Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9078 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9078 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cutaia Vincenzo, nato a Pietraperzia il 4.1.1974, avverso la sentenza
pronunciata dalla corte di appello di Caltanissetta il 7.6.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.

FATI-0 E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 7.6.2012

la corte di appello di

Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di
Enna, in data 8.4.2010, aveva condannato Cutaia Vincenzo alla pena

Data Udienza: 13/11/2013

ritenuta di giustizia in relazione ai reati di cui agli artt. 61, n. 2, 337,
c.p. (capo A) e 110, 81, cpv., 61, n. 5, 624, 625, n. 1 e n. 2, c.p. (capo
B), rideterminava in senso più favorevole all’imputato il trattamento
sanzionatorio, previa pronuncia di non doversi procedere per
sopravvenuta estinzione del reato di cui al capo A) per prescrizione,

2.

Avverso la decisione della corte territoriale, di cui chiede

l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il Cutaia, a mezzo del
suo difensore di fiducia, lamentando: 1) violazione di norme processuali
in relazione agli artt. 178, lett. a), 179, co. 1, 34, c.p.p. per
incompatibilità alla trattazione del processo in primo di grado da parte
del giudice procedente, dott. Milano, che ha deciso in ordine alla revoca
della misura cautelare dell’obbligo di dimora imposto all’imputato; 2) la
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della
sentenza impugnata, in quanto la decisione della corte territoriale si
fonda su alcune emergenze processuali meramente indiziarie, oggetto di
una valutazione erronea e travisata da parte del giudice di secondo
grado, che non ha tenuto conto della contraddittorietà delle dichiarazioni
dei testi Modica e Pinna, anche in relazione al contenuto del verbale di
arresto, su cui si basa l’assunto accusatorio, in ordine alle circostanze di
fatto in cui si procedette all’arresto dell’imputato da parte dei suddetti
testimoni, appartenenti all’arma dei Carabinieri; del fatto che il
rinvenimento nell’appartamento del Cutaia di scarpe di fango costituisce
un elemento privo di valenza accusatoria, trovando giustificazione nel
particolare che per accedere alla suddetta abitazione è necessario
attraversare il giardino che la circonda; del mancato rinvenimento della
refurtiva nell’appartamento del Cutaia; della mancata scoperta di
impronte dell’imputato nell’autovettura “Opel Corsa” oggetto di furto e
delle dichiarazioni della Marotta Concetta, madre del ricorrente, la quale
ha riferito che quest’ultimo, nel giorno del commesso delitto, era
rientrato a casa verso le ore 21 – 21.15, rimanendovi tutta la notte.
3. Il ricorso non può essere accolto.

2

confermando nel resto l’impugnata sentenza.

4. Ed invero, con riferimento al primo motivo di ricorso, se ne deve
rilevare l’infondatezza.
Nessuna incompatibilità ai sensi dell’art. 34, c.p.p., come modificato dai
numerosi interventi additivi della Corte Costituzionale, è ravvisabile nel
caso in esame, in quanto, come correttamente rilevato dalla corte

difensiva volta ad ottenere la revoca della misura cautelare in corso di
esecuzione a carico del Cutaia, in epoca successiva all’inizio del
dibattimento di primo grado, quindi nell’esercizio dei poteri in tema di
revoca e sostituzione delle misure cautelari che l’art. 299, c.p.p.,
prevede siano esercitati proprio dal giudice che procede, senza che ciò
determini una preclusione alla definizione del giudizio da parte di
quest’ultimo.
5. Inammissibile appare il secondo motivo di ricorso.
Con esso, infatti, vengono dedotte censure che si risolvono in una mera
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità tali da evidenziare
la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in
quanto tali, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. I,
16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; Cass., sez. VI, 3.10.2006,
n. 36546, Bruzzese, rv. 235510; Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006,
Piras, rv. 235508).
Ed invero non può non rilevarsi come il controllo del giudice di
legittimità, pur dopo la novella dell’art. 606, c.p.p., ad opera della I. n.
46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di deduzioni
connesse a diversi atti del processo, e di una correlata pluralità di motivi
di ricorso, in una valutazione necessariamente unitaria e globale, che
attiene alla reale esistenza della motivazione ed alla resistenza logica
del ragionamento del giudice di merito, essendo preclusa al giudice di
legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di

3

Ì-

territoriale, il giudice di primo grado ha deciso in ordine ad una istanza

ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez. VI, 26.4.2006, n.
22256, Bosco, rv. 234148).
Con particolare riferimento all’assunto difensivo sulla natura
contraddittoria delle dichiarazioni dei testi Modica e Pinna, nonché sulla
rilevanza delle dichiarazioni della Marotta, va rilevato che il denunciato

brani delle dichiarazioni rese dai suddetti testi nel corso della loro
escussione dibattimentale, riportate nei motivi di ricorso solo
parzialmente in violazione del principio della “autosufficienza”,
dichiarazioni che, per consentire l’apprezzamento del vizio dedotto,
avrebbero dovuto, invece, essere trascritte integralmente (cfr. Cass.,
sez. IV, 26/6/2008, N. 37982, b., RV. 241023).
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse
di Cutaia Vincenzo va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processual i.
Così deciso in Roma il 13.11.2013.

vizio motivazionale non può certo desumersi dalla citazione di alcuni

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