Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9019 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9019 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FIALE ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MINOCCHERI BERNARDO LUIGI N. IL 16/12/1954
avverso la sentenza n. 2410/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Nido ~MIA
che ha concluso per
‘\f10441

‘Uttvgi

Udito, per parte civi
Ud. difenso vv.

Avv

Data Udienza: 27/11/2012

La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 17.11.2011, in parziale riforma
della sentenza 13.4.2011 pronunziata dal G.I.P. del Tribunale di quella città in esito a
giudizio celebrato con il rito abbreviato:
a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di Minoccheri Bernardo Luigi in
ordine ai reati di cui:
— all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 [per avere detenuto a fini di spaccio – mentre
viaggiava quale trasportato a bordo di un’autovettura condotta da Paolo Zerbini sostanze stupefacenti del tipo cocaina (corrispondente a circa 117,1 dosi medie
singole) e MDMA (corrispondente a circa 30,9 dosi medie singole) occultate
all’interno degli stivali indossati];
— all’art. 699, 2° comma, cod. pen. [ per avere portato fuori della propria
abitazione un tirapugni in acciaio con quattro noccole – acc. in Castel San Pietro,
In prossimità del casello dell’autostrada A14, il 19.10.2010];
b) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva,
essendo già stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen.,
rideterminava la pena principale in anni 4, mesi 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di
multa, applicando la pena accessoria temporanea dell’interdizione dai pubblici uffici.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato (Avv.to
Viviana Pellegrini), la quale ha eccepito:
— la inutilizzabilità delle dichiarazioni etero-indizianti rese da Paolo Zerbini, nei cui
confronti non erano state osservate le formalità di cui agli artt. 63 e 64 cod. proc. pen.,
nonostante dovesse ritenersi che lo stesso avesse assunto la qualità di persona
coindagata, in concorso con il Minoccheri, in ordine al reato di detenzione a fini di spaccio
di sostanze stupefacenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte (con sentenza n. 15208 del 25.2.2010) hanno
affermato che “le dichiarazioni della persona che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere
sentita nella qualità di indagata sono Inutilizzabili erga omnes e la verifica della
sussistenza di tale qualità va condotta non secondo un criterio formale (esistenza di una
notitia criminis, iscrizione nel registro degli indagati) ma secondo il criterio sostanziale
della qualità oggettivamente attribuibile al soggetto in base alla situazione esistente nel
momento in cui le dichiarazioni sono state rese”.
La sanzione delineata dal 2° comma dell’art. 63 c.p.p. – secondo il quale sono
inutilizzabili erga omnes le dichiarazioni assunte senza garanzie difensive presso un
soggetto che avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle
Indagini – opera, dunque, nei soli casi in cui, a carico dell’interessato, sussistano od
emergano indizi non equivoci di reità.
Nella fattispecie in esame, dopo il rinvenimento della droga celata negli stivali del
Minoccheri, lo Zerbini riferì alla polizia giudiziaria di non avere avuto conoscenza della
presenza in auto delle sostanze stupefacenti, di avere accompagnato Il Minoccheri, suo
amico di vecchia data, a Reggio Emilia, poiché quegli era sprovvisto di un’autovettura, e
di essersi limitato ad attenderlo allorché egli si era allontanato, a suo dire per motivi di
lavoro, per ritornare dopo pochi minuti (in tal modo – secondo la prospettazione della
difesa – egli avrebbe aggravato la posizione dell’odierno ricorrente addossandogli
responsabilità esdusiva in relazione a tutta la droga sequestrata, il che poi avrebbe
portato ad escludere la configurabilità dell’ipotesi attenuata dl cui al 5° comma dell’art.
73 del d.P.R. n. 309/1990).
Il G.I.P. aveva respinto l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni anzidette,
sul rilievo che la situazione oggettiva all’osservazione degli operanti ben poteva
avvalorare la tesi dell’estraneità dello Zerbini al reato commesso dall’amico, per cui nulla
ostava all’acquisizione delle spontanee dichiarazioni del primo.

RITENUTO IN FATTO

Anche la Corte di merito ha ritenuto che io Zerbini, al momento in cui fornì la
propria versione dei fatti, “non fosse raggiunto da elementi di tale pregnanza da imporne
la qualità di indagato”. Quel giudice ha testualmente argomentato al riguardo che “a

Trattasi di argomentazioni che razionalmente esdudono che a carico dello Zerbini
risultasse l’originaria esistenza di non equivoci indizi di reltà, dovendosi tenere conto che:
a) una condizione siffatta non può farsi automaticamente derivare dalla sola circostanza
che Il dichiarante risulti essere in qualche modo coinvolto in una vicenda potenzialmente
suscettibile di dare luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico; b) nessun
rilievo può attribuirsi, in proposito, ad eventuali sospetti od intuizioni personali
dell’investigatore che riceve le dichiarazioni.
L’accertamento riferito all’attribuibilità al dichiarante della qualità di indagato si
sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità e, nella vicenda in esame,
deve ritenersi la sussistenza di adeguata e logica motivazione sul punto.
Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 27.11.2012

fronte della circostanza, non univocamente significativa, dell’essersi trovato alla guida
dello stesso veicolo sul quale viaggiava il Minoccheri, si impone con incontrastata e
~ponderante evidenza il dato di fatto che lo stupefacente era tutto detenuto
esclusivamente dal Minoccheri e occultato in modo tale da renderlo invisibile agli occhi
dei terzi. Per di più non va dimenticato che il Minoccheri, in tale contesto, non addusse
alcuna spiegazione, al contrario dello Zerbini, che cercò da subito di chiarire la propria
posizione nella vicenda, peraltro rendendo dichiarazioni spontanee, ovvero non sollecitate
da domande”.

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