Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9084 del 22/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9084 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: IPPOLITO FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Tonnarelli Grassetti Mario nato a Roma il 3/2/1954
Avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Perugia del 4/11/2011
– letto il ricorso, il provvedimento impugnato e la memoria depositata in data 10 ottobre 2012;
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;

– letta la requisitoria del Procuratore generale, in persona del sostituto M.G.
Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. Mario Tonnarelli Grassetti ricorre per cassazione contro l’ordinanza sopra
indicata, con cui la Corte d’appello di Perugia ha dichiarato inammissibile la richiesta
(presentata il 15 luglio e reiterata in data 9 e 11 settembre 2011) di revisione della
sentenza del Tribunale di Roma, pronunciata il 27 giugno 1004, divenuta irrevocabile in
data 11 giugno 2003, con cui fu condannato per il delitto di cui all’art. 368 cod. pen. in
danno di Marina Giacobbi alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, oltre al
risarcimento dei danni ed al pagamento di una provvisionale verso la parte civile.
2. Il delitto di calunnia fu contestato al Tonnarelli Grassetti per avere accusato
falsamente la Giacobbi del reato di estorsione, sostenendo che costei lo aveva
minacciato di denunciarlo per il reato di truffa, se non avesse presentato una denuncia di

Data Udienza: 22/11/2012

3. La Corte territoriale, per un verso, rileva che le istanze proposte dal
Tonnarelli Grassetti esprimono critiche al decreto (che non risulta essere stato
impugnato per cassazione) con cui, in data 17 maggio 2010, il medesimo organo
giudicante aveva dichiarato inammissibile la richiesta di revisione delle predetta
sentenza; per altro verso, evidenzia la reiterazione di doglianza senza l’apporto di alcun
nuovo elemento rispetto a quelli già in precedenza esaminati.
4. Il ricorso, personalmente proposto, dal Tonnarelli Grassetti reitera le sue
censure alle decisioni assunte e ripercorre la vicenda processuale, con valutazioni di
fatto che non possono essere in esame in questa in sede.
Come ha evidenziato il Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, “non è
dato enucleare, nella pur diffusa esposizione, alcun motivo specificamente rapportato al
provvedimento impugnato che articoli censure valutabili in sede di legittimità”.
5. S’impone, pertanto, la declaratoria d’inammissibilità a cui consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di €
1.000, in considerazione della natura delle questioni dedotte, in favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Roma, 22 novembre 2012
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S

truffa contro ignoti non veritiera e se non si fosse costituito in un giudizio civile,
rappresentando fatti non veri.

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