Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9026 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9026 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
DEL SORBO Giuseppe, nato a Gragnano il 24/10/1966
avverso la sentenza del 26/10/2011 della Corte di appello di Napoli che ha
confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. di Gragnano,
del 24/6/2008, con la quale il ricorrente è stato condannato, previa applicazione
della recidiva contestata e della continuazione tra i reati, alla pena di un anno e
quattro mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multa per avere abusivamente
realizzato opere edilizie, in violazione dell’ordine di sospensione dei lavori,
eseguite in area soggetta a vincolo e dichiarata di notevole interesse pubblico e
senza rispettare la disciplina in materia antisismica e in materia di opere
cementizie; fatti accertati il 6/4/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Alfredo
Montagna, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26/10/2011 la Corte di appello di Napoli ha confermato
la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. di Gragnano, del
24/6/2008, con la quale il ricorrente è stato condannato, previa applicazione

Data Udienza: 05/12/2012

della recidiva contestata e della continuazione tra i reati, alla pena di un anno e
quattro mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multa per avere abusivamente
realizzato opere edilizie, in violazione dell’ordine di sospensione dei lavori,
eseguite in area soggetta a vincolo e dichiarata di notevole interesse pubblico e
senza rispettare la disciplina in materia antisismica e in materia di opere
cementizie; fatti accertati il 6/4/2007.
Avverso tale decisione il sig. Del Sorbo propone ricorso, in sintesi lamentando:

avere la Corte di appello ignorato l’assenza di prove del fatto che proprio il
ricorrente e non altri familiari abbiano realizzato l’abuso;
b. errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. per
avere i giudici di merito erroneamente ritenuto che l’area sia soggetta a
vincolo paesaggistico, posto che il T.A.R. con sentenza del 2010 e quindi il
Consiglio di Stato con sentenza dell’11/2/2011 hanno escluso che il territorio
del Comune di S.Maria la Carità sia interessato da vincolo;
c.

errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. per
avere i giudici di merito erroneamente ritenuto che le opere non costituissero
mero intervento di manutenzione e risanamento;

d.

mancata dichiarazione di prescrizione dei reati che, accertati il 6/4/2007,
risultano estinti per prescrizione alla data del 26/10/2011.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Con rifermento al primo motivo di ricorso la Corte osserva in via preliminare
che debbono trovare qui applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del
giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, nonché in tema di travisamento del fatto che sono
contenuti nelle sentenze delle Sez.Un., n.2120, del 23 novembre 1995-23
febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In
tale prospettiva di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione
giurisprudenziale del principio secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra
tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv

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a. errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. per

234148). Si è in presenza, infatti, di censure che attengono al merito della
decisione e che esulano dai limiti del giudizio di legittimità.
2. Anche il secondo motivo di ricorso risulta proposto fuori dai casi consentiti
in quanto propone questioni di fatto non sollevate con i motivi di appello e,
dunque, presentate a questa Corte in violazione del disposto dlel’ultimo comma
delVart.606 cod. proc. pen.
3. Il terzo motivo di ricorso va considerato manifestamente infondato e viziato

esaminato puntualmente la questione proposta dal ricorrente ed esposto in modo
chiaro e convincente le ragioni che escludono che le opere possano essere
qualificate come intervento di manutenzione risanamento. A fronte di tale
valutazione, che si fonda sull’accertamento in concreto delle caratteristiche
dell’intervento, il ricorrente non propone elementi di valutazione ulteriori e trova
così applicazione il principio interpretativo secondo cui si considerano generici con riferimento al disposto degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591, comma
primo, lett, c) c.p.p. -, i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità
le medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di
primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di
appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati. Si tratta di
interpretazione costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed
espressa, da ultimo, con la sentenza della Sez.6, n.22445 del 2009, P.M. in
proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che

“e’ inammissibile per

genericità il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed
argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo
disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato’.
4. Quanto, infine all’ultimo motivo di ricorso, è evidente che pe ri fatti
commessi nell’anno 2007 operano i termini prescrizionali fissati dalla legge n.351
del 2005, con la conseguenza che per i fatti contravvenzionali in esame opera il
termine ordinario di quattro anni e che lo stesso, attesa la presenza di atti
interruttivi, va fissato in cinque anni; viene, dunque, a spirare in data 6/4/2012,
successiva alla sentenza di appello.
Alla inammissibilità originaria del ricorso consegue la non rilevanza in questa
sede dell’avvenuta maturazione dei termini massimi di prescrizione del reato in
epoca successiva alla sentenza impugnata (Sez.Un., n.32 del 22 novembre-22
dicembre 2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv
219531; n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164).

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da sostanziale genericità. Sia la prima sentenza che quella di appello hanno

5. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/12/2012

P.Q.M.

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