Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9018 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9018 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FIALE ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) DI VIRGILIO RONCI MASSIMILIANO N. IL 01/06/1972
avverso la sentenza n. 2231/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 16/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. tAikjo FRA4fitEtk..1
che ha concluso per

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Data Udienza: 27/11/2012

La Corte di appello dl L’Aquila, con sentenza del 16.1.2012 – in parziale riforma
della sentenza 19.5.2011 del G.I.P. del Tribunale di Sulmona, pronunziata in esito a
giudizio celebrato con II rito abbreviato ed appellata anche dal P.G. – ha ribadito
l’affermazione della responsabilità penale di Di Virgilio Ronci Massimiliano in ordine al
reato di cui:
— agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990 [per avere illecitamente detenuto, a fini di
spaccio, grammi 4.990,3 di sostanza stupefacente del tipo eroina – acc. in
Bugnara, il 18.9.2010];
e, escluso l’aumento per l’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/1990, ha
rideterminato la pena principale In anni dieci di reclusione ed euro 66.666,67 di multa,
applicando la pena accessoria dell’interdizione legale per la durata della pena detentiva.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, il quale ha
eccepito:
– – l’illegittimità del diniego della rinnovazione del dibattimento, richiesta al fine di
verificare, attraverso l’escussione di tutti i militari che avevano compiuto il sequestro
dello stupefacente, l’esatto quantitativo della sostanza sequestrata, in quanto l’eroina che
era stata sottoposta ad accertamento tecnico (grammi 4.990,3) era risultata maggiore di
circa 250 grammi rispetto a quella che era stata indicata in sede dl confezionamento del
“corpo di reato” (grammi 4.775,74).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.
Nel vigente codice di procedura penale la rinnovazione dell’istruzione nel giudizio
di appello – pur compatibile con il rito abbreviato – ha natura di istituto eccezionale
rispetto all’abbandono del principio di oralità nel secondo grado, ove vige la presunzione
che l’indagine probatoria abbia raggiunto la sua completezza nel dibattimento già
svoltosi.
L’ipotesi di rinnovazione del dibattimento prevista dal primo comma dell’art. 603
cod. proc. pen. riguarda prove preesistenti o già note alla parte ed è subordinata alla
condizione che il giudice di appello ritenga, secondo la sua valutazione discrezionale, di
non essere in grado di decidere allo stato degli atti (giudizio che, se sorretto da
motivazione adeguata, non è censurabile in sede di legittimità).
L’impossibilità di decidere allo stato degli atti può sussistere quando i dati probatori già
acquisiti siano incerti nonché quando l’incombente richiesto rivesta carattere di decisività
nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali suddette incertezze ovvero sia di per
sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza.
Nella fattispecie in esame – ove si è Rroceduto con rito abbreviato – la Corte di
merito ha considerato inammissibile la richiesta di esercizio dei poteri officiosi di
rinnovazione dell’istruttoria sui rilievi che:
– – non sussistevano ragioni per porre in dubbio l’identità tra la sostanza stupefacente
sequestrata all’imputato e quella assoggettata successivamente ad analisi presso il
laboratorio del nucleo investigativo dei Carabinieri;
— detta sostanza, al momento del confezionamento del “corpo di reato”, era stata
provvisoriamente pesata presso una farmacia del luogo di rinvenimento, sicché appariva
giustificata un’inesattezza del rilievo ponderale determinata dall’esecuzione rudimentale
del primo accertamento e dalla concitazione delle operazioni effettuate dalla polizia
giudiziaria;
– – la divergenza di peso, In ogni caso, doveva considerarsi sostanzialmente ininfluente
sulla valutazione dei fatti e non idonea a mutare il giudizio di gravità degli stessi.
Tale motivazione illustra razionalmente l’irrilevanza della prova e l’apprezzamento
di merito sulla rilevanza probatoria sfugge al sindacato di legittimità allorquando (come è
nel caso in esame) abbia formato oggetto di apposita motivazione immune da vizi logicog iuridici.

RITENUTO IN FATTO

Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla
declaratoria della stessa segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese
del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa
delle ammende, equltativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle
ammende.
ROMA, 27.11.2012

L’error in procedendo, in cui si sostanzia Il vizio che l’art. 606, 1 0 comma – lett. d),
cod. proc. pen. ricomprende fra i motivi di ricorso per cassazione, rileva – secondo la
giurisprudenza di questa Corte Suprema – solo quando la prova richiesta e non
ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata,
risulti “dedsiva”, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione
diversa. Ciò comporta che la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere
compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da
potere inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento dei giudici di merito e
tanto, come rilevato dianzi, non è dato ravvisare nella sentenza in esame.

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