Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9020 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9020 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FIALE ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) EL JEMLI SAID N. IL 19/07/1986
avverso la sentenza n. 212/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
20/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ti•Ato fioyficao
che ha concluso per
kt Nt910 id. ^,tutv,4

Udito, pe a parte c . e, l’Avv
U

difen Avv.

Data Udienza: 27/11/2012

La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 20.3.2012, in parziale riforma
della sentenza 21.7.2011 del G.I.P. del Tribunale di Mantova:
a) ha ribadito l’affermazione della responsabilità penale di El 3amli Said in ordine al
reato di cui:
— all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 [per avere illecitamente detenuto a fini di spaccio
sostanza stupefacente del tipo hashish (corrispondente a 45.319 dosi medie
singole) e del tipo cocaina (corrispondente a 374 dosi medie singole) – acc. in
Castiglione delle Stiviere, 1’11.2.2011]
b) ha rideterminato la pena principale in anni 5, mesi 4 di reclusione ed euro 18.000,00
di multa, infliggendo le pene accessorie di legge non applicate dal giudice di primo grado;
c) ha confermato la disposta espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato a pena
espiata.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, il quale ha
eccepito vizio di motivazione in ordine:
— alla quantificazione della pena-base;
— al denegato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;
— all’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato a pena
espiata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, perché tutte le doglianze anzidette sono infondate.
1. La pena-base risulta motivatamente correlata ai criteri direttivi di cui all’art.
133 cod. pen. (oggettiva entità della condotta illecita e personalità negativa
dell’imputato, gravato anche da precedenti penali).
2. Le attenuanti generiche, nel nostro ordinamento, hanno Io scopo di allargare le
possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole al reo, in considerazione di
situazioni e circostanze particolari che effettivamente incidano sull’apprezzamento
dell’entità del reato e della capacità di delinquere dell’imputato. Il riconoscimento di esse
richiede, dunque, la dimostrazione di elementi di segno positivo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la concessione o il diniego
delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui
esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a
far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento
della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni
difensive dell’appellante – non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi,
favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità
_ del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della
concessione o dei diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur
in carenza di stretta contestazione.
Nella fattispecie in esame, la Corte di merito, nel corretto esercizio del potere
discrezionale riconosciutole In proposito dalla legge, ha dato conto della carenza di
congrui elementi di segno positivo, attribuendo rilevanza decisiva alla gravità dei fatti ed
alla reiterazione nel tempo di condotte delittuose analoghe.
3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure di sicurezza, il
giudice, nell’emettere sentenza di condanna a carico dello straniero per uno dei reati
indicati nell’art. 86 del d.P.R. n. 309/1990, deve, prima di applicare la misura
dell’espulsione dal territorio dello Stato, accertare la sussistenza in concreto della
pericolosità del condannato e darne adeguata motivazione.
A ciò i giudici del merito, nella vicenda in esame, hanno puntualmente
ottemperato, illustrando la pericolosità del condannato alla stregua della gravità

a

RITENUTO IN FATTO

dell’attività illecita di corriere della droga posta in essere non casualmente e reiterata nel
tempo.
4. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle
spese del procedimento.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 27.11.2012

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