Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9095 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9095 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELI VINCENZO N. IL 13/09/1956
LUNETTA RENATA GIUSEPPA GIULIA N. IL 02/04/1962
avverso la sentenza n. 923/2008 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 25/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 04/12/2013

udito il PG in persona del sost. proc. gen. dott. G. Izzo, che ha concluso chiedendo rigettarsi il
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, il Meli attraverso il difensore, la
Lunetta personalmente.
3. Ricorso Meli- si deducono due censure.
3.1. Con la prima, si lamenta la mancata assunzione di prova decisiva, consistente
nell’esame della Lunetta, titolare -a sua volta- di ditta individuale, a favore della quale erano
state effettuate alcune vendite sottocosto da parte del Meli. Va però sottolineato che non solo
nei confronti della Lunetta il Meli operò in tal modo. L’imputato ha avuto modo di chiarire che
la ragione della sua condotta era da ricercarsi nel fatto che doveva coprire assegni dati in
pagamento ai suoi fornitori e che la copertura doveva avvenire tempestivamente per evitare il
protesto. Solo per tale ragione egli si decise a vendere sottocosto la merce nella sua
disponibilità. È evidente dunque che tal tipo di operazioni era assistito, non dalla volontà di
frodare i creditori, ma anzi da quella di soddisfare le loro pretese. È dunque chiaro che non
sussiste l’elemento psicologico del delitto di bancarotta patrimoniale.
L’esame della Lunetta avrebbe consentito di accertare che la vendita a favore della sua ditta
individuale non aveva alcun carattere fittizio; la stessa inoltre avrebbe potuto testimoniare che
anche nei confronti di altri era stata effettuata detta vendita sottocosto. Secondo la corte
d’appello, poiché la vendita sottocosto alla Lunetta era provata documentalmente, non vi era
ragione di ascoltare la predetta; l’assunto non può essere condiviso perché è fuor di dubbio che
Lunetta, con le sue dichiarazioni, avrebbe meglio chiarito, in mancanza di altre prove, la
posizione economica e debitoria in cui versava il Meli, illuminando i giudicati -in particolaresulla natura dell’elemento psicologico che aveva connotato tali operazioni.
3.2. Con la seconda censura, si deduce carenza dell’apparato motivazionale, in quanto
la corte, per affermare la sussistenza dei delitti addebitati al ricorrente, si è limitata a riportare
mere clausole di stile, riproducendo intere massime della corte di cassazione. Vero è che Meli
ha effettuato vendite a prezzi non redditizi, ma è altrettanto vero che è quantomeno dubbio
che la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione possa essere realizzata
attraverso la vendita sottocosto. La distrazione consiste nella estromissione di beni del
patrimonio dell’imprenditore: sostanzialmente nella sottrazione di tali beni alle pretese dei
creditori; ma se, come gli stessi giudici di merito sembrano ammettere, l’operazione di vendita
sottocosto fu finalizzata a soddisfare proprio i creditori, non si vede come, tanto dal punto di
vista oggettivo, quanto da quello soggettivo, la condotta del Meli possa essere inquadrata in
tale fattispecie di reato. Va anche aggiunto che, quando Meli procedette alle vendite
sottocosto, non era ragionevolmente prevedibile che sarebbe stata assunta l’iniziativa (non da
lui) di attivare la procedura fallimentare.
Sotto altro aspetto, si deve escludere che i creditori non abbiano subito danni, poiché i
creditori erano esattamente quei fornitori nei confronti dei quali il Meli riuscì a coprire gli
assegni. È poi assente, comunque, il dolo del delitto contestato, dolo che, pur essendo
generico, deve comunque sostanziarsi nella volontà di rendere indisponibili i beni proprio per i
creditori. E che tale volontà avesse il Meli non è stato minimamente dimostrato dalle sentenze
dei giudici di merito.
Tutto ciò premesso, al più, la condotta del Meli avrebbe dovuto essere inquadrata nella
bancarotta semplice, mancando, appunto, l’elemento psicologico per affermare la sua

1. Il 12 maggio 2004 fu dichiarato il fallimento della sas L’ORCHIDEA di Meli Vincenzo.
Il 7 maggio 2008 il tribunale di Caltanissetta dichiarò il predetto Meli colpevole di bancarotta
fraudolenta per distrazione e documentale e la moglie Lunetta Renata Giuseppa Giulia
colpevole della sola bancarotta per distrazione. Meli era socio accomandante, Lunetta era
amministratrice della sas.
1.1. Il meccanismo distrattivo è stato individuato nella vendita sotto costo -continuativa
e sistematica- delle merci acquistate e delle merci (già) in magazzino.
1.2. La corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza di cui in epigrafe, ha
confermato la pronuncia di primo grado.

i

4. Ricorso Lunetta – si deducono due censure.
4.1. Con la prima, si lamenta il difetto della motivazione ea sua illogicità, anche in
relazione all’articolo 192 cpp; con la seconda, si lamentava omessa motivazione per il diniego
della esclusione dell’aggravante e per l’applicazione della pena inferiore.
La Lunetta sostiene che la corte siciliana non ha adeguatamente preso in considerazione la
possibilità di pervenire a una pronuncia assolutoria, in quanto la motivazione non ha dato
prova che sia stato esaminato con attenzione ogni motivo proposto con l’atto d’appello. E’poi
certamente illogica la sentenza quando ritiene la responsabilità della ricorrente, pur in assenza
di ogni verifica probatoria sull’esistenza dei pretesi interscambi commerciali tra la sua impresa
personale e quella del Meli.
4.2. La ricorrente inoltre si duole del fatto che nessuna motivazione sia stata esibita per
quel che riguarda le censure relative al trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Lunetta Renata Giuseppa Giulia è, come premesso, imputata nel presente
procedimento. La stessa è rimasta contumace in primo e secondo grado, manifestando, in tal
modo, una scelta di strategia difensiva inequivocabile. L’esame della stessa, dunque, non può
essere considerato alla stregua di un esame testimoniale e la relativa richiesta deve tener
conto delle prerogative e delle possibilità che l’ordinamento accorda all’imputato.
Tutto ciò premesso in linea teorica, va rilevato come, singolarmente, la difesa del Meli abbia
avvertito la necessità del contributo di verità che la Lunetta avrebbe potuto versare in atti solo
in sede di appello. Correttamente il giudice di secondo grado ha ritenuto che tale contributo
fosse ben “estraibile” dalle carte processuali, atteso che risultava per tabulas il fatto che le
vendite dalla sas alla società personale della Lunetta erano avvenute sottocosto. La
circostanza, d’altra parte, è ben evidenziata nel capo d’imputazione, nel quale si assume la
natura simulatoria, per altro, di tale operazione e si sottolinea che la Lunetta, titolare di un
esercizio di vendita al dettaglio, avrebbe poi ceduto la merce ricevuta dal Meli all’acquirente
all’ingrosso. Questo dunque è il meccanismo distrattivo ipotizzato all’accusa e fatto proprio dai
giudici di entrambi i gradi di merito.
1.1. Sulla base della nota presunzione della completezza dell’istruzione dibattimentale
compiuta in primo grado, in mancanza di specifiche indicazioni circa il contributo che la Lunetta
avrebbe dovuto fornire, in considerazione del fatto che la stessa era -a sua volta- imputata nel
medesimo procedimento e che aveva manifestato, inequivocabilmente come si è detto, la
volontà di non partecipare al dibattimento, la corte d’appello ha, fondatamente, rigettato la
richiesta.
La prima censura del ricorso Meli pertanto è infondata.
2. Infondata è anche la seconda censura ; atteso che la condotta di bancarotta
fraudolenta ben può assumere la forma di vendita sotto costo delle merci nella disponibilità
dell’imprenditore (ASN 198705092-RV 175786)
E’ evidente che in tal caso il meccanismo di distrazione consiste nell’incassare un prezzo
minore del valore del bene ed è proprio la differenza tra il valore del bene e il prezzo di vendita
ciò che costituisce l’oggetto della distrazione. Sta di fatto peraltro che, come contestato nel
capo d’imputazione (e come non smentito dal ricorrente), le operazioni, oltretutto, quanto
meno quelle poste in essere con l’accordo della moglie (Lunetta), avevano carattere simulato e

responsabilità in ordine alla bancarotta fraudolenta. Certamente l’intenzione dell’imputato non
era quella di dissipare beni della società, ma quella di pagare i debiti già scaduti.
3.3. Quanto alla bancarotta documentale, si rileva che la corte territoriale non ha proceduto a
motivare specificamente con riferimento alle censure proposte con l’atto d’appello. Tali censure
attenevano principalmente all’aspetto soggettivo, essendosi rappresentato che il disordine
contabile-amministrativo era frutto, non di una specifica volontà di non rendere intelligibile la
contabilità, ma di una gestione confusionaria. Ciò è rimasto provato anche dalle stesse parole
che il Meli ha pronunciato durante il dibattimento, avendo egli candidamente ammesso di non
saper spiegare perché nell’inventario le merci non venivano specificamente indicate e
catalogate. Donde i giudicati abbiamo tratto la certezza dell’atteggiamento fraudolento del
ricorrente, in tutta la sentenza, non è dato comprendere.

3. Quanto alla bancarotta documentale, la condotta che la integra va ovviamente
considerata, così come ha fatto la corte d’appello, unitariamente alla condotta distrattiva, in
quanto essa è evidentemente strumentale rispetto a tale seconda condotta. Il fatto che il Meli
si sia dichiarato incapace di tenere una ordinata contabilità o, quanto meno, di redigere
un’accettabile inventario delle merci da quale dedurre la consistenza del magazzino, non può
certamente, di per sé solo, essere assunto come prova della sua buona fede e come riscontro
al fatto che la confusione contabilekamministrativa fosse conseguenza semplicemente di
incapacità, inerzia o scarsa diligenza. Proprio il finalismo, che traspare dalla complessiva
valutazione della condotta dell’imputato, illumina -viceversa- circa la natura dell’elemento
psicologico che ha sotteso la condotta omissiva in tema di tenuta dei libri e scritture contabili.
Anche la seconda censura dunque è infondata e, conseguentemente, il ricorso del Meli va
rigettato e lo stesso va condannato alle spese del grado.
4. Il ricorso della Lunetta è inammissibile per assoluta genericità. In effetti la stessa si
limita a formulare le sue doglianze senza chiarire su quali basi esse fondino e senza indicare
dettagliatamente i punti della sentenza che intende aggredire. Affermare che la corte d’appello
non ha preso in considerazione la possibilità di pervenire a una pronuncia assolutoria, infatti,
altro non significa che rammaricarsi per l’esito del procedimento. Affermare che non si sono
esaminate le problematiche sollevate nei motivi d’appello (senza specificare quali), altro non
significa, ancora una volta, che dolersi della decisione assunta dai giudici.
4.1. Quanto al trattamento sanzionatorio, la generica accusa rivolta alla corte di merito
di non adeguata motivazione non tiene conto che proprio la corte aveva, a sua volta,
qualificato come generiche le censure sul trattamento sanzionatorio. Sarebbe dunque stato
opportuno, almeno in questa sede, dare concretezza e specificità alle predette censure.
La Lunetta va dunque condannata al pagamento delle spese del grado e al versamento di
somma a favore della cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in € 1000.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso di Lunetta Renata Giuseppa Giulia; rigetta il ricorso di Meli
Vincenzo e condanna entrambi i ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese del
procedimento e la Lunetta anche al versamento della somma di € 1000 a favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma in data 4.
. 2013.-

dunque nessuno scambio tra merce e danaro (seppure per un controvalore inferiore), secondo
contestazione, fu effettuato. Si trattò semplicemente di liberarsi di merci, incamerando il
relativo controvalore, utilizzando come passaggio intermedio la ditta individuale della Lunetta.
2.1. Quanto all’elemento psicologico, va considerato che, come emerge dalla sentenza,
innanzitutto, lo stato di dissesto della sas aveva avuto inizio nel 2002 (pag. 1 della sentenza di
appello); ne consegue che, contrariamente a quello che si afferma nel ricorso, non era
imprevedibile che, perdurando tale stato per oltre cinque anni, la società si avviasse verso il
fallimento. In secondo luogo, non si può dimenticare la natura sistematica e continuativa della
vendita sottocosto, di talché, una volta vendute le prime merci, appunto, sottocosto, il Meli
evidentemente ne acquistava altre (ovviamente a prezzo pieno) e quindi le rivendeva
sottocosto. Se dunque, episodicamente, si può ammettere che un’operazione del genere possa
servire per tamponare le più impellenti pretese creditorie, non si comprende come un
imprenditore possa scientemente programmare una serie di operazioni in perdita al fine di
soddisfare futuri creditori, accumulando in tal modo progressivamente -ma inesorabilmentedebiti nella sua società.
2.2. È evidente dunque che il disegno criminoso del Meli è stato dedotto -dai giudici del
merito- dalle stesse modalità della sua azione, come d’altra parte è ovvio, non potendosi
scandagliare l’animus di un soggetto e dovendo, evidentemente, fare ricorso agli indici
sintomatici, desumibili dalla sua condotta.

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