Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9041 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9041 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
BUDA GIUSEPPE nato il 31/05/1977, avverso la sentenza del
18/01/2013 della Corte di Appello di Catania;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Maurizio Abbascià che ha concluso per
raccoglimento del ricorso
FATTO
1. Con sentenza del 18/01/2013, la Corte di Appello di Catania
confermava la sentenza con la quale, in data 11/06/2012, il Tribunale
della medesima città aveva ritenuto BUDA Giuseppe colpevole del delitto
di estorsione aggravata ex art. 628/2-3 cod. pen. e art. 7 L. 203/1991
ai danni di Catalano Luigi.

Data Udienza: 10/01/2014

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
2.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

7

L.

203/1991 per avere

la Corte

territoriale desunto la mafiosità della minaccia sulla base di mere

percepito la condotta posta in essere dal ricorrente come mafiosa, né le
stesse conversazioni intercettate avevano fornito elementi di riscontro;
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 628/3 N° 1 COD. PEN. per avere la Corte
ritenuto la sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite,
nonostante l’altro individuo che aveva accompagnato l’imputato si fosse
tenuto in disparte;
2.3. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 62 BIS – 133 COD. PEN. per non avere la
Corte concesso le attenuanti generiche con motivazione apparente e,
quindi, per non avere inflitto un più mite trattamento sanzionatorio.
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DELL’ART.

7 L. 203/1991: la Corte tratta della

configurabilità della suddetta aggravante a pag. 3 ss e disattende il
gravame proposto dall’imputato, alla stregua di un corposo ed univoco
compendio probatorio.
In questa sede, il ricorrente, non ha fatto altro che riproporre, in
pratica, le medesime censure di merito già dedotte in sede di appello
(cfr pag. 2 della sentenza impugnata) ma disattese dalla Corte con
motivazione, in punto di fatto, ampia, congrua ed adeguata e, in punto
di diritto, del tutto conforme alla giurisprudenza di questa Corte di
legittimità puntualmente richiamata (cfr pag. 4 sentenza impugnata).
Di conseguenza, le censure riproposte con il presente ricorso,
vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa
sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese
incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal

2

congetture, senza considerare che la stessa parte offesa non aveva

ricorrente, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova
rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata
infondata.
In altri termini, le censure devono ritenersi infondate in quanto la
ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta

plausibile opinabilità di apprezzamento»:

infatti, nel momento del

controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile
ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso
comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745;
Cass. 2436/1993 rv 196955.
Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come
vizio denunciabile, dev’essere percepibile ictu °cuti, dovendo il sindacato
di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando
ininfluenti le minime incongruenze: ex plurimis SSUU 24/1999.

2.

VIOLAZIONE DELL’ART. 628/3 N° 1 COD. PEN.: la Corte – a pag. 6

della sentenza impugnata – ha disatteso la medesima censura
spiegando, in punto di fatto, le ragioni per le quali la tesi difensiva
dell’imputato era infondata.
Si tratta di una valutazione di merito che, in quanto congruamente
motivata, non si presta ad alcuna censura in questa sede di legittimità:
la conseguenza giuridica che la Corte ne ha tratto è, quindi, corretta e
conforme alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità.

3. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 62 BIS – 133 COD. PEN.: anche la suddetta

censura va ritenuta infondata in quanto la motivazione addotta dalla
Corte territoriale a pag. 7, deve ritenersi ampia, congrua e logica e,
quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato
correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di
merito in ordine al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle

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deve ritenersi compatibile con il senso comune e con «i limiti di una

attenuanti generiche atteso che la Corte ha anche motivato in ordine ai
pretesi elementi a favore dell’imputato (confessione).
P.Q.M.
RIGETTA

CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

il ricorso e

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