Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9077 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9077 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Palma Angelo, nato a Brindisi il 31.8.1974, avverso la sentenza
pronunciata dalla corte di appello di Lecce il 24.9.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata. in relazione al reato di cui al
capo A) dell’imputazione, perché estinto per prescrizione inammissibilità
del ricorso, e per il rigetto, nel resto, del ricorso;

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udito per il ricorrente il difensore di fiducia;(che ha concluso
conformemente al pubblico ministero per il reato di cui al capo A),
chiedendo, invece, l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza in
relazione al reato di cui al capo B).

Data Udienza: 13/11/2013

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 24.9.2012 la corte di appello di Lecce
confermava la sentenza con cui il tribunale di Brindisi, in data 9.2.2011,

relazione ai reati di cui agli artt. 624, co. 1 e co. 3, 625, co. 1, n. 2), c.p.
(capo A) e 624 bis, co. 1 e 3, 625, co. 1, n. 2), seconda ipotesi, c.p.
2. Secondo l’assunto accusatorio, confermato dai giudici di merito, il
Palma si è reso responsabile di due furti aggravati a distanza ravvicinata
l’uno dall’altro.
In particolare l’imputato, in un primo momento, usando violenza sul
deflettore posteriore destro dell’autovettura di Quarta Fulvio, si
impossessava delle chiavi dell’abitazione di quest’ultimo e di un modulo
per assegni bancari, strappato da un libretto di assegni oggetto, a sua
volta, del delitto di ricettazione contestato a Convertito Cosimo nei
confronti del quale si è proceduto separatamente; successivamente,
nello stessa giornata, si introduceva nell’appartamento del Quarta,
utilizzando le chiavi di cui si era impossessato, impadronendosi dei beni
specificamente indicati nel capo B) dell’imputazione.
3.

Avverso la decisione della corte territoriale, di cui chiede

l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il Palma, a mezzo del
suo difensore di fiducia, lamentando: 1) la contraddittorietà e la
manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in
relazione al rigetto dell’impugnazione proposta ai sensi dell’art. 586,
c.p.p., avverso l’ordinanza pronunciata dal tribunale di Brindisi in data
9.2.2011, con cui era stata rigettata la richiesta formulata dalla difesa
dell’imputato di sentire in qualità di teste il Convertito sulle modalità
attraverso le quali ebbe a ricevere il libretto di assegni in precedenza
indicato, che, secondo il ricorrente, gli sarebbe stato consegnato da una
donna e non dal Palma, come affermato dallo stesso Quarta nel corso
della deposizione resa in sede di istruttoria dibattimentale nel giudizio di
primo grado, trattandosi di prova decisiva, in quanto idonea ad accertare

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aveva condannato Palma Angelo alla pena ritenuta di giustizia in

in maniera definitiva il coinvolgimento o meno del Palma nel furto di cui
al capo A) dell’imputazione; 2) violazione di legge, in relazione agli artt.
192, co. 2, 533, co. 1, c.p.p., nonché la contraddittorietà e la manifesta
illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto la corte
territoriale ha fondato la sua decisione in ordine alla responsabilità del

valutati secondo un procedimento di ordine induttivo che attribuisce al
Palma il reato in questione partendo dalla dimostrata partecipazione
dell’imputato al furto di cui al capo B) e dalla consumazione di entrambi
i furti a distanza di appena due ore I”uno dall’altro, laddove è possibile
ipotizzare una diversa ricostruzione dei fatti, che contraddice l’ipotesi
accusatoria secondo cui il primo furto si sarebbe consumato in un orario
compreso tra le 20.30 e le 22.30, quindi a ridosso della consumazione
del furto nell’appartamento, e non durante l’arco della giornata, non
essendovi certezza né sull’orario in cui il Quarta ha chiuso il suo negozio,
allontanandosi a bordo della sua autovettura, né sul suo essersi recato,
dopo la chiusura del negozio, ad una cena a casa di amici dove si era
intrattenuto per alcune ore (il Quarta, infatti, nella sue dichiarazioni ha
sempre parlato di un pranzo e non di una cena), né sulla circostanza che
egli si sia accorto della rottura del deflettore e del furto delle chiavi
prima di giungere presso la sua abitazione.; 3) la mancanza di
motivazione sulla censura difensiva relativa alla circostanza che,
sebbene le impronte del Palma fossero state inserite nella banca dati
della polizia a far data dal 2002, la coincidenza tra le suddette impronte
e quelle rilevate all’interno dell’appartamento del Quarta non venne
immediatamente notata; 4) la contraddittorietà e la manifesta illogicità
della motivazione della sentenza impugnata, con riferimento alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che non si
giustifica, in quanto i precedenti penali del Palma sono risalenti nel
tempo e, con riferimento alla condanna per reati in materia di
stupefacenti, la corte territoriale ha omesso di considerare lo stato di
tossicodipendenza dell’imputato, che lo spinse a commettere i suddetti

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Palma per il delitto di cui al capo A) sulla base di indizi insufficienti,

reati; 5) l’intervenuta estinzione per prescrizione del delitto di cui al
capo A).
4. In via preliminare va rilevato che il decorso del termine di prescrizione
del reato di cui al capo A), corrispondente, nella sua massima
estensione, tenuto conto, cioè, degli atti interruttivi intervenuti e della

21.4.2005, risulta compiuto alla data del 21.10.2012.
Si è pertanto verificata, dopo la pronuncia della sentenza di secondo
grado, una causa di estinzione del reato, che compete a questa Corte di
Cassazione rilevare, non potendosi considerare inammissibile ricorso
presentato dall’imputato con riferimento al delitto di cui al capo A),
incentrato su questioni di diritto non manifestamente infondate.
Ed invero il principio della immediata declaratoria di determinate cause
di non punibilità, sancito dall’art. 129 cod. proc. pen., opera anche nel
caso di cause estintive del reato rilevate nel giudizio di Cassazione (cfr.,
ex plurimis, Cass., sez. III, 01/12/2010, n. 1550, rv. 249428; Cass.,
sez. un., 27/02/2002, n. 17179, Conti).
Logico corollario di tale affermazione è che anche nel giudizio di
legittimità sussiste l’obbligo di dichiarare una più favorevole causa di
proscioglimento ex art. 129, co. 2, c.p.p., pur ove risulti l’esistenza della
causa estintiva della prescrizione, obbligo che, tuttavia, opera, in
considerazione dei caratteri tipici del giudizio di legittimità, nei limiti del
controllo del provvedimento impugnato, in relazione alla natura dei vizi
denunciati (cfr. Cass., sez. I, 18/04/2012, n. 35627, rv. 253458).
Il sindacato di legittimità che, pertanto, si richiede alla corte in questo
caso deve essere circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle
condizioni per addivenire a una pronuncia di proscioglimento nel merito
con una delle formule prescritte dall’art. 129, co. 2, c.p.p.: la
conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova
dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità a esso dell’imputato risulti
evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni
posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove
indagini e ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il

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mancanza di periodi di sospensione, a sette anni e sei mesi, commesso il

principio secondo cui l’operatività della causa estintiva, determinando il
congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui
è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto
complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri
richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più

immediata del processo (cfr. Cass., sez. IV, 05/11/2009, n. 43958, F.)
In presenza di una causa di estinzione del reato, infatti, la formula di
proscioglimento nel merito (art. 129, comma 2, c.p.p.) può essere
adottata solo quando dagli atti risulti “evidente” la prova dell’innocenza
dell’imputato, sicché la valutazione che in proposito deve essere
compiuta appartiene più al concetto di “constatazione” che di
“apprezzamento” (cfr. Cass., sez. II, 11/03/2009, n. 24495, G.),
circostanza che, come risulta dalla stessa articolata esposizione dei
motivi di ricorso relativi al delitto di cui al capo A), non può ritenersi
sussistente.
5. Nel resto il ricorso non può essere accolto.
6. Infondato, in particolare, deve ritenersi il motivo di ricorso sub. n. 3),
in quanto, con motivazione approfondita ed immune da vizi la corte
territoriale ha fondato la sua decisione in ordine alla responsabilità del
Palma sulla base delle impronte papillari di tre dita della mano destra
lasciate dall’imputato nell’abitazione del Quarta, evidenziando, in
risposta ad uno specifico rilievo difensivo sul punto, come, sulla base
delle dichiarazioni dell’assistente della polizia di Stato, Metella Antonella,
autrice della comparazione dattiloscopica (nel caso in esame effettuata a
distanza di anni dal prelievo delle impronte), il tempo di espletamento
dell’indagine non incida assolutamente sulla validità dei relativi risultati,
tenuto conto della incontestabile circostanza che la comparazione
dattiloscopica si effettua confrontando le fotografie riproducenti le
impronte, insensibili al passare del tempo.
Ne deriva l’irrilevanza della censura prospettata dal Palma, che attiene
ad una circostanza inidonea ad incidere sul risultato scientificamente

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favorevole all’imputato, deve prevalere l’esigenza della definizione

attendibile della comparazione dattiloscopica, per cui appare
ampiamente giustificato sul punto il silenzio della corte territoriale.
Non è censurabile, infatti, in sede di legittimità la sentenza che indichi
con adeguatezza e logicità le circostanze e le emergenze processuali che
siano state determinanti per la formazione del convincimento del

seguito per addivenire alla statuizione adottata. Pertanto, anche il
silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame non rileva
qualora questa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza
complessivamente considerata perché non è necessario che il giudice
confuti esplicitamente la specifica tesi difensiva disattesa, ma è
sufficiente che evidenzi nella sentenza una ricostruzione dei fatti che
conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio
ad una valida alternativa (cfr. Cass., sez. II, 12/02/2009, n. 8619).
6. Anche il motivo di ricorso sub n. 4) non può essere accolto.
Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche, infatti, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli
elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a
determinare o meno il riconoscimento del beneficio, per cui, anche un
solo elemento attinente alla personalità del colpevole, all’entità del reato
od alle modalità di esecuzione della condotta criminosa può ritenersi
sufficiente (cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 03/07/2012, n. 42705, P.L.).
A tali principi si è attenuta la corte territoriale, evidenziando come
l’esistenza di plurimi precedenti penali, anche specifici, relativi a reati
commessi dall’imputato non solo nel 1993, ma anche nel periodo
compreso tra il settembre 2005 ed il gennaio 2006, sia sintomatica di
una personalità negativa del ricorrente, che denota una “netta
propensione a commettere delitti anche gravi non limitata ad un passato
lontano”.
Rispetto a questo limpido argomentare le doglianze difensive non
colgono nel segno, concretizzandosi, anzi, in inammissibili censure sul
merito del trattamento sanzionatorio.

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giudice, consentendo così l’individuazione dell’iter logico-giuridico

7. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va
annullata senza rinvio in relazione al reato di cui al capo A) perché
estinto per prescrizione, con conseguente eliminazione della relativa
pena, determinata in continuazione con il più grave reato di cui al capo
B), di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa, mentre nel resto il

Il parziale accoglimento dei rilievi difensivi comporta che il ricorrente
non sia condannato al pagamento delle spese processuali del presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato sub
A) perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena,
determinata in continuazione, di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di
multa.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 13.11.2013.

ricorso del Palma va rigettato.

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