Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9087 del 20/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9087 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZERBINO GEMMA N. IL 06/06/1946
avverso la sentenza n. 723/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. g
che ha concluso per
57 -à k

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/11/2013

FATTO E DIRITTO

Propone personalmente ricorso per cassazione, Zerbino Gemma, avverso la sentenza della Corte di appello
di Genova, in data 21 novembre 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, emessa
all’esito di giudizio abbreviato, di condanna in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e
documentale, contestato con riferimento al fallimento della società Grima Transports spa , dichiarata fallita
il 9 novembre 2009.
All’imputata sono state concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva e
sulla aggravante di cui all’articolo 219 comma 2 legge fallimentare.
sostenendosi che le distrazioni erano avvenute soltanto per compensare l’opera di amministratore svolta
dall’imputata.
Deduce
la erronea applicazione degli articoli 216 e 223 legge fallimentare.
Sostiene che i prelievi contestati come atti di distrazione, avvennero da sette a quattro anni prima del
fallimento , soltanto a titolo di emolumento degli amministratori, e quindi con modalità tali, data la
lontananza dalla dichiarazione di fallimento, da non poter essere concepiti con la volontà di recare un
pregiudizio ai creditori.
Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, tale inammissibilità deriva dal fatto che la ricorrente formula il motivo di ricorso sulla base
di una circostanza di fatto -la destinazione dei prelievi, a carico delle casse sociali, per realizzare un
aumento del compenso degli amministratori- rappresentata come alternativa ricostruzione del fatto
rispetto a quella già accreditata motivatamente nella sentenza impugnata.
Infatti, la Corte territoriale era stata investita proprio della questione relativa alla possibilità di giustificare i
prelievi di cui all’imputazione con riferimento alla necessità di ricompensare l’opera degli amministratori: e
proprio tale eventualità essa aveva escluso in punto di fatto, ponendo in evidenza come gli amministratori
già percepissero i previsti compensi, mentre i prelievi effettuati per un ammontare di decine di migliaia di
euro, dal 2003 al 2005, non trovavano giustificazioni contabili nei bilanci oppure le trovavano in una forma
inaccettabile. E cioè quella della distribuzione degli utili con riferimento a periodi nei quali utili non erano
stati realizzati.
Escluso pertanto che possa trovare spazio di valutazione la ricostruzione fattuale proposta dalla ricorrente,
resta il rilievo oggettivo del prelievo, ad opera della stessa, di somme assai consistenti senza alcun motivo
che possa apparire giustificato in relazione alle strategie economiche e alle necessità finanziarie della
società.
La distanza di qualche anno, tra i prelievi e il fallimento, d’altra parte, non vale, di per sé, ad incidere sulla
configurazione dell’elemento psicologico del reato, che è di pericolo ed è connotato dal dolo generico,
destinato a rimanere integrato, dunque, dalla prova del consapevole e volontario depauperamento del
patrimonio sociale, sebbene la rilevanza di questo, ai fini della normativa speciale sui reati fallimentari, sia
rimandata alla eventualità del fallimento.
In altri termini, come già osservato reiteratamente da questa Corte, il delitto di bancarotta fraudolenta per
distrazione è reato di pericolo, a dolo generico, per la cui sussistenza, pertanto, non è necessario che
l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, nè che abbia agito allo scopo di recare
pregiudizio ai creditori (Rv. 253932; Conformi: N. 1325 del 1986 Rv. 171871, N. 6992 del 1988 Rv. 178608,
N. 12762 del 1989 Rv. 182121, N. 15850 del 1990 Rv. 185885, N. 12897 del 1999 Rv. 214860, N. 29896 del

L’appello era stato proposto con riferimento alla responsabilità per il reato di bancarotta patrimoniale,

2002 Rv. 222388, N. 7555 del 2006 Rv. 233413, N. 39043 del 2007 Rv. 238212, N. 9299 del 2009 Rv.
243162, N. 49635 del 2009 Rv. 245731, N. 16579 del 2010 Rv. 246879, N. 44933 del 2011 Rv. 251214).
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna della ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.

il Cons. est.

Così deciso in Roma il 20 novembre 2013

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