Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9071 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9071 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DIAKHATE IBRAHIMA N. IL 21/04/1960
avverso la sentenza n. 20/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
12/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (Jciuta2-i\–9
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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°(°–c<-: Lc(- Data Udienza: 07/11/2013 Il ricorso è manifestamente infondato in quanto i motivi propongono,in chiave critica, valutazioni fattuali, sprovviste di specifici e persuasivi addentellati storici, nonché prive di qualsiasi coerenza logica, idonea a soverchiante e a infrangere la lineare razionalità, che ha guidato le conclusioni della corte di merito. Con esse,in realtà , il ricorrente pretende la rilettura del quadro probatorio e, contestualmente , il sostanziale riesame nel merito. Questa pretesa è tanto più inammissibile nel caso in esame : la struttura razionale della motivazione — facendo proprie le analisi fattuali e le valutazioni logicogiuridiche della sentenza di primo grado - ha determinato un organico e inscindibile accertamento giudiziale , avente una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa, che è saldamente ancorata agli inequivoci risultati dell'istruttoria dibattimentale. Quanto al rilievo sulla innocuità della falsificazione dei prodotti posti in vendita, va considerato che , secondo una consolidata e condivisibile giurisprudenza, può parlarsi di falso grossolano, e quindi di reato impossibile, solo ove il bene, per requisiti materiali intrinseci, sia tale da escludere l'efficienza causale originaria alla produzione dell'evento nei confronti non solo dello specifico acquirente ma della intera collettività. Non è quindi alle modalità circostanziali della vendita che occorre far riferimento per ritenere il c.d. falso innocuo, posto che la consapevolezza della contraffazione, ingenerata da tali modalità nel compratore, è di per sè irrilevante ai fini della lesione dei beni giuridici protetti, dovendo piuttosto darsi rilievo alle qualità intrinseche del prodotto e alla veste del marchio che con lo stesso si immedesima: solo quando, in base a criteri di valutazione ex ante, riferibili a qualsiasi persona fornita di comune discernimento e avvedutezza, possa escludersi, per la presenza di segni rivelatori, il pericolo di confusione circa la riferibilità del prodotto al titolare del marchio, è razionalmente possibile riconoscere la sussistenza di falso grossolano. Posto che nel caso in esame, secondo un valutazione razionalmente compiuta sulla base delle risultanze processuali, la contraffazione dei marchi Gucci, Prada, Fendi e altri è risultata- senza alcuna smentita- idonea a trarre in inganno la generalità dei cittadini, sull'autenticità del contrassegno e del prodotto , nessuna censura è formulabile nei confronti della condanna pronunciata dai giudici di merito. FATTO E DIRITTO Con sentenza 12.10.2012, la corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza 1.6.09 del tribunale di Salerno con la quale Dialchate Ibrahima è stato condannato ,previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di 4 mesi di reclusione ed E 600 di multa, perché ritenuto responsabile del reato ex art. 474 c.p., per aver detenuto a scopo di vendita 11 borse con marchi nazionali ed esteri contraffatti. Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al mancato riconoscimento dell'esimente dello stato di necessità ,in quanto l'indigenza dell'imputato risulta già dimostrata dalla sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato . Inoltre la destinazione della merce alla vendita è incompatibile con il ristretto numero delle borse esposte e con il mancato accertamento della presenza di acquirenti. Inoltre, le borse sequestrate recavano marchi contraffatti in maniera imperfetta ed erano offerte con modalità ( vendita ambulante) tali da non creare il pericolo che si potessero essere confuse con i prodotti originali. PQM Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di E 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Roma, 7.11.2013 Il consiglie Antonio nsore Il presidente Alfredo Maria Lombardi 0 . 1794 ,ts Quanto all'invocata esimente dello stato di necessità, va confermato l'orientamento interpretativo secondo cui, in tema di cause di giustificazione, incombe sull'imputato, che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell'operatività di un'esimente, se non un vero e proprio onere probatorio, inteso in senso civilistico, un compiuto onere di allegazione di elementi di indagine per porre il giudice nella condizione di accertare la sussistenza o quanto meno la probabilità di sussistenza dell'esimente. Ne consegue che la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, pari a quella indicata dal ricorrente, non può legittimare la pronuncia assolutoria( sez. 6 n 28115 del 13.7.2012 rv 253036). La manifesta infondatezza dei motivi del ricorso comporta la declaratoria di inammissibilità del gravame. Va rilevato che,successivamente alla pronuncia della sentenza di appello, è maturato il termine di prescrizione che non porta però alla declaratoria di estinzione del reato. Secondo un condivisibile orientamento interpretativo, la inammissibilità, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente l'instaurazione , in sede di legittimità, di un valido rapporto di impugnazione e impedisce di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità ex art. 129 cpp, ivi compreso l'eventuale decorso del termine di prescrizione (S.U. n.32 del 22.11.2000 rv 217266;. sez. 2, n. 28848 dell'85.5.2013 rv 256463). Alla declaratoria di inammissibilità del gravame segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di £ 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

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