Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9056 del 10/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 9056 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
SANTORO COSIMO nato il 19/10/1991, avverso l’ordinanza del
20/06/2013 del Tribunale del Riesame di Taranto;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla omessa
motivazione sull’applicazione di una diversa misura cautelare;
udito il difensore avv.to Goffredo Alviano Glaviano che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 20/06/2013, il Tribunale del Riesame di
Taranto confermava l’ordinanza con la quale, in data 03/06/2013, il
giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città
aveva applicato a SANTORO Cosimo la misura della custodia cautelare in
carcere in quanto indagato per il reato di tentata estorsione aggravata n
concorso con D’Amicis Michael.

Data Udienza: 10/01/2014

7

2. Avverso la suddetta ordinanza, il Santoro, in proprio, ha
proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:
2.1.

ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

in ordine alla sussistenza dei gravi

indizi di colpevolezza in quanto il denunciate Ciracì Vito sarebbe

2.2.
CARCERARIA:

MANCATA APPLICAZIONE DI UNA MISURA DIVERSA DA QUELLA

sostiene il ricorrente che il tribunale, sul punto, non avrebbe

motivato in modo logico e coerente e non avrebbe spiegato quali fossero
le ragioni ostative all’applicazione di una misura alternativa anche in
considerazione del fatto che le indagini si erano ormai concluse e la
personalità di esso ricorrente non era affatto negativa né poteva
desumersi dalle semplici modalità del fatto ma solo da comportamenti o
atti concreti, nella specie, insussistenti.

3. La doglianza in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza è manifestamente infondata atteso che, sul punto, la
motivazione addotta dal Tribunale è amplissima, logica e coerente con
gli evidenziati elementi fattuali e confutativa anche della tesi difensiva
(cfr pag. 3 ss).
Il ricorrente in questa sede, ha dedotto una censura che, però, si
caratterizza per essere generica ed aspecifica rispetto all’amplissima
motivazione addotta dal tribunale, essendo meramente reiterativa: dal
che consegue l’inammissibilità della doglianza.

4. Quanto alle esigenze cautelari, va osservato che il tribunale le
ha rinvenute sia nel pericolo di reiterazione (modalità del fatto,
consistito in una brutale aggressione di tale Ciracì nel «tentativo di
recupero crediti a seguito dell’omicidio del fornitore della sostanza
stupefacente di cui il D’Amicis e il Santoro si sentivano evidentemente
“eredi morali”»; «precedenti penali e giudiziari dei ricorrenti i quali in
altre occasioni hanno commesso reati insieme»)

sia nel possibile

inquinamento probatorio derivante dalla necessità di mantenere
l’assenza di contatti fra il Santoro ed il D’Amicis al fine di evitare che il

2

inattendibile;

Ciracì possa

«rimeditare la scelta collaborativa con conseguente

ritrattazione o ridimensionamento delle dichiarazioni accusatorie rese
nei confronti dei predetti».
La doglianza dedotta dal ricorrente è, ancora una volta generica ed
aspecifica essendo del tutto avulsa dalla motivazione addotta dal

propria tesi difensiva (essere rimasto appartato) e, dall’altro, che la sua
personalità non era affatto negativa: ne verbum quidem in ordine
all’inquinamento probatorio.
Dall’ampia motivazione addotta dal Tribunale in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari di natura carceraria, si desume,
seppure per implicito, che il Tribunale ha ritenuto quella misura l’unica
idonea a salvaguardare le accertate esigenze cautelari: dal che
consegue l’irrilevanza di una esplicita motivazione sulle ragioni ostative
ad una misura diversa da quella carceraria.

5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Si provveda a norma
dell’art. 94/1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Roma 10/01/2014

tribunale essendosi il ricorrente, da una parte, limitato a reiterare la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA