di assoluta parità, anche se con una qualche specializzazione, essendo il primo
competente, più che altro, in materia di contabilità e amministrazione, e il secondo sulle
questioni tecniche. Si afferma in sentenza -e sul punto non vi è valida smentita da parte del
ricorrente- che i due amministratori agivano con consapevole cognizione l’uno circa la condotta
dell’altro.
2.4. Sulla base di tale, non contestato, assunto, la corte di appello ha ritenuto che il
Freri non potesse ignorare che l’assegno consegnato al Viglialoro non sarebbe stato impiegato
per fini sociali, come d’altra parte era già avvenuto per un altro assegno per euro 30.000 (capo
B contestato al solo Viglialoro), parimenti sottratto alle legittime pretese dei creditori.
Nella memoria si 9T- sostiene poi, contraddicendo quanto illustrato nel ricorso, che l’importo
dell’assegno non sarebbe stato incassato dal Viglialoro, ma utilizzato in attività aziendali. Si
tratta di una nuova (e tardiva) versione dell’accaduto che prospetta una diversa situazione di
fatto, della quale si pretende di investire questo giudice di legittimità, notoriamente non tenuto
(né autorizzato) a condurre accertamenti di tal fatta.

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