Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9023 del 27/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9023 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SUTERA LEO N. IL 18/01/1950
avverso l’ordinanza n. 6582/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 09/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 27/10/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 9 gennaio
2015, ha respinto il reclamo avverso il decreto emesso il 6 agosto 2014 del
Ministro della Giustizia di applicazione del regime detentivo di cui all’art.
41-bis Ord. Pen. nei confronti di Sutera Leo, in posizione giuridica di
appellante avverso sentenza di condanna, all’esito di giudizio abbreviato,
alla pena di anni sei di reclusione per associazione per delinquere di tipo

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione
Sutera tramite il difensore di fiducia, il quale deduce violazione dell’art. 41bis legge n. 354 del 1975 e carenza e illogicità della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
L’art. 41-bis, comma 2, della I. n. 354 del 1975, modificato, da ultimo,
dall’art. 2, comma 25, lett. b) e c), della I. 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce
che il Ministro della giustizia, nei confronti dei detenuti per delitti di mafia,
in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di
collegamenti con un’associazione criminale, può sospendere l’applicazione
delle regole ordinarie del trattamento penitenziario, se esse si pongano in
concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.
Avverso il provvedimento applicativo del predetto regime penitenziario il
detenuto ovvero il difensore possono proporre reclamo al tribunale di
sorveglianza di Roma e l’ordinanza del tribunale, che decide sul reclamo, è
ricorribile per cassazione.
L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è segnato dal
comma 2-sexies [recentemente sostituito dall’art. 2, comma 25, lett. h), I.
n. 94 del 2009, cit.] del novellato art.

41-bis, a norma del quale il

Procuratore nazionale antimafia, il Procuratore della Repubblica che procede
alle indagini preliminari, il Procuratore generale presso la Corte d’appello, il
detenuto, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni della
sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale
“per violazione di legge”.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso,
oltre che all’inosservanza delle disposizioni di legge sostanziale e
processuale, all’inesistenza della motivazione, dovendo in tale vizio essere
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mafioso, aggravata dal ruolo di capo-promotore.

ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto di risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il
filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificato il
trattamento penitenziario differenziato, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che sorreggono la
decisione (c.f.r.,

ex multis,

Sez. 6, n. 7651 del 14/01/2010,

dep. 25/02/2010, Mannino, Rv. 246172).
E’, invece, da escludere che la violazione di legge possa ricomprendere il
vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

2. Alla luce dei predetti principi, il Collegio osserva che il ricorso
denuncia una violazione di legge e una carenza di motivazione
manifestamente insussistenti, posto che il Tribunale di sorveglianza ha
adeguatamente illustrato la capacità di Sutera (da non confondere con gli
effettivi contatti criminali evitati proprio dal regime penitenziario
contestato) di mantenere i legami con l’associazione criminale di
appartenenza, pur nello stato detentivo, come emerso dalle informazioni
degli organi qualificati (note della DIA, della DDA di Palermo e del Comando
Generale dell’Arma dei Carabinieri) circa il profilo criminale e la posizione di
vertice di Sutera come rappresentante del mandamento di Sambuca di
Sicilia, partecipante ad incontri e riunioni con altri esponenti di vertice di
“Cosa Nostra” delle province di Agrigento e Palermo; è stata, inoltre,
rilevata la perdurante operatività del sodalizio criminale e le recenti azioni
della criminalità organizzata nel contesto territoriale di interesse, con la
ripresa della lotta tra i clan e l’uccisione di più agenti di polizia
penitenziaria.
Correttamente, dunque, sulla base dei parametri elencati nell’art. 41bis, comma 2-bis, Ord. Pen., e non in violazione di tale norma, è stata
ritenuta giustificata la sospensione delle regole di trattamento e degli
istituti previsti dalla legge penitenziaria; mentre il ricorso, richiamando i
documenti prodotti dalla difesa che si assumono ignorati dal Tribunale,
sollecita una rivalutazione di merito, non consentita in questa sede, dei
ritenuti indici di pericolosità qualificata del detenuto, che escluderebbe la
sua attuale capacità di esercitare un ruolo criminale dall’interno del carcere.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto, ai
sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad

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escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
cost. sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il
minimo e il massimo previsti, in euro mille.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

delle ammende.
Così deciso il 27 ottobre 2015.

delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa

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