Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9086 del 22/11/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 9086 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: IPPOLITO FRANCESCO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Incoronato Vincenzo, n. in Germania il 19/05/1972;
D’Abile Gennaro, n. a Napoli il 31.10.1959
Criscuolo Gemma Immacolata, n. a Villa di Briano il 24.8.1949
Tammaro Gennaro, n. a Napoli il 13.2.1978
Bellomunno Marilidia, n. a Napoli il 13.8.1965
contro l’ordinanza, ex art. 309 c.p.p., del Tribunale di Napoli, emessa il 24.7.2012;
– letti i ricorsi e il provvedimento impugnato;
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;
– udita la requisitoria del Procuratore generale, in persona del sostituto S. Spinaci, che
ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
– uditi i difensori, avv. C. Lanzotti per Incoronato e avv. D. De Luca per Bellomunno, i
quali hanno concluso per l ‘accoglimento dei ricorsi;
Ritenuto in fatto
1. I ricorrenti elencati in epigrafe ricorrono per cassazione avverso
l’ordinanza del Tribunale di Napoli che – in parziale riforma del
provvedimento custodiale carcerario emesso dal Gip dello stesso tribunale in
data 2 luglio 2012, in ordine ai reati di associazione per delinquere,

Data Udienza: 22/11/2012

2. I ricorrenti sono alcuni degli indagati in una vasta indagine
preliminare avente ad oggetto un “cartello” di imprese funebri che, a mezzo
di incaricati o propri dipendenti, istaurava e manteneva sistematiche e
continue relazioni illecite, talvolta corruttive,
con strutture ospedaliere
finalizzate, dietro retribuzione (cd. “mazzette”) a medici e infermieri, a
ricevere immediate informazione dell’avvenuto decesso di pazienti, ottenere
rapidamente i relativi certificati necroscopici e l’autorizzazione alla sepoltura,
al fine di “accaparrarsi” i servizi funerari ed estromettere dalla concorrenza
imprese estranee all’ipotizzato cartello.
Agli indagati titolari di imprese funebri (tra i quali la ricorrente
Marilidia Bellomunno) è stato contestato il ruolo di promotore e
organizzatore dell’associazione, agli altri – incaricati delle imprese (tra cui
D’Abile Gennaro, Incoronato Vincenzo, Tammaro Gennaro), infermieri e
medici (come Gemma Criscuolo) quello di partecipi.
3. Tutti gli odierni ricorrenti censurano l’ordinanza impugnata per
violazione di legge e per vizio di motivazione, con riferimento agli artt.
125.2, 273, 275. 275, 292, c.p.p., sia la ritenuta sussistenza della gravità
indiziarla per i reati contestati sia le affermate esigenze cautelar’.
Considerato in diritto

1. Per quanto riguarda la gravità degli indizi, il Collegio ritiene la
manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, avendo il Tribunale del riesame
indicato specificamente gli elementi sintomatici della sussistenza del delitto
associativo e dei reati-fine contestati agli indagati, desunti dal contenuto
delle conversazioni intercettate, supportate da operazioni della polizia
giudiziaria, che ha proceduto all’acquisizione della documentazione relativa
al decessi di cui si discuteva nelle conversazioni.
L’ordinanza impugnata dà conto di un grave quadro indiziario di
sussistenza di un’organizzazione criminosa composta da: titolari delle
imprese funebri interessati ad ottenere e concludere in tempi rapidi tutti gli
adempimenti connessi ai vari funerali; i loro dipendenti o incaricati,
impegnati a realizzare e mantenere contatti tra le imprese e personale
sanitario compiacente, così da garantirsi una corsia preferenziale idonea ad
assicurare alle imprese il raggiungimento dello scopo e ai singoli dipendenti
o incaricati anche la possibilità di realizzare “creste sulle mazzette” destinate
a medici e infermieri; i medici, quali realizzatori di certificazioni
necroscopiche il più delle volte compiute senza neppure la personale
constatazione dell’avvenuto decesso ovvero attestando orari diversi da quelli
effettivi, così compiendo una serie indeterminata di reati di falso, il più delle
volte dietro pagamento di “mazzette”; gli infermieri, che provvedevano ad

2

corruzione e falsità ideologica in atto pubblico – ha disposto nei loro
confronti misure cautelari personali domiciliari.

2. Il Tribunale ha evidenziato molteplici indici sintomatici di esistenza
del sodalizio criminoso, emergenti innanzitutto dai contenuti delle
conversazioni intercettate, pervenendo alla conclusione circa la sussistenza
di un vero e proprio “cartello” realizzato da alcune imprese funebri per
battere sul tempo e mettere fuori gioco le imprese concorrenziali estranee al
sodalizio e, comunque, al fine di garantirsi tempi rapidi nello svolgimento dei
loro servizi, senza intoppi burocratici (velocizzando adempimenti di medici e
di infermieri).
Come ulteriore elemento significativo del rapporto di intesa tra le
imprese e i medici è stata indicata la circostanza che quest’ultimi venivano
scelti come interlocutori non in ragione del turno di servizio, ma dei rapporti
“privilegiati” che avevano con le imprese, preferendo i titolari di queste
ultime rivolgersi ai medici che partecipavano al sodalizio piuttosto che ai
medici di turno.
Altro indice dell’accordo è stato individuato nelle modalità con cui da
parte dei medici veniva redatto il certificato di morte, senza procedere di
persona alla constatazione del decesso, ma sulla base di colloquio telefonico,
nel quale bastavano poche frasi per ottenere dal medico certificati
necroscopici, nonché standard di servizio evidentemente concordati in
precedenza.
Infine, elemento sintomatico del particolare rapporto tra imprese e
personale sanitario è stato ravvisato nel fatto che, come risulta nelle
interlocuzioni telefoniche intercettate, i medici non individuavano la persona
deceduta in base al nominativo o alla patologia che ne aveva determinato la
morte, bensì in base alla impresa funebre che ne aveva curato i funerali.
In presenza di siffatti elementi, che l’ordinanza a esamina e riferisce
ai singoli indagati ricorrenti, risultano manifestamente infondate tutte le
censure relative alla sussistenza della gravità indiziaria.
3. Poiché risulta che tutti i ricorrenti, ad eccezione della Bellomunno,
sono stati rimessi in libertà, appare superfluo esaminare le deduzioni
relative alle esigenze cautelari, risultando i ricorsi di Incoronato Vincenzo,
D’Abile Gennaro e Criscuolo Gemma inammissibili per sopravvenuto difetto
di interesse.
Come questa Corte ha più volte affermato, l’interesse dell’indagato ad
ottenere una pronunzia, in sede di riesame, di appello o di ricorso per
cassazione, sulla legittimità dell’ordinanza che ha applicato o mantenuto la
custodia cautelare, nel caso in cui quest’ultima sia stata revocata nelle more
del procedimento, non può presumersi in riferimento a una futura
utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento

3

effettuare direttamente alle imprese funebri i decessi verificatesi all’interno
delle strutture ospedaliere nelle quali lavoravano, così da consentire alle
imprese funebri, dietro retribuzione, l’accaparramento dei servizi funerari e
la velocizzazione degli adempimenti connessi.

4. Inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi è anche il
ricorso di Marilidia Bellomunno (attualmente agli arresti domiciliari), che si
duole della affermata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per tutti i
reati contestati (ad eccezione del capo 36) e delle ravvisate esigenze
cautelari.
4.1. Per quanto concerne il primo aspetto, il Tribunale ha
compiutamente motivato sia in ordine alla delitto associativo, sia in
relazione alla contestazione dei delitti di corruzione e di concorso in falsità,
evidenziando che la sua posizione emerge come tra quelle più gravi e
rilevanti, anche per la sussistenza di elementi probatori attestanti contatti
illeciti, personali e diretti, con medici ed infermieri, oltre a quelli realizzati
tramite gli incaricati Incoronato e Castaldo.
4.2. Quanto alle censure relative alla contestazione di corruzione (per
le dazioni a Fioretti e Buonocore), va ribadito quanto più volte affermato da
questa Corte, secondo cui l’infermiere dipendente ospedaliero (avente
qualifica di persona incaricata di pubblico servizio, a cui l’art. 320 c.p.
espressamente estende l’applicabilità dell’art. 319 c.p.) che avverta
sollecitamente gli impresari di pompe funebri del decesso imminente o già
avvenuto dei ricoverati, pone in essere un atto contrario ai doveri d’ufficio,
suscettibile di assumere rilievo come elemento di una condotta corruttiva,
poiché attraverso la rivelazione di notizie d’ufficio riservate o segrete per i
terzi, e delle quali non ha, comunque, disponibilità, viola i doveri di
correttezza ed imparzialità posti a carico dei pubblici dipendenti (Cass. Sez.
1, n. 25242/2011, Rv. 250706, Baratto; Sez. 6, n. 6037/1999, Rv. 214062,
Sacco).
4.3. Privo di ogni pregio è la censura che contesta la sussistenza di
gravi indizi nel concorso in falsità ideologica ai sensi dell’art. 479 c.p. e la
natura di atto pubblico dell’atto falso del medico sull’orario della morte,
dovendosi confermare che il certificato di morte redatto dal medico curante
In ordine al momento, al luogo e alle cause della morte – come risultano
dall’attività sanitaria espletata prima del decesso – è qualificabile come atto
pubblico se il sanitario – come nella specie – opera all’interno di una
struttura pubblica e se, con tale atto, concorre a formare la volontà della
P.A. in materia di assistenza sanitaria o esercita in sua vece poteri
autorizzativi e certificativi, giacché in questi casi, infatti, il medico opera

4

della riparazione per ingiusta detenzione. E’ invece necessario che la
circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a
evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato
conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato (Cass.
Sez. U, n. 7931/2011, Rv. 249002, Testini; Sez. 6, n. 3531/2009, Rv.
242404, Gervasi).

4.4. Adeguata e corretta è anche la motivazione in ordine alle ritenute
esigenze cautelar’, sulla quali la ricorrente lamenta soltanto un’asserita
disparità di trattamento rispetto ad altre indagati. Tale censura non può
essere presa in considerazione, sia perché in questa sede mancano tutti gli
elementi di conoscenza delle diverse situazioni relative alla posizione degli
altri indagati suppostamente favoriti, sia perché privo di giustificazione
potrebbe essere, in ipotesi, il trattamento asseritamemte più favorevole
riservato agli altri indagati, su cui non può esservi sindacato di legittimità
per mancanza di impugnazione da parte del pubblico ministero.
4.5. Alla declaratoria d’inammissibilità deve seguire la condanna della
ricorrente Bellomunno al pagamento delle spese del procedimento e della
somma in favore della cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di
stabilire in mille euro in relazione alla natura delle questioni dedotte.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di Bellomunno Marilidia, che
condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di C
1.000,00 alla cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili gli altri ricorsi per sopravvenuto difetto d’interesse.
Roma, 22 novembre 2012

come pubblico ufficiale (Cass. Sez. 5, n. 36778/2006, Vecchione; Sez. 5, n.
6871 /1998, Rv. 211363, Greco)

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA