Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9036 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9036 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Monica,

Alberghini

nata a Bologna il 21.3.1964, avverso la

sentenza della Corte di Appello di Bologna, in data
18 gennaio 2013, di parziale riforma della sentenza
del Tribunale di Bologna, in data 14 aprile 2011;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Fulvio Baldi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito, per la parte civile O.M.P. s.r.1., l’avv.

Data Udienza: 10/01/2014

Marco Capucci, che ha chiesto il rigetto del
ricorso e ha depositato conclusioni e nota spese;
Udito il difensore, avv. Antonio Lombardo, in
sostituzione dell’avv. Gabriele Bordoni, che ha
chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Il Tribunale di Bologna, con sentenza in data 14
aprile 2011, dichiarava Alberghini Monica colpevole
del delitto di truffa continuata, per avere,
secondo il capo di imputazione, con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso poste in
essere quale dipendente della ditta O.M.P. s.r.1.,
con i raggiri di assentarsi dal lavoro adducendo,
mediante la presentazione di certificati medici,
ragioni di salute, quando all’opposto effettuava
prestazioni lavorative per la Alubox s.r.1.,
inducendo in errore il legale rappresentante della
O.M.P. s.r.l. sulle ragioni di assenza dal
servizio, si procurava l’ingiusto profitto di
mantenere il posto di lavoro presso la O.M.P. con
pari danno ingiusto della stessa società.
In esito all’appello dell’imputata, la Corte di
Appello di Bologna, con sentenza in data 18 gennaio
2013, parzialmente riformando la decisione del
primo giudice, riqualificava i fatti contestati

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

quale reato di truffa tentata, in quanto nessun
danno patrimoniale può dirsi provato in capo alla
parte offesa, non essendo stato corrisposto alla
Alberghini alcun emolumento, e rideterminava la
pena in mesi tre giorni dieci di reclusione ed euro

Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputata, deducendo i seguenti motivi:
l)

Nullità

della

sentenza per difetto

di

contestazione ex artt. 521 e 522 c.p.p.
Il ricorrente lamenta il mutamento radicale del
fatto contestato che ha impedito all’imputata di
difendersi.
2) contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione,
considera

in quanto la sentenza impugnata non
dirimente

la

circostanza

della

effettività della malattia dell’imputata, mentre
l’accertamento in merito dovrebbe considerarsi
essenziale, poiché se le certificazioni prodotte
dall’imputata fossero aderenti alla realtà, essa
avrebbe avuto il diritto di assentarsi dal lavoro,
esponendosi soltanto a rilievi lavoristici e
previdenziali, essendo indifferenti le ragioni che
l’avevano condotta altrove.
3)

travisamento del fatto,

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in quanto non solo

100 di multa.

l’imputata non ha percepito alcunché dalla parte
civile, ma neppure ha mai chiesto alcun versamento
in relazione al perdurare del rapporto, così che il
suo comportamento non può essere ritenuto non
equivocamente destinato ad ottenere rimesse

in favore di quest’ultima “riposa sulla mera
immaginazione”.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati
ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e
devono essere dichiarati inammissibili.
Il motivo di ricorso con il quale si lamenta il
mutamento radicale del fatto è manifestamente
infondato, in quanto lo stesso difensore appellante
aveva chiesto la derubricazione del reato di truffa
consumata in quella tentata (v. pag. 9 della
sentenza appellata), di modo che sul punto non solo
vi è stato un ampio contraddittorio, ma addirittura
è stata accolta una specifica richiesta difensiva.
Le illogicità e i travisamenti denunciati con gli
altri motivi di ricorso sono manifestamente
insussistenti, in quanto la sentenza impugnata ha
ritenuto i certificati medici utilizzati
dall’imputata per giustificare le sue assenze dal

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economiche dalla O.M.P. s.r.l. e il danno liquidato

lavoro “ideologicamente falsi” e ciò “quale che
fosse il convincimento del medico che li
rilasciava”; mentre, per quanto riguarda l’idoneità
degli atti compiuti dall’imputata al fine di
ottenere dal vecchio datore di lavoro emolumenti

precisato che “soltanto la decisione
dell’originario datore di lavoro di non
corrispondere alcunché alla propria dipendente, di
cui subodorava la malizia, ostacolò il
raggiungimento di detto scopo”.
La sentenza impugnata, inoltre, diversamente da
quanto affermato dal ricorrente, non ha liquidato
alcun danno, rinviando alla sede civile
l’accertamento della sussistenza di danni non
strettamente patrimoniali (non essendo stata
provata la configurabilità di danni patrimoniali ai
fini penalistici), quale ad esempio un danno
all’immagine.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene

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che più non le spettavano, la stessa sentenza ha

equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Le spese a favore della parte civile devono essere
liquidate come da dispositivo, tenuto conto della
complessità e del valore della causa.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende, nonché alla rifusione in favore della
parte civile O.M.P. s.r.l. delle spese del grado
che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 10 gennaio 2014.

P.Q.M.

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