Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9050 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9050 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
MASALA ANTONIA nata il 14/09/1948, avverso la sentenza del
15/01/2013 della Corte di Appello di Lecce sez. distaccata di Taranto;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Antonio Strillacci che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 15/01/2013, la Corte di Appello di Lecce sez. distaccata di Taranto – in riforma della sentenza pronunciata in
data 13/01/2011 dal giudice monocratico del tribunale di Taranto – sez.
distaccata di Manduria – ed appellata dal Procuratore Generale, riteneva
MASALA Antonia colpevole dei reati di cui agli artt. 474 – 648 cod. pen.
per avere posto in vendita un orologio Rolex contraffatto.

Data Udienza: 10/01/2014

2.

Avverso la suddetta sentenza, l’imputata, in proprio, ha

proposto ricorso per cassazione deducendo la

MANIFESTA ILLOGICITÀ

della

motivazione per non avere la Corte rilevato – quanto al delitto di cui
all’art. 474 cod. pen. – che il falso era grossolano, sicchè era
assolutamente

inidoneo

a

trarre

in

inganno

il

pubblico.

reato di ricettazione, o, comunque, ritenere l’ipotesi lieve di cui al
secondo comma dell’art. 648 cod. pen.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
I fatti sono pacifici ed incontestati essendo stato provato che la
ricorrente, nella vetrina del suo negozio di gioielleria aveva esposto un
orologio Rolex risultato contraffatto.
In diritto, questa Corte di legittimità ha chiarito che «la
grossolanità dei marchi contraffatti, tale da renderli inidonei a trarre in
inganno una persona di media esperienza e diligenza circa la
provenienza degli oggetti in commercio, non comporta l’impossibilità di
configurare il reato di cui all’art. 474 cod. pen. per asserita inidoneità
dell’azione, posto che il reato tutela la fede pubblica, intesa come
affidamento della collettività nei marchi e segni distintivi, e quindi
l’interesse non solo dello specifico compratore occasionale, ma della
generalità dei possibili destinatari dei prodotti, oltre che delle imprese
titolari dei marchi e dei segni contraffatti a mantenere certa la funzione
distintiva e la garanzia di provenienza dei beni in commercio»: SSUU
23427/2001 – Cass 44297/2005, rv 232769 – Cass.31451/2006 Rv.
235214 – Cass. 11240/2008 Rv. 239478 – Cass. 40556/2008 Rv.
241723.
Il suddetto reato, quindi, ben può fungere da reato presupposto
del delitto di ricettazione ed entrambi concorrere atteso che le
fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo
strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di
specialità, non risultando dal sistema una diversa volontà espressa o
implicita del legislatore (Sez. Un. 9/5-7/6/2001, n. 2347, Ndiaye, riv.
218771). Il suddetto principio, successivamente confermato (Cass.

2

Conseguentemente, avrebbe dovuto dichiarare anche l’insussistenza del

12452/2008 riv 239745), va anche in questa sede ribadito non
rinvenendosi argomenti tali da dover far rimeditare la questione.
La decisione alla quale è pervenuta la Corte, quindi, è del tutto
logica, coerente e conforme alla giurisprudenza di legittimità, sicchè il
ricorso, essendo meramente reiterativo e generico, va ritenuto

disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
la ricorrente il pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 10/01/2014

manifestamente infondato. Alla relativa declaratoria consegue, per il

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