Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9016 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9016 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FIALE ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
I) MEROSI LUANA N. IL 03/06/1976
2) DANELUZZI VERONICA N. IL 22/01/1990
avverso la sentenza n. 8726/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
08/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Nar…13 Rtyrnetti
che ha concluso per
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Udito, pe

parte c

Ui idifen Avv.

, l’Avv

Data Udienza: 27/11/2012

RITENUTO IN FATTO

Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi i difensori delle due
Imputate.
Per la Merosi – sotto il profilo del vizio di motivazione – è stato eccepito:
a) il mancato riconoscimento della destinazione per uso esclusivamente personale della
cocaina sequestrata;
b) l’incongruo diniego dell’attenuante di cui all’art. 73, V comma, del d.P.R. n. 309/1990.
Per la Daneluzzi – sotto il profilo del vizio di motivazione – è stato eccepito:
a) la non dimostrata affermazione del concorso della stessa nella detenzione dell’intero
quantitativo della cocaina sequestrata;
b) l’incongruo diniego dell’attenuante di cui all’art. 73, V comma, del d.P.R. n. 309/1990.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Entrambi i ricorsi devono essere rigettati, perché tutte le doglianze in essi svolte
sono infondate.
1. Le Imputate sono state condannate in quanto nell’abitazione della Merosi, della
quale anche la Daneluzzi aveva le chiavi, la polizia giudiziaria ha rinvenuto un involucro
sigillato contenente cocaina e sostanza da taglio del tipo mannitolo custoditi in una
piccola cassaforte (della quale pure la Daneluzzi ancora una volta aveva le chiavi),
nonché un bilancino di precisione con tracce di cocaina.
Nel secchio dell’immondizia sono state ritrovate nove bustine in plastica idonee
all’utilizzazione per il confezionamento delle dosi.
La Daneluzzi, in quell’occasione aveva tirato fuori dal reggiseno sei involucri
contenenti cocaina ed aveva cercato di disfarsi degli stessi gettandoli a terra e cercando
di nasconderli sotto il letto.
L’intervento della P.G. era stato effettuato dopo che gli operanti avevano visto la
Daneluzzi entrare ed uscire dal portone dell’abitazione della Merosi, sicché con deduzione
logica il possesso della cocaina custodita dalla prima nel reggiseno è stato ricollegato ad
un approvvigionamento appena effettuato in casa della seconda.
La Merosi ha prospettato la destinazione ad uso esclusivamente personale della
cocaina rinvenuta nella sua abitazione. La Daneluzzi ha riferito di essere in possesso delle
chiavi dell’abitazione dell’altra donna allo scopo di potervi accedere qualora quella avesse
avuto bisogno di aiuto e si fosse trovata nell’impossibilità di aprire la porta a causa della
sua tossicodipendenza e dello stato depressivo in cui si trovava.
I giudici del merito, però, hanno razionalmente ed esaurientemente evidenziato
che tali assunti difensivi configgevano con le circostanze e modalità del sequestro (di cui
si è dato conto dianzi), sì da non potersi dubitare della ritenuta situazione di disponibilità
comune dello stupefacente.
La motivazione riferita al riconoscimento delle responsabilità, nella sentenza
impugnata, appare esauriente e corrispondente alle premesse fattuali acquisite in atti, in
quanto essa esamina tutti gli elementi decisivi a disposizione e fornisce risposte coerenti
alle obiezioni della difesa; mentre le censure concernenti assente carenze argomentative
sui singoli passaggi della ricostruzione dei fatti e dell’attribuzione degli stessi alla persona
dell’imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale
della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato

La Corte di appello di Roma, con sentenza dell’8.2.2012, ha confermato la
sentenza 31.5.2011 pronunziata dal Tribunale di quella città in esito a giudizio celebrato
con il rito abbreviato, che aveva affermato la responsabilità penale di Merosi Luana e
Daneluzzi Veronica in ordine al reato di cui:
— agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309/1990 (per avere, in concorso tra
loro, illecitamente detenuto al fine di spaccio sostanza stupefacente del tipo
cocaina pari a 182 dosi medie singole – acc. in Roma, il 19.5.2011)
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, aveva condannato ciascuna alla pena di
anni 2, mesi 8 di reclusione ed euro 16.000,00 di multa.

:

2. L’art. 73, 5° comma, del d.P.R. n. 309/1990 introduce una risposta
sanzionatoria più attenuata da parte dell’ordinamento allorché i fatti delittuosi previsti
dallo stesso articolo siano di lieve entità, “per i mezzi, per le modalità o le circostanze
dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze”.
La rado dell’attenuante va ravvisata nell’esigenza di accordare una particolare
attenuazione alla dimensione offensiva del fatto concreto quando questo – per le sue
caratteristiche relative ai mezzi, alle modalità o alle circostanze dell’azione ovvero alla
qualità e quantità delle sostanze droganti – si riveli come minimamente pericoloso
rispetto al risultato della diffusione degli stupefacenti tra i possibili assuntori.
L’attenuante in oggetto, dunque, può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo della
sostanza stupefacente sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione normativa
(mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno
anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene Irrilevante l’eventuale
presenza degli altri (Cass., Sez. Unite, 21.9.2000, n. 17, Primavera).
Nella fattispecie in esame, l’attenuante in questione è stata legittimamente
esclusa, con motivazione razionale e coerente, sul rilievo che, anche a volere ammettere
che una parte della sostanza fosse destinata all’uso personale della Merosi, restava pur
sempre rilevante il quantitativo della cocaina destinata allo spaccio ed erano state poste
in essere ben programmate attività di gestione dell’illecito traffico significative di una
pericolosità tutt’altro che minima.
3. Al rigetto dei ricorsi segue, a norma dell’art. 616 cod proc. pen., l’onere delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 27.11.2012

argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti
sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel
merito della sentenza impugnata.

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