Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9025 del 05/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 9025 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASTELLANA STEFANO N. IL 08/08/1953

LEeeE-

avverso la sentenza n. 1537/2006 CORTE APPELLSEZ.DIST. di
TARANTO, del 15/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per t
te- IltiL
Chrfr9

N:te Q._

etZ.

it

e

,tzto?

Data Udienza: 05/11/2013

1

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Lecce – sez. Taranto, con la sentenza
indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di
Taranto che, in data 15 marzo 2006, aveva dichiarato l’odierno
ricorrente colpevole di concorso in estorsione continuata in danno di
CARMINE GISONNA (fatti commessi in Palagiano fino all’8 giugno

2.

Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un

difensore iscritto all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, risultante dal provvedimento impugnato nonché dal
verbale di esame dibattimentale della p.o. (udienza 15 marzo 2006) e
dall’atto di transazione allegato ai motivi di appello (lamenta
travisamento della prova e contraddittorietà delle dichiarazioni della
p.o. GISONNA(che non allega, ma iitCp=afferma di aver trascritto in a:A ìv..
ricorsí, che non avrebbe in realtà k&t detto di aver sottoscritto l’atto
transattivo de quo perché intimorito da minacce, e si sarebbe in più
punti contraddetto; lamenta, inoltre, che non sia stato considerato un
successivo atto transattivo, siglato in data 13 ottobre 2010, ovvero
oltre tre anni dopo i fatti oggetto delle imputazioni; lamenta, infine,
che la frase asseritamente profferita – «non sai chi sta dietro di
me>> – evocava, corna la stessa p.o. avrebbe ammesso in
dibattimento, l’esistenza di una società finanziaria, non certo minacce
di incendio od altro; non si sarebbe neanche tenuto conto
dell’archiviazione di una prima denunzia per usura).

3.

All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità

degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato> (Sez. VI, sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio
2013, CED Cass. n. 254584).

2.1.3. Risulta, pertanto, evidente che, «se il motivo di ricorso si
limita a riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina
all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la
quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento),
posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora
formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica
critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. Nè tale forma di
redazione del motivo di ricorso (la riproduzione grafica del motivo

10

4

sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di

11
d’appello) potrebbe essere invocata come implicita denuncia del vizio
di omessa motivazione da parte del giudice d’appello in ordine a
quanto devolutogli nell’atto di impugnazione. Infatti, quand’anche
effettivamente il giudice d’appello abbia omesso una risposta,
comunque la mera riproduzione grafica del motivo d’appello condanna
il motivo di ricorso all’inammissibilità. E ciò per almeno due ragioni. È
censura di merito. Ma soprattutto (il che vale anche per l’ipotesi delle

necessaria specifica e argomentata denuncia del vizio di omessa
motivazione (e tanto più nel caso della motivazione cosiddetta
apparente che, a differenza della mancanza “grafica”, pretende la
dimostrazione della sua mera “apparenza” rispetto ai temi
tempestivamente e specificamente dedotti); denuncia che, come
detto, è pure onerata dell’obbligo di argomentare la decisività del vizio,
tale da imporre diversa conclusione del caso».

2.1.4. Può, pertanto, concludersi che «la riproduzione, totale o
parziale, del motivo d’appello ben può essere presente nel motivo di
ricorso (ed in alcune circostanze costituisce incombente essenziale
dell’adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso), ma solo
quando ciò serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con
autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che, ancora
indefettibilmente, si riferisce al provvedimento impugnato con il ricorso
e con la sua integrale motivazione si confronta. A ben vedere, si tratta
dei principi consolidati in materia di “motivazione per relazione” nei
provvedimenti giurisdizionali e che, con la mera sostituzione dei
parametri della prima sentenza con i motivi d’appello e della seconda
sentenza con i motivi di ricorso per cassazione, trovano piena
applicazione anche in ordine agli atti di impugnazione»

(Sez. VI,

sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n.
254584).

LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA D’APPELLO
3. Anche il giudice d’appello non è tenuto a rispondere a tutte le
argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono

11

censure in diritto contenute nei motivi d’appello) non è mediata dalla

12
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione
effettuata (per tutte, Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 1307 del 26
settembre 2002 – 14 gennaio 2003, CED Cass. n. 223061).

3.1.

In presenza di una doppia conforma affermazione di

della sentenza d’appello

per relationem

a quella della decisione

impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di
primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli
già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello,
nell’effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si
regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni
sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle
quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute
esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente
censurate.
In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di
appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato
organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento
per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici
dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli
usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle
determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione,
sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito
costituiscano una sola entità (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 1309 del
22 novembre 1993 – 4 febbraio 1994, CED Cass. n. 197250; Sez. III,
sentenza n. 13926 del 10 dicembre 2011 – 12 aprile 2012, CED Cass.
n. 252615).

L’AFFERMAZIONE DI RESPONSABILITA’ <>.
4. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzio n e
«oltre ogni ragionevole dubbio», presente nel testo novella

12

responsabilità, va, peraltro, ritenuta l’ammissibilità della motivazione

13
dell’art. 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione
inerente all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è opportuno
evidenziare che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal diritto
anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale
della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua
valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha

una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in
precedenza, il «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza
dell’imputato ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma
dell’art. 530, comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un
diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a
quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito
il principio, già in precedenza immanente nel nostro ordinamento
costituzionale ed ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla
giurisprudenza di questa Corte Suprema – per tutte, Sez. un., sentenza
n. 30328 del 10 luglio 2002, CED Cass. n. 222139 -, e solo
successivamente recepita nel testo novellato dell’art. 533 c.p.p.),
secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza
processuale assoluta della responsabilità dell’imputato (Cass. pen.,
Sez. IL sentenza n. 19575 del 21 aprile 2006, CED Cass. n. 233785;
Sez. II, sentenza n. 16357 del 2 aprile 2008, CED Cass. n. 239795).
In argomento, si è più recentemente, e conclusivamente, affermato
(Sez. II, sentenza n. 7035 del 9 novembre 2012 – 13 febbraio 2013,
CED Cass. n. 254025) che «La previsione normativa della regola di

giudizio de/I’ “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che trova
fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza,
non ha introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione
della prova ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui
la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della
responsabilità dell’imputato».

13

4(
r

14

IL RICORSO
5. Alla luce di queste necessarie premesse va esaminato l’odierno
ricorso, in toto inammissibile/ in parte per genericità e manifesta
infondatezza, in parte perché formulato per motivi non consentiti.

5.1. Invero, il ricorrente ha reiterato più o meno pedissequamente
doglianze già costituenti oggetto di appello e già disattese dalla Corte

argomentativo seguito dalla sentenza impugnata, che, con rilievi
esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa
sede, richiamando anche la sentenza di primo grado, come è
fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di
responsabilità, ha compiutamente indicato le ragioni poste a
fondamento dell’affermazione di responsabilità, valorizzando
essenzialmente le dichiarazioni della p.o., motivatamente ritenute
attendibili e non contraddittorie (si precisa, al riguardo, che ag&
doglianza sarebbe stata, comunque, generica, non essendo specificato
in concreto perché le sue dichiarazioni sarebbero contraddittorie).
La p.o. (come in particolare riportato nella sentenza di primo
grado) aveva ricordato di aver ricevuto in officina la visita del
CASTELLANA, che era in compagnia di due persone sconosciute (la cui
presenza era di per sé oggettivamente atta a contribuire ad intimidire
la p.o., e non è stata altrimenti giustificata dall’imputato), e gli aveva
intimato di sottoscrivere un atto di transazione con rinunzia ad opporsi
al decreto ingiuntivo emesso in danno dello stesso GISONNA per una
cifra particolarmente elevata (e la non giustiziabilità della pretesa
appare del tutto evidente), dicendogli «tu non sai chi c’è dietro di
me>>, espressione motivatamente ritenuta intimidatoria da entrambi i
giudici di merito, con rilievi non censurabili in questa sede, e che come
tale fu immediatamente percepita dalla p.o., che la intese come
evocante rischi per l’officina (che avrebbe potuto essere incendiata) od
altri possibili «dispetti».
Nessun travisamento si è dunque verificato od è stato
documentato: le frasi dette dall’imputato sono state puntualmente
riportate in sentenza, ed interpretate logicamente ed

14

di appello, senza adeguatamente confrontarsi con il percorso

15
incensurabilmente in questa sede, di tal che appare del tutto arbitraria
la contraria interpretazione pro domo sua proposta dalla difesa, sulla
base di personali ed indimostrate congetture.
Né può attribuirsi rilievo alla transazione pure evocata dalla difesa,
intervenuta ben tre anni dopo i fatti, ovvero quando la contestata

5.2. Non può porsi in questa sede la questione della declaratoria
della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello,
in considerazione della totale inammissibilità del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte
chiarito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione «non consente

il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 cod. proc. pen.» (Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 32 del
22 novembre 2000, CED Cass. n. 217266: nella specie, l’inammissibilità
del ricorso era dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, e la
prescrizione del reato era maturata successivamente alla data della
sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. un., sentenza n.
23428 del 2 marzo 2005, CED Cass. n. 231164, e Sez. un., sentenza n.
19601 del 28 febbraio 2008, CED Cass. n. 239400).

LE STATUIZIONI ACCESSORIE.
6. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché – apparendo evidente che egli ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa
(Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto
dell’entità di dette colpe – della somma di Euro mille in favore della c_…….
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

15

estorsione si era senz’altro consumata.

16
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, udienza pubblica 5 novembre 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA