Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9043 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9043 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. LEOPOLDO MARIA ROSARIA nata il 17/05/1972;
2.

LEOPOLDO GIUSEPPINA nata il 19/03/1965;

3. SODANO MARIA nata il 27/03/1972;
avverso la sentenza del 26/04/2013 della Corte di Appello di Salerno;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi;
udito il difensore di Leopoldo Giuseppina e Sodano Maria avv.to Luciano
Santoianni che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
FATTO
1. Con sentenza del 26/04/2013, la Corte di Appello di Salerno,
confermava la sentenza con la quale, in data 01/10/2008, il giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città aveva
ritenuto LEOPOLDO Maria Rosaria, LEOPOLDO Giuseppina e SODANO
Maria, colpevoli, in concorso, del reato di rapina impropria.

Data Udienza: 10/01/2014

2. Avverso la suddetta sentenza, tutte e tre le imputate hanno
proposto ricorso per cassazione.

DELL’ART.

LEOPOLDO Mariarosaria, in proprio, ha dedotto
129

COD. PROC. PEN.

VIOLAZIONE

per avere la Corte «omesso di verificare se,

nel caso di specie, ricorressero le condizioni che deponevano a favore
della pronuncia preliminare di proscioglimento» in quanto nessuno
elemento di prova era emerso a suo carico.

4. LEOPOLDO Giuseppina e SODANO Maria, a mezzo del proprio
difensore, con un unico ricorso, hanno dedotto i seguenti motivi:
4.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

628

COD. PEN.

in quanto, il fatto

commesso, avrebbe dovuto essere qualificato come furto aggravato e
non come rapina impropria atteso che la violenza, così come ravvisata,
non si era «palesata nelle forme dell’estrinsecazione di energia fisica
idonea ad impedire al derubato di ritornare in possesso della cosa
sottrattagli ovvero a procurare l’impunità dell’agente» essendosi le
a
ricorrenti limitate «frapporre il proprio corpo all’intervento delle pp.00
attraverso una condotta che è definibile come meramente passiva e del
tutto inidonea a costituire ostacolo e, quindi, ad integrare la violenza di
cui alla fattispecie astratta»;
4.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

133

COD. PEN.

per non avere la Corte

mitigato il trattamento sanzionatorio.
DIRITTO
1. LEOPOLDO Mariarosaria
Il ricorso proposto da costei è manifestamente infondato essendo
generico ed aspecifico rispetto alla motivazione addotta dalla Corte la
quale ha rilevato che «il gravame non discute del fatto alle appellanti
(attribuzione, peraltro, suffragata da una confessione e da
testimonianze convergenti e di segno univoco) bensì la qualificazione
giuridica». Non è chiaro, infatti, sulla base di quali elementi l’imputata

2

3.

sostenga la sua estraneità al fatto per il quale è stata condannata in
concorso con le altre ricorrenti.

2. LEOPOLDO Giuseppina – SODANO Maria
2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 628 COD. PEN.: il fatto è quello descritto nel
«che

custodiva materialmente il prodotto trafugato guadagnava l’uscita, le
due complici, al fine di assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa
sottratta, sbarravano fisicamente la strada alle inseguitrici, costrette a
vincere con estrinsecazione di energia fisica l’ostacolo in tal modo
venutosi a frapporre per riprendere l’inseguimento e bloccare la terza
donna» (cfr capo d’imputazione).
La doglianza dedotta dalle ricorrenti, incontestata la materialità del
fatto, deve allora ritenersi infondata alla stregua della consolidata
giurisprudenza di questa Corte secondo la quale «In tema di delitto di
rapina, configura la violenza alla persona, quale elemento materiale
della rapina impropria, il frapporre un ostacolo all’autonomia psico-fisica
della vittima, in modo tale da impedire alla stessa l’inseguimento del
rapinatore, così da assicurare a quest’ultimo il possesso della cosa
sottratta e/o l’impunità»: Cass. 39941/2002 Rv. 222847; Cass.
1176/2012 riv. 254126.
Sul punto, infatti, questa Corte, ha chiarito che «il concetto di
violenza, presupposto dell’art. 628, cm. 2, C.P., ai fini della
configurazione della rapina impropria, non va inteso, come affermano i
ricorrenti, nel senso ristretto della esplicazione di un’energia fisica
direttamente sulla persona del derubato, la quale soltanto varrebbe a
delineare l’elemento specializzante del delitto di cui all’art. 628, cpv,
C.P.; il significato tenuto presente dalla norma, cioè, non va equiparato
restrittivamente a quello della violenza fisica intesa come coazione
materiale dinamicamente esercitata sulla persona offesa, da parte
dell’agente o del concorrente, allo scopo di assicurarsi il possesso della
cosa sottratta ovvero di procurare a sè o ad altri l’impunità. La nozione
di violenza deve invece farsi rientrare nella ampia accezione tecnicogiuridica, riconducibile piuttosto alla ipotesi criminosa dell’art. 610 C.P.,

3

capo d’imputazione e cioè che, mentre una delle tre imputate

e quindi in qualsiasi atto o fatto posto in essere dall’agente che si risolva
comunque nella coartazione della libertà fisica o psichica del soggetto
passivo che viene così indotto, contro la sua volontà, a fare, tollerare o
omettere qualche cosa indipendentemente dall’esercizio su di lui di un
vero e proprio costringimento fisico. La rapina impropria si distingue,

consiste, appunto, nell’intento di assicurarsi il possesso della cosa
ovvero l’impunità, esulando da quello generale di cui all’art. 610 C.P.,
volto ad incidere sulla libertà di autodeterminazione dell’individuo:
quest’ultimo reato ha, infatti, natura sussidiaria, nel senso che, intanto
può sussistere, in quanto l’agente non sia animato da un dolo specifico
alla stregua del quale si configuri altro reato. Ricorre, pertanto, la
violenza idonea a configurare la rapina impropria contestata ai
ricorrenti, benché non vi sia stato contatto fisico con la vittima, ne’ si sia
verificata l’estrinsecazione di un’energia fisica diretta a coartarne la
libertà personale, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini della
consumazione del delitto in esame, che sia stato frapposto un ostacolo,
nello ambito dell’autonomia psico-fisica della stessa vittima, per indurla
ad astenersi dall’inseguimento del ladro. Simile ostacolo, ove non fosse
stato strumentale ad assicurare il possesso della cosa sottratta e/o
l’impunità sarebbe valso in effetti ad integrare gli estremi dal delitto ex
art. 610 C.P., costituendo comunque una forma di coartazione della
libertà psichica del soggetto passivo alla cui tutela è essenzialmente
preordinata la relativa fattispecie penale, salvo che per il dato specifico
non ricorre una diversa e speciale ipotesi di reato, come è avvenuto nel
caso in esame».

2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

133

COD. PEN.:

la censura è del tutto

generica tanto più ove si consideri che, sul punto, nulla era stato
neppure dedotto con i motivi di appello.

3. In conclusione, l’impugnazione della sola Leopoldo Maria
Rosaria deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per
manifesta infondatezza, nel mentre quella delle restanti imputate

4

però, dalla violenza privata, in quanto il fine specifico della violenza

dev’essere rigettata: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna di tutte e tre le ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e della sola ricorrente Leopoldo Maria Rosaria
anche al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una
somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si

P.Q. M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso di Leopoldo Maria Rosaria che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende;
RIGETTA
il ricorso di Leopoldo Giuseppina e Sodano Maria che condanna al
pagamento delle spese processuali,
Roma 10/01/2014
RESIDENTE
(Dott. S
IL CONSIGLIER
47
E
(Dott. G. Rag

o Carmenini)

determina equitativamente in C 1.000,00.

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