Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9029 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9029 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

Data Udienza: 05/12/2012

SENTENZA
sul ricorso proposto da
LAVIGNA Giovanni, nato a San Giovanni in Fiore il 15/8/1958
avverso la sentenza del 12/1/2012 della Corte di appello di Catanzaro, che ha
confermato la sentenza del 16/5/2011 del Tribunale di Castrovillari con la quale,
dichiarato non doversi procedere in ordine al reato contestato al capo A) con
riferimento all’anno d’imposta 2002, il sig. Lavigna è stato condannato alla pena
di un anno e otto mesi di reclusione perché colpevole del reato contestato al
capo B) e previsto dall’art.2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 per avere indicato
nella dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2003 elementi passivi fittizi
pari a 154.937,07 euro mediate il ricorso a fatture e documenti relativi a
operazioni inesistenti.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Alfredo
Montagna, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12/1/2012 la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la sentenza del 16/5/2011 del Tribunale di Castrovillari con la quale,
dichiarato non doversi procedere in ordine al reato contestato al capo A) con

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riferimento all’anno d’imposta 2002, il sig. Lavigna è stato condannato alla pena
di un anno e otto mesi di reclusione perché colpevole del reato contestato al
capo B) e previsto dall’art.2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 per avere indicato
nella dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2003 elementi passivi fittizi
pari a 154.937,07 euro mediante il ricorso a fatture e documenti relativi a
operazioni inesistenti.
2.

I giudici di primo grado hanno ritenuto che le prove in atti consentano di

affermare con certezza che la società “Stilauto” amministrata dal ricorrente abbia

società estera e abbia utilizzato fatture per operazioni inesistenti risultate
emesse dalla ditta “Belmonte Car”.
3. La Corte di appello ha respinto i motivi d’impugnazione coi quali si
contestava l’esistenza delle condotte illecite e si invocava in ogni caso la buona
fede dell’imputato, nonché i motivi d’impugnazione concernenti il trattamento
sanzionatorio.
4. Avverso questa decisione il sig.Lavigna propone ricorso personalmente, in
sintesi lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e
nullità del capo d’imputazione per genericità del medesimo, questione
sottoposta al primo giudice e sollevata coi motivi d’appello ma del tutto
ignorata dalla Corte di appello;

b. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.c) cod.proc.pen. in
relazione agli artt.191 e 234 cod. proc. pen., nonché art.220 disp. att. cod.
proc. pen. con riferimento alla utilizzazione del verbale di constatazione
redatto dalla Guardia di Finanza;
c.

Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e vizio
motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con riferimento alla
insussistenza dei fatti e delle condotte contestate, anche alla luce di due
circostanze essenziali: 1) nessuna ipotesi di reato è stata prospettata a carico
dei titolari della ditta Belmonte, ditta che avrebbe emesso le fatture per
operazioni inesistenti, e che nessun accertamento specifico è stato effettuato
presso tale ditta, come dichiarato dai verbalizzanti in corso di dibattimento
(m.11o Rosanova, udienza 5/5/2009); 2) in nessun conto è stato tenuto
quanto riferito dal consulente di parte, dr. Attanasio (ud.18/10/2010);

d. Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con riferimento
al trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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fatto ricorso a una “triangolazione” per mascherare l’acquisto di vetture da

1. La Corte ritiene che il ricorso non possa trovare accoglimento.
2. Quanto al primo motivo di ricorso, deve rilevarsi che la contestazione
mossa all’imputato risulta integrata dagli elementi depositati e che la difesa
proposta dall’imputato si è dimostrata articolata e piena, nonché in grado di
esaminare a sottoporre a critica gli specifici elementi che fondano l’accusa. Va,
dunque, escluso in concreto che si sia in presenza di una violazione del diritto
della persona imputata di difendersi conoscendo i fatti contestati e le disposizioni

3.

Quanto al secondo motivo di ricorso, la Corte richiama la propria

giurisprudenza in tema di utilizzabilità processuale del verbale di constatazione
redatto dalla Guardia di Finanza e in tema dei limiti di tale utilizzabilità (Sez.3,
n.6881/2009 del 18/11/2008, Ceragioli e altri, rv 242523). Sulla base dei
principi interpretativi così fissati, la Corte osserva che la sentenza impugnata ha
fornito sul punto una motivazione non meritevole di censure. I giudici di merito
hanno proceduto all’esame dibattimentale del verbalizzante; costui (pagg.8-10
del verbale di udienza 5/5/2009) ha riferito sugli elementi di fato rilevati, a
partire dalla non operatività della ditta Belmonte per giungere ai pagamenti
effettuati direttamente dal sig. Lavigna al fornitore estero e alla intestazione
diretta dei documenti di trasporto. Va, dunque, escluso che i giudici di merito
abbiano fatto cattivo utilizzo dei principi in tema di prova e abbiano fondato la
propria decisione su fonti ed elementi non utilizzabili.
4.

Con riferimento al terzo motivo di ricorso, la Corte premette che debbono

trovare qui applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di
legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, nonché in tema di travisamento del fatto che sono contenuti
nelle sentenze delle Sez.Un., n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996,
Fachini, rv 203767, e n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva
di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione
giurisprudenziale del principio secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra
tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv
234148). Ora, non appare revocabile in dubbio che i giudici di merito hanno
operato una valutazione complessiva degli elementi di prova, ritenendo che
l’utilizzo degli istituti commerciali sia stato piegato a finalità illecite e che sia
raggiunta la prova della “triangolazione” messa in opera e della violazione delle
leggi tributarie. Si tratta di valutazione di merito che, motivata in modo non
manifestamente illogico, non può essere censurata dal giudice di legittimità.

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che si assumono violate.

5. Neppure l’ultimo motivo di ricorso appare meritevole di accoglimento. La
parte conclusiva della motivazione affronta esplicitamente il tema proposto
dall’appellante e illustra le ragioni che conducono a confermare il trattamento
sanzionatorio applicato dal primo giudice. Si è in presenza di motivazione
coerente con la complessiva motivazione della sentenza e contiene valutazioni di
merito non censurabili in questa sede.
6. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto
e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Così deciso il 5/12/2012

del presente grado di giudizio.

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