Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9088 del 22/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9088 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: IPPOLITO FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sali Mame Yaeine, nata a Linguer (Senegal) il 30/06/1970

contro l’ordinanza del Tribunale della libertà di Milano del l° giugno 2012;
– letto il ricorso e il provvedimento impugnato;
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;

– udita la requisitoria del Procuratore generale, in persona del sostituto S. Spinaci,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Ritenuto in fatto
1. Il difensore di Sali Mame Yacine ricorre per cassazione avverso
l’ordinanza sopra indicata, con cui il Tribunale di Milano ha rigettato l’appello
proposto contro il provvedimento del giudice dell’udienza preliminare del
tribunale di Busto Arsizio che, in data 27 aprile 2012, aveva respinto
l’istanza di declaratoria di cessazione per decorrenza dei termini di custodia
cautelare nei confronti della sua assistita, ristretta in custodia cautelare dal
23 marzo 2011 per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 314, comma primo, e 61
n. 5 cod. pen..
2. Risulta dall’ordinanza impugnata che, a seguito di emissione del

Data Udienza: 22/11/2012

3. Ha rilevato il Tribunale che il termine di fase per le indagini
preliminari non risultava ancora consumato alla data del 5 maggio 2011,
quando intervenne il decreto di giudizio immediato; che l’ordinanza di
ammissione al rito abbreviato era stata emessa il 24 novembre 2011, ossia
entro il termine di fase di un anno (art. 303 lett. b. n. 2 c.p.p.) e che la
sentenza di condanna era intervenuta nel rispetto del termine di sei mesi
previsto dall’art. 303 lett. b-bis c.p.p..
4. Il ricorrente deduce violazione dell’art. 303, comma 1 lett. a)
c.p.p., rilevando il superamento dei termini di fase delle indagini preliminari,
per essere intervenuta l’ordinanza ammissiva del rito abbreviato soltanto
all’udienza del 24 novembre 2011, ossia dopo sei mesi dall’esecuzione della
misura cautelare (23 marzo 2011).
Considerato in diritto

1. Il ricorrente lamenta che il Tribunale, “pur avendo correttamente
inteso i termini fattuali e le scadenze procedimentali sottoposti alla sua
attenzione”, non abbia correttamente valutato il problema giuridico sollevato
con l’atto di appello, relativo non alla “decorrenza del termine di seconda
fase”, ossia quella del giudizio, bensì alla decorrenza “del termine di prima
fase che, non essendo intervenuta l’ordinanza ammissiva del rito abbreviato
entro i sei mesi dall’inizio dell’esecuzione della misura, era interamente
spirato”.
2. A sostegno di tale conclusione s’invoca il principio di diritto
affermato dalla sentenza delle sezioni unite, secondo cui i termini di durata
massima della custodia cautelare per la fase del giudizio abbreviato, anche
nella ipotesi di rito non subordinato ad integrazione probatoria e disposto a
seguito di richiesta di giudizio immediato, decorrono dall’ordinanza con cui si
dispone il giudizio abbreviato e non dall’emissione del decreto di fissazione
dell’udienza di cui all’art. 458, comma secondo, cod. proc. pen. (Cass. Sez.
U, n. 30200/2011, Rv. 250348, P.M. in proc. Ohonba).
Il ricorrente assume che quella stessa ordinanza (con cui si dispone il
giudizio abbreviato) segna la chiusura della fase delle indagini preliminari.
3. Se così fosse, nel caso in esame sarebbe stata superata il termine
di custodia cautelare per la fase delle indagini preliminari. Ma così non è,

2

decreto di giudizio immediato in data 5 maggio 2011, l’imputata aveva
richiesto la definizione del giudizio con rito abbreviato; in data 17 giugno
2011, con decreto ex art. 458.2 c.p.p., il giudice fissò l’udienza per il 24
novembre 2011, nella quale venne ammesso il rito abbreviato; il processo si
concluse il 1° marzo 2012, con condanna alla pena di due anni e due mesi di
reclusione.

come risulta espressamente e chiaramente dalla motivazione della predetta
sentenza, il cui principio di diritto, riprodotto nella massima ufficiale sopra
riportata, risponde allo specifico quesito posto dall’ordinanza di rimessione
al massimo organo di nomofilachia, chiamato a stabilire la decorrenza del
termine (a quo) di fase per il giudizio abbreviato, ossia “se i termini di
durata massima della custodia cautelare per la fase del giudizio abbreviato,
non subordinato ad integrazione probatoria e disposto a seguito della
richiesta di giudizio immediato, decorrano dall’emissione del decreto di
fissazione dell’udienza in esito alla menzionata richiesta o dal provvedimento
con cui, in detta udienza, si disponga di procedere nelle forme del giudizio
abbreviato”.
La questione posta dal ricorso oggi in decisione riguarda, invece, il
termine (ad quem) relativo alle indagini preliminari e trova soluzione non già
nel principio di diritto sopra enunciato, bensì in un passaggio della
motivazione della predetta sentenza.
4. Affermano le Sezioni Unite che “quando vi è un decreto che
dispone il giudizio, ordinario o immediato che sia, si apre la fase del giudizio
e, quindi, il decreto costituisce termine ad quem per la fase delle indagini
preliminari e termine a quo per la fase del giudizio”.
Anche nell’ipotesi di rito abbreviato che si innesti dopo che sia stato
adottato un decreto che dispone il giudizio, come nel caso di specie, non vi è
dubbio che detto decreto chiude, comunque, la fase delle indagini
preliminari e apre la fase nuova, quella del giudizio (anche se di questo è
ancora incerta, in detto momento, la natura dibattimentale o di rito speciale
abbreviato).
Si evidenzia nella predetta sentenza, con riferimento al termine di
fase per il giudizio, che “se successivamente al decreto che dispone il
giudizio venga emessa ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, i
termini di custodia relativi alla fase del giudizio si commisurano a quelli
propri di questo rito; si tratta di termini … più brevi di quelli previsti per il
giudizio dibattimentale, con la precisazione che, essendo in precedenza
decorsi quelli della normale fase •;ii giudizio seg_uito del decreto che lo
dispone), da tale momento non può decorrere un tempo maggiore rispetto a
quello che la legge assegna a tale fase”
Come risulta chiaro, le Sezioni unite non hanno affermato che
l’ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, innestato su quello
immediato, segna la conclusione della fase delle indagini preliminari, ma al
contrario hanno ribadito che questa fase è, in ogni caso, conclusa con
l’emanazione del decreto che dispone il giudizio, e che dallo stesso decreto
decorre la fase del giudizio, dibattimentale o abbreviato a seconda che
quest’ultimo sia o no ammesso con successiva ordinanza.
La presenza o meno dell’ordinanza ammissiva del rito abbreviato
costituisce il discrimine per applicare i tempi più lungi o più brevi previsti

3

dall’art. 303 c.p.p. per la durata di fase (giudizio di primo grado) della
custodia cautelare.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94.1-ter disp. att.
cod. proc. pen.
Roma, 22 novembre 2012

5. Tanto premesso, non v’è dubbio che, nel caso oggi in esame,
quando intervenne il decreto che disponeva il giudizio, il termine di fase per
le indagini preliminare non era ancora consumato, per cui legittima e
corretta è stata la conclusione adottata dal provvedimento impugnato dal
difensore di Sali Mame Yacine.

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