Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9083 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9083 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CERA PIETRO ANTONIO N. IL 26/01/1963
nei confronti di:
MULAS GUIDO N. IL 08/09/1961
avverso la sentenza n. 24/2012 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
10/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, pe a parte civile, l’Avv
Udit difensor Avv.

Data Udienza: 19/11/2013

udito il PG in persona del sost. proc. gen. d.ssa G. Fodaroni, la quale ha concluso chiedendo
annullamento con rinvio,
udito il difensore della parte civile, avv. R. Meloni che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto
l’accoglimento,
udito il difensore dell’imputato, avv. A. Mattana che ha chiesto rigettarsi il ricorso.

1. Mulas Guido è imputato del delitto di cui all’articolo 595 cp perché, quale presidente
della CALCIDRATA srl, mediante trasmissione di una missiva indirizzata al presidente della
regione Sardegna, all’assessorato regionale dell’industria, all’amministratore delegato della
EUROALLUMINA spa, offendeva la reputazione di Cera Pietro, quale legale rappresentante
della CEMIN srl, affermando, tra le altre cose, che la ditta del Cera, la quale forniva calcare
micronizzato necessario per l’impianto di abbattimento dello zolfo, non avrebbe avuto la
possibilità di fornire materiale idoneo, in quanto nella cava in cui operava erano presenti solo
scisti e non (anche) calcare.
2. Condannato a pena di giustizia e risarcimento del danno dal giudice di pace di
Cagliari, Mulas è stato assolto dal tribunale della stessa città, in funzione di giudice di appello,
con la sentenza di cui in epigrafe.
2. Ricorre per cassazione il difensore di parte civile, vale a dire del Cera, quale legale
rappresentante della CEMIN, deducendo violazione degli articoli 121, 125, 178 cpp e 51 cp,
nonché carenze l’apparato motivazionale.
2.1. Sostiene innanzitutto che il tribunale dà atto che è stato depositata memoria ai
sensi dell’articolo 121 del codice di rito, ma non del suo contenuto e comunque non fornisce
risposta. Con detta memoria, si confutavano specificamente le argomentazioni dell’atto di
appello dell’imputato. Il tribunale l’ha completamente ignorata ed ha acriticamente sposato le
tesi dell’appellante, trascurando il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità.
Ne è derivata, pertanto una motivazione incompleta, incongrua e una limitazione del diritto di
difesa. Il tutto ha dato luogo a una sentenza caotica e confusa, nella quale non è indicata
nemmeno la formula assolutoria.
2.2. Il ricorrente poi sostiene che il tribunale ha tentato di “trasformare” il contenuto
della lettera dell’imputato, che contiene accuse ben precise, in un esposto che conterrebbe una
richiesta di accertamenti sul conto della CEMIN.
2.3. Sostiene anche che espressioni letterali, come “indebitamente” o contenuti
offensivi, come quello in base al quale l’imputato avrebbe formulato l’invito a denunciare i fatti
all’autorità giudiziaria, non sarebbero presenti nella missiva. Ciò è paradossale in quanto il
contenuto e il senso della lettera erano proprio quelli ritenuti dal giudice di pace. Accusare
qualcuno di essersi aggiudicato una gara d’appalto senza averne i presupposti, equivale ad
accusarlo di essersela indebitamente aggiudicata; da ciò discende la natura calunniosa della
insinuazione, in quanto il Cera, in pratica, è stato accusato di truffa e di aver indotto in errore
un pubblico ufficiale che, in seguito all’errore, avrebbe commesso falso ideologico in atto
pubblico. Va poi notato che i destinatari della missiva non erano affatto gli organi competenti a
valutare la situazione, ma organi terzi.
2.4. Nella condotta del Mulas non si possono certamente ravvisare gli estremi
dell’esercizio del diritto di cronaca, né di quello di critica. Anche nel diritto di critica, come
noto, infatti, è necessario che i fatti esposti siano veri, ma, nel caso di specie, la verità non
sussiste né per quel che riguarda l’affermazione relativa alla cava di Monte Mesu, né per quel
che riguarda le cosiddette “specifiche ENEL”, né per quel che riguarda la pretesa revoca dei
finanziamenti.
3. In data 30 ottobre 2013 è stata depositata memoria difensiva nell’interesse del
Mulas. In essa si sostiene che non vi è alcuna nullità derivante dalla mancata presa in
considerazione della memoria ai sensi dell’articolo 121 il codice di rito, in quanto il giudice non
è tenuto a dare risposta specificamente ad ogni singolo rilievo della difesa. In realtà, con il
ricorso, si chiede alla corte di cassazione di sovrapporre una sua valutazione a quella del
giudice di merito.

RITENUTO IN FATTO

3.1. Si sostiene inoltre nella predetta memoria presentata nell’interesse del Mulas che lo
stesso non ha formulato accuse nei confronti di CEMIN, ribadendosi che non ha usato il
termine “indebitamente” e non ha affatto invitato i destinatari della missiva a esporre i fatti
all’autorità giudiziaria. Sono poi erronee le considerazioni del ricorrente in ordine alla
insussistenza della scriminante di cui all’articolo 51 cp.

1. L’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede
di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, ma può influire sulla congruità
e correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione che definisce la fase o il grado
nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (ASN 201218453-RV 252713). Non è
dunque la mancata presa in considerazione della memoria, in sé, quel che rileva, nel caso in
esame, ma l’incongruenza della motivazione che ha “ribaltato” la sentenza di primo grado.
1.1. La motivazione della sentenza di appello appare invero contraddittoria e incongrua,
in quanto, da un lato l sostiene che la missiva del Mulas aveva carattere cautelativo, dall’altro,
finisce per ammettere che essa conteneva veri e propri addebiti a carico del Cera. Si tratta di
accuse specifiche che, se non corrispondono al vero, devono ritenersi avere contenuto
certamente diffamatorio (aver ingannato l’Enel, aver lucrato sine titulo, ecc.). Come
giustamente rileva poi il ricorrente, la scriminante ex art 51 cp, presuppone la verità
dell’addebito, ma, sul punto, l’assunto della corte sarda é tutt’altro che chiaro.
2. La missiva poi, per quel che si evince dallo stesso tenore delle sentenze di merito,
non era diretta né all’interessato, né a chi aveva poteri diretti dyaccertamento. Sussisteva
dunque l’estremo della comunicazione con più persone.
3. Consegue che, ferma restando la assoluzione del Mulas ai fini penali (in quanto non
impugnata dall’Organo dell’accusa),la senpfenza va annullata ai fini civili con rinvio per nuovo
esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Le richieste della parte civile relative alle spese vanno, ovviamente, rinviate “al definitivo”.
PQM
annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio per nuovo esame al giudice civile
competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma, addì 19.XI.2013.-

CONSIDERATO IN DIRITTO

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