Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9003 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9003 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da

PROCURATORE della REPUBBLICA presso Il TRIBUNALE di REGGIO
CALABRIA
e

GALLICO Carmelo, nato a Palmi il 12/09/1963,

avverso l’ordinanza in data 19 marzo 2012 del Tribunale del riesame di Reggio
Calabria nel proc. n. 212/2012.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
sentito il pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in persona del
sostituto procuratore generale, Alfredo Pompeo Viola, il quale ha chiesto
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata in accoglimento del ricorso
del pubblico ministero; l’inammissibilità del ricorso personalmente proposto da
Gallico Carmelo; e il rigetto dei ricorsi presentati dai difensori.
sentiti i difensori di Gallico Carmelo, avvocati Sergio Arcai e Antonio Managò, i
quali hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

Data Udienza: 15/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc.
pen., con ordinanza pronunciata il 19 marzo 2012, in parziale riforma
dell’ordinanza dl custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini
preliminari della sede il 22 dicembre 2011, ha annullato li titolo coercitivo nei
partecipazione, con ruolo direttiva, all’omonima associazione della tridrangheta,
tuttora operante, insediata nella città di Palmi e territori limitrofi, insieme ai
fratelli Gallica Giuseppe e Gallica Domenica, entrambi detenuti da tempo in
espiazione di condanna all’ergastolo, pure indicati come dirigenti
dell’associazione, e con gli altri fratelli, Gallica Rocco e Gallica Teresa, il primo
già latitante fino al giugno 2010 e la seconda in custodia cautelare in carcere
giusta ordinanza del 25 maggio 2010, anch’essi indicati come organizzatori e
reggenti del sodalizio nella città di Palmi, dove sarebbero stati, fino ai recenti
arresti, il principale punto di riferimento degli altri sodali sul territorio.
La stessa ordinanza ha, invece, confermato il titolo coercitivo di massimo
rigore nei confronti di Gallica Carmelo con riguardo all’altra imputazione
provvisoria di trasferimento fraudolento di valori di cui all’art. 12 quinquies legge
n. 356 del 1992 (capo 8), in concorso con i fratelli Gallica Domenica (classe
1958), Gallica Rocco e Gallica Teresa (non anche con Gallica Giuseppe), e con
Surace Giuseppe, Minasi Vincenzo e Rinaldi Alfonso, commesso in Reggio
Calabria il 10 marzo 2008, con la ritenuta aggravante dalla finalità di
agevolazione delle attività della “cosca Gallica”.
Secondo la contestazione provvisoria, i predetti indagati, in concorso anche
con Borelli Daniele (deceduto) e Melissari Grazia (moglie di Surace Giuseppe), al
fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione
patrimoniali, avrebbero fittiziamente trasferito alla Zenas LLC -società off shore,
costituita ad hoc in data 11 luglio 2007, avente sede in Wilmington, nello stato
statunitense del Delaware, e domicilio fiscale in Varese- la proprietà di numerosi
appezzamenti di terreno, situati nel Comune di Palmi ed estesi
complessivamente 69.617 metri quadrati, già formalmente intestati agli eredi
Guardata e, poi, ai coniugi Surace-Melissari, ma di fatto appartenenti alla cosca
Gallica.
In particolare Minasi Vincenzo, avvocato, avrebbe proposto a Gallica Teresa,
nel maggio 2007, la costituzione della società statunitense Zenas LLC e il
trasferimento alla stessa dei suddetti terreni, al fine di sostituire, come titolare
dei terreni, una persona giuridica alla non più affidabile persona fisica, Surace,

riguardi di Gallica Carmelo limitatamente all’imputazione provvisoria (capo A) di

che, fino ad allora, aveva fatto da prestanome ai Gallico, e così preservare più
efficacemente i beni dal rischio di provvedimenti di sequestro e confisca da parte
dell’Autorità giudiziaria, stante la difficoltà di risalire dalla società al reale
proprietario; tale operazione avrebbe ricevuto il preventivo assenso sia del boss
ergastolano, Gallico Domenico, tramite la sorella Gallico Teresa, la quale
tratteneva regolari colloqui in carcere con lo stesso, sia dell’unico fratello libero,

operazione, si sarebbe incontrato prima e dopo la costituzione della società, per
presentare e quindi attuare il piano, mettendo a disposizione della cosca tutte le
proprie competenze e conoscenze in materia di società off shore.
In effetti, l’11 luglio 2007 era stata costituita la predetta Zenas LLC e, il 28
febbraio 2008, era stato stipulato il contratto di compravendita dei terreni tra
Borelli Daniele, legale rappresentante della suddetta società, figurante come
acquirente del compendio immobiliare, e Rinaldi Alfonso, genero e procuratore
speciale degli apparenti proprietari-venditori, i suddetti coniugi Surace-Melissari,
con successiva presentazione, il 10 marzo 2008, della nota di trascrizione
dell’atto di compravendita all’Agenzia del territorio di Reggio Calabria/Ufficio
servizio di pubblicità immobiliare.

2. Il Tribunale, a sostegno dell’annullamento del titolo coercitivo con
riguardo all’imputazione provvisoria di partecipazione di Gallico Carmelo alla
omonima indrina, ha addotto la sentenza di questa Corte di cessazione, in data
11 febbraio 2011, con la quale era stata annullata senza rinvio, per difetto del
requisito della gravità indiziaria, una precedente ordinanza del medesimo
Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in data 28 giugno 2010, confermativa
del provvedimento di custodia cautelare in carcere, a carico dello stesso Gallico,
emesso dal Giudice per le indagini preliminari il 25 maggio 2010, nell’ambito di
altro procedimento pertinente ad analogo reato associativo.
Rispetto al quadro indiziario già apprezzato da questa Corte di legittimità
come carente nei riguardi del Gallico, non erano sopravvenuti, secondo il
Tribunale riesaminante la più recente misura custodiale del 22 dicembre 2011,
elementi idonei a consentire una rivisitazione del precedente giudizio cautelare.
In particolare, secondo l’ordinanza di riesame del 19 marzo 2012, l’unico
dato già emerso nel primo procedimento ma non richiamato nella motivazione
della suddetta sentenza di annullamento, era costituito dalle dichiarazioni rese
del collaboratore di giustizia, Marino Vincenzo, circa le notizie apprese
direttamente da Gallico Carmelo e da altri ritenuti esponenti della Indrangheta,
Cordì Vincenzo e Sorrenti Nino, all’interno del carcere di Palmi dove avevano
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all’epoca, Gallico Carmelo, con Il quale l’avvocato Minasi, regista dell’intera

condiviso un periodo di detenzione; tali dichiarazioni, tuttavia, erano vaghe e,
allo stato, prive di riscontri e, perciò, inidonee a giustificare, secondo il
Tribunale, una rivisitazione della posizione cautelare di Gallico Carmelo rispetto
al delitto associativo ipotizzato a suo carico anche nell’attuale procedimento.
Con la medesima ordinanza il Tribunale del riesame ha, invece, confermato i
gravi indizi di colpevolezza, a carico del Gallico, con riguardo al delitto di
agevolazione mafiosa, sulla base dei contenuti, ritenuti inequivocabili e
oltremodo espliciti, delle intercettazioni ambientali in carcere e delle
intercettazioni tra presenti presso gli studi legali dell’avvocato V. Minasi, in Palmi
e Milano, e sulle utenze telefoniche in uso allo stesso professionista.
Si tratta di un compendio di intercettazioni che abbraccia un quadriennio
(2007-2011) e consente di ricostruire compiutamente, secondo il Tribunale, la
dinamica del fatto di interesse nei suoi prodromi, nella sua organizzazione ed
esecuzione e, infine, nel suo tendenziale superamento per la programmata
attuazione di altra operazione di fraudolento trasferimento, con la costante
direzione di tutte le fasi da parte del Gallico, al fine preservare il patrimonio
immobiliare della cosca dall’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.
Quanto alle esigenze cautelari, esse sono state valutate, stante la ritenuta
aggravante della finalità di mafia, alla luce della doppia presunzione di cui all’art.
275, comma 3, cod. proc. pen., confermandone il Tribunale la ricorrenza per
l’attuale operatività della cosca e, conseguentemente, affermando l’adeguatezza
della sola custodia in carcere a soddisfarle.
3. Avverso la predetta ordinanza ricorrono per cassazione sia il Procuratore
della Repubblica presso Il Tribunale di Reggio Calabria – Direzione distrettuale
antimafia, sia Gallico Carmelo che presenta tre distinti ricorsi, l’uno a firma
dell’avvocato Antonio Managò, l’altro a firma dell’avvocato Sergio Arcai ed un
terzo personalmente redatto dallo stesso Gallico.
4. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria
deduce i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione nel triplice profilo
della parziale mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, anche per
travisamento degli elementi di prova, con riguardo al disposto annullamento del
titolo coercitivo in tema di partecipazione del Gallico, con il ruolo di dirigente,
all’omonima associazione mafiosa, costituente articolazione della ‘ndrangheta in
Palmi e territori limitrofi.
4

concorso nel trasferimento fraudolento di valori, aggravato dalla finalità di

4.1. Il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente ritenuto, per evidente
travisamento delle fonti di prova raccolte, che gli elementi addotti dal pubblico
ministero come gravemente indiziari della permanente partecipazione al sodalizio
criminale di Gallica Carmelo, già condannato come componente di esso giusta
sentenze irrevocabili emesse il 15/12/1994 dalla Corte di Assise di Palmi e
1’8/05/2003 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria,
cassazione in data 11 febbraio 2011, la quale, come si è detto, aveva annullato
senza rinvio il precedente titolo di custodia in carcere, emesso il 25 maggio
2010, a carico dello stesso Gallica per partecipazione alla stessa associazione con
ruolo direttiva.
In realtà, nella precedente ordinanza, non erano stati affatto considerati i
colloqui intercettati nell’arco di tempo compreso tra il 2007 e il 2011, con
riguardo al trasferimento dei beni immobili della cosca Gallica alla società off
shore “Zenas LLC” e alle vicende immediatamente antecedenti e successive alla
detta operazione, che, invece, il giudice emittente il nuovo titolo coercitivo del 22
dicembre 2011, una volta completate le indagini pertinenti a tale vicenda
confluite nell’Informativa finale della Squadra mobile di Reggio Calabria in data
23 febbraio 2011, aveva apprezzato come gravi indizi di partecipazione di Gallica
Carmelo non solo al trasferimento fraudolento di valori (capo 8), ma anche
all’omonimo sodalizio mafioso dal quale la medesima operazione era stata
disposta (capo A).
Sul punto, pertanto, la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe del
tutto mancante perché fondata sull’erroneo presupposto di un quadro indiziario
rimasto immutato, e ciò nonostante la ritenuta sussistenza, da parte del
Tribunale del riesame, di gravi indizi della contestata aggravante della finalità di
agevolazione mafiosa, a carico del Gallica, con riguardo al delitto di cui all’art. 12
quinquies legge n. 356 del 1992, cit.
4.2. L’ordinanza impugnata, Inoltre, sarebbe viziata da un’insanabile
contraddizione emergente dal suo stesso contenuto ed evidenziata dai seguenti
passaggi: a) qualificazione, da parte del Tribunale, come “molto significativo” del
passaggio del colloquio in carcere tra Gallica Domenica e Gallica Teresa, in data
24 luglio 2007, immediatamente successivo alla costituzione della società Zenes,
in cui Teresa riferisce a Domenica Il positivo apprezzamento di Carmelo sulla
progettata operazione, con il rammarico espresso dallo stesso Carmelo di non
aver conosciuto prima tale meccanismo, senza tuttavia che il Tribunale avesse
tratto da tale emergenza investigativa la logica deduzione del ruolo di primario
gestore del patrimonio immobiliare della cosca esercitato da Carmelo non solo in
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fossero i medesimi precedentemente apprezzati nella sentenza di questa Corte di

quell’operazione, ma in via generale; b) analisi del contenuto della conversazione
in data 25 maggio 2010 tra l’avvocato Minasi e Gallico Carmelo, in cui
quest’ultimo manifesta al professionista la sua apprensione per le sorti del
patrimonio di famiglia e per la possibilità che i beni del “suo clan”, così
testualmente indicati nell’ordinanza, siano confiscati dall’autorità giudiziaria, e,
nel contempo, illogica esclusione degli indizi di partecipazione dell’indagato al

sentenze irrevocabili, in contrasto con il riconosciuto interesse e la non calata
apprensione manifestati, in quel contesto, per le vicende del gruppo familiare; c)
riportato contenuto del colloquio, in data 21 marzo 2011, tra l’avvocato Minasi e
l’indagato, nel quale quest’ultimo manifesta al professionista il suo disappunto
perché la sorella, Teresa, non si era uniformata alle direttive da lui ricevute,
secondo le quali non avrebbe dovuto parlare della questione dei terreni con i
fratelli detenuti e, qualora fossero sorti problemi, avrebbe dovuto riferirli al
fratello Rocco, all’epoca latitante e reggente della cosca in Palmi: da tali
affermazioni del Gallico, pur riportate nel testo dell’ordinanza, il Tribunale non
avrebbe tratto la logica deduzione di fondatezza della tesi accusatoria circa la
diarchia direttiva del sodalizio, facente capo, in quella fase, ai fratelli, Carmelo e
Rocco, il primo operante a distanza, essendo residente a Brescia, con
riconosciutagli autorevolezza da parte dei propri congiunti-sodali, e il secondo
attivo in Palmi, come reggente sul territorio insieme alla sorella Teresa; d)
ritenuta consistenza indiziaria dell’aggravante dell’agevolazione delle attività
dell’omonima cosca ‘ndranghetistica, con riguardo al delitto di trasferimento
fraudolento di valori, oggetto di contestazione cautelare al Gallico, e, tuttavia,
contraddittoria esclusione dell’emersione di nuovi indizi della sua partecipazione
al sodalizio criminale.
Un’ultima contraddizione discenderebbe, secondo il pubblico ministero
ricorrente, dal contenuto di altra ordinanza del 12 gennaio 2012 dello stesso
Tribunale del riesame di Reggio Calabria, con la quale è stata rigettata la
richiesta di riesame del provvedimento di custodia cautelare in carcere di Nasso
Domenico, indagato come partecipe alla cosca Gallico nell’attuale procedimento:
in quella ordinanza, infatti, Gallico Carmelo è testualmente indicato come “l’unico
personaggio di vertice della cosca (…) in libertà”, mentre, nell’ordinanza
impugnata, viene esclusa la gravità indiziarla della sua partecipazione
all’omonimo sodalizio mafioso.
43. Ulteriore vizio dedotto nel ricorso del pubblico ministero attiene alla
denunciata violazione dell’art. 416

bis cod. pen., in punto di condotta

partecipativa come delineata nella sentenza di questa Corte, a sezioni unite, n.
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sodalizio mafioso facente capo alla sua famiglia, già accertato come tale in

33748 del 12/07/2005 (imp. Mannino), e all’inosservanza dell’art. 192, comma
2, cod. proc. pen., in tema di canoni di valutazione della gravità indiziaria.
Il Tribunale non avrebbe attribuito, in contrasto con la corretta esegesi
dell’art. 416 bis cod. pen., il giusto rilievo allo specifico, e molto rilevante per gli
interessi della cosca, contributo di Gallico Carmelo all’operazione di trasferimento
dei beni dell’associazione mafiosa alla società statunitense Zenas LLC, contributo
in violazione delle regole di giudizio dettate nell’art. 192, comma 2, cod. proc.
pen., avrebbe proceduto ad una analisi frazionata e frammentata degli indizi,
anziché valutarli nella loro consistenza specifica e complessiva, secondo un
giudizio di sintesi esteso anche agli elementi precedentemente acquisiti, i quali
assumerebbero, alla luce di quelli sopravvenuti, un diverso significato in punto di
ruolo associativo dell’indagato; avrebbe illegittimamente disconosciuto, nella
valutazione della gravità indiziaria, il legame, più volte ribadito anche dalla
giurisprudenza di questa Corte, tra il reato fine e il reato associativo, laddove il
primo sia concretamente indicativo dell’esistenza del vincolo associativo, come
sarebbe emerso nel caso di specie: e, a conforto di quest’ultimo assunto, il
pubblico ministero ricorrente evidenzia che il coindagato, avvocato V. Minasi,
gravemente indiziato non solo di partecipazione al delitto di trasferimento
fraudolento di valori, ma anche di concorso esterno nella cosca Gallico, giusta
ordinanza di custodia cautelare in carcere confermata dal Tribunale del riesame e
divenuta definitiva, ha riconosciuto, nell’interrogatorio reso il 21/12/2011 e
trasmesso al giudice del riesame prima della decisione, di aver avuto come
principale interlocutore, nell’operazione Zenas, proprio Gallico Carmelo.
5. Il ricorso proposto, nell’interesse dell’indagato, dall’avvocato Antonio
Managò deduce due motivi.
5.1. Il primo motivo denuncia il difetto di motivazione in relazione all’art.
192 cod. proc. pen. e all’art. 12 quinquies legge n. 356 del 1992.
Dopo ampi richiami giurisprudenziali e l’illustrazione dei contenuti dei
colloqui intercettati in data 22/05/2007, 26/06/2007, 24/07/2007 e 25/05/2010,
il ricorrente rileva che, da un’interpretazione di essi scevra da pregiudizi, si
evince soltanto che Gallico Carmelo aveva piena contezza della vicenda del
trasferimento dei beni alla società Zenas e delle ragioni che avevano determinato
tale operazione, ma non anche che Io stesso avesse fornito un contributo
penalmente rilevante a preservare i beni immobili da eventuali iniziative
giudiziarie, sicché l’interpretazione sostenuta nell’ordinanza impugnata sarebbe
puramente congetturale.
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altamente sintomatico della sua partecipazione a livello apicale alla stessa cosca;

5.2. Con il secondo motivo si denuncia il vizio di motivazione con riguardo
alla ritenuta gravità indiziaria, a carico del Gallica, degli elementi costitutivi del
delitto di cui all’art. 12 quinquies della legge n. 356 del 1992 e della circostanza
aggravante prevista dall’art. 7 della legge n. 203 del 1991.
Dopo aver riportato il contenuto di un’ordinanza afferente ad altro caso,
ritenuto simile a quello in esame (provvedimento del tribunale del riesame di
dell’aggravante di agevolazione dell’associazione camorristica nota come clan
“Contini”: v. da pag. 9 in fine a pag. 13 del ricorso), il ricorrente deduce che il
Tribunale avrebbe dovuto escludere l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del
1991, poiché la condotta del Gallica sarebbe stata diretta a favorire solo se
stesso e non anche la cosca mafiosa, alla quale sarebbe rimasto estraneo.
L’ordinanza impugnata, inoltre, non avrebbe considerato che i beni in
questione erano stati acquisiti dal defunto Gallica Antonino, padre di Carmelo e
degli altri fratelli, i quali, pertanto, come coeredi, avevano un interesse diretto e
personale a che essi non fossero sequestrati dall’Autorità giudiziaria.
6. Il ricorso proposto dall’avvocato Sergio Arcai consta di una premessa in
cui sono integralmente riportati i seguenti atti: le due memorie presentate dai
difensori al Tribunale del riesame recanti la data del 14 marzo 2012; il verbale
dell’udienza del 19 marzo 2012 contenente l’eccezione in rito formulata dal
difensore, avvocato Antonio Attinà, in termini di “inefficacia della misura
cautelare per omessa trasmissione del verbale” inerente all’arresto del Gallica,
avvenuto il 23 dicembre 2012, in Spagna, su mandato di arresto europeo
emesso dall’Autorità giudiziaria italiana; la trascrizione integrale delle
dichiarazioni difensive rese dal Gallica nell’udienza del 19 marzo 2012, alla quale
Io stesso indagato -detenuto a Cuneo e sottoposto al regime differenziato di cui
all’art. 41 bis Ord. Pen.- partecipò in videoconferenza; l’integrale trascrizione
delle deduzioni difensive (fonoregistrate) svolte nella medesima udienza.
A tale ampia premessa segue la formulazione di tre motivi di ricorso.
6.1. Con il primo il ricorrente deduce l’omessa motivazione sull’eccezione
difensiva, ritualmente sollevata nell’udienza camerale del 19 marzo 2012, di
mancata produzione e deposito dei verbali dell’udienza tenutasi davanti al
giudice spagnolo, il 26 dicembre 2011, e di quella eventualmente successiva, in
funzione della consegna del Gallica allo Stato italiano, in esecuzione di mandato
di arresto europeo.

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Napoli, confermato da questa Corte di cassazione, in punto di esclusione

Negli atti messi a disposizione della difesa e del Tribunale del riesame
mancherebbe il suddetto verbale di udienza e anche il provvedimento ufficiale di
consegna del Gallica da parte dell’autorità spagnola a quella italiana.
La documentazione trasmessa, al riguardo, comprenderebbe soltanto i
solleciti del Ministero della Giustizia al Giudice per le indagini preliminari e alla
Procura della Repubblica di Reggio Calabria per l’invio all’autorità giudiziaria

Carmelo; gli atti pertinenti all’arrivo in Italia del ricorrente, via aerea; e la
notificazione al Gallico dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 22
dicembre 2011, senza alcuna allegazione e, neppure, menzione dell’udienza
davanti al giudice spagnolo e del relativo provvedimento decisorio.
6.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione con
riguardo alla ritenuta gravità degli indizi, a carico del Gallico, come concorrente
nel delitto previsto dall’art. 12 quinquies della legge n. 356 del 1992, cit., con la
finalità di agevolazione mafiosa.
Il Tribunale del riesame non avrebbe risposto alle articolate censure di cui
alle predette memorie difensive che offrivano una puntuale rilettura dei contenuti
delle conversazioni Intercettate, secondo la quale alla decisione di costituire la
società estera e di trasferire ad essa i presunti beni della cosca Gallica
parteciparono i soli Gallico Domenico, Gallica Teresa e l’avvocato V. Minasi,
senza alcun coinvolgimento materiale o morale di Gallica Carmelo, che ne
sarebbe stato informato solo a posteriori, circa tre anni dopo l’operazione, e
avrebbe manifestato le sue preoccupazioni all’avvocato Minasi soltanto perché
temeva di essere coinvolto in un ulteriore procedimento penale, e non perché
principale gestore del patrimonio immobiliare del sodalizio mafioso, come
Ipotizzato nel capo di imputazione provvisoria.
Il giudice del riesame, omettendo ogni motivazione sulle specifiche
deduzioni difensive, avrebbe reso un’ordinanza radicalmente nulla nei confronti
del Gallico, sicché il provvedimento dovrebbe essere annullato senza rinvio per
non prolungare ingiustificatamente il sacrificio della libertà personale del
ricorrente, in contrasto con i principi inviolabili sanciti dall’art. 13 Cost.
6.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge e il
difetto di motivazione con riguardo alla scelta della misura di coercizione
personale più afflittiva, nonostante la positiva evoluzione della personalità del
Gallico il quale, da molti anni, ha abbracciato uno stile di vita del tutto antitetico
a quello di un capo mafia (conseguimento nel 2008, in Brescia, della laurea
triennale in giurisprudenza, a pieni voti; attività di scrittore con riconoscimenti di
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spagnola del mandato di arresto europeo emesso nei confronti di Gallica

rilievo nazionale; impegno nel sociale e in manifestazioni pubbliche contro la
mafia, anche nella città natale di Palmi).
La presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura della custodia in
carcere con riguardo ai delitti aggravati dal metodo o dalla finalità di mafia
sarebbe palesemente incostituzionale, dopo i plurimi interventi demolitori del
giudice delle leggi sulla presunzione posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc.

stesse ragioni che hanno giustificato le precedenti denunce di incostituzionalità.

7. Il ricorso personalmente proposto da Gallico Carmelo lamenta il vizio di
motivazione poiché dalle fonti raccolte dagli investigatori, interpretate senza
pregiudizi, non emergerebbero elementi di prova della partecipazione
dell’indagato al trasferimento fraudolento di valori, che si collochino in un tempo
antecedente la costituzione della società Zenas e il trasferimento alla stessa dei
beni immobili di presunta appartenenza alla cosca Gallico: in particolare, nessun
dato indicherebbe la partecipazione del ricorrente alla decisione di creare la
suddetta società; nessun elemento, inoltre, attesterebbe contatti del Gallico con
l’avvocato Minasi nel giugno 2007, per organizzare i tempi e i modi
dell’operazione.
La successiva conoscenza, da parte dell’indagato, dell’attuato trasferimento
e dei sopravvenuti rischi di ablazione dei beni non avrebbe rilevanza ai fini
dell’affermazione della sua partecipazione alla presunta fraudolenta vendita degli
immobili alla società, essendo il delitto previsto dall’art. 12 quinquies d.l. n. 306
del 1992 istantaneo, seppure con effetti permanenti.
Il ricorrente, comunque, avrebbe ampiamente dimostrato, con le sue scelte
esistenziali, di voler prendere piena distanza dalle attività dei suoi familiari e di
aver adottato uno stile di vita, dedito allo studio e all’impegno sociale, del tutto
diverso da quello di una persona mafiosa e con esso incompatibile, limitandosi a
mantenere con la famiglia di origine solo rapporti affettivi.

8.

Gallico Carmelo ha fatto pervenire memoria e motivi aggiunti; il

difensore, avvocato Antonio Managò, ha depositato in udienza memoria difensiva
confutando il ricorso del pubblico ministero e perorando la fondatezza
dell’impugnazione proposta.

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pen., e imporrebbe di sollevare questione di illegittimità costituzionale per le

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del pubblico ministero e i ricorsi presentati nell’interesse del
Gallico sono parzialmente fondati.
Al loro esame deve essere premessa l’infondatezza dell’unico rilievo di
natura formale mosso nel ricorso dell’avvocato S. Arcai a proposito

23 dicembre 2011, per omessa trasmissione degli atti relativi all’esecuzione in
quel paese del mandato di arresto europeo, emesso dall’autorità giudiziaria
italiana sulla base dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria, in data 22 dicembre 2011, di applicazione della
misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del Gallico, e per
mancato inoltro degli atti inerenti al procedimento davanti al Giudice spagnolo
sfociato nella disposta consegna dell’arrestato allo Stato italiano.
Poiché non è impugnabile nell’ordinamento interno, neanche ai sensi degli
artt. 111, comma settimo, Cost. e 568, comma 2, cod. proc. pen., il mandato di
arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria italiana nella procedura attiva di
consegna (artt. 28, 29 e 30 della L. 22 aprile 2005, n. 69), potendo gli eventuali
vizi di esso essere dedotti solo nello Stato richiesto, qualora incidano sulla
procedura di sua pertinenza, e secondo le regole, le forme ed i tempi previsti nel
relativo ordinamento (Sez. Li, n. 30769 del 21/06/2012, dep. 27/07/2012,
Caiazzo, Rv. 252891), non integra alcuna condizione di legittimità od efficacia
della misura coercitiva personale, emessa dall’autorità giudiziaria italiana, la
corretta esecuzione di essa nello Stato richiesto e il rispetto delle norme ivi
previste per la consegna della persona arrestata allo Stato italiano; ne discende
che non è necessario, ai fini della validità o efficacia dell’arresto, il deposito degli
atti pertinenti all’esecuzione del mandato di arresto europeo e al procedimento
svoltosi davanti all’autorità giudiziaria straniera, secondo l’erroneo rilievo
difensivo.
Il primo motivo del ricorso proposto dall’avvocato S. Arcai deve essere,
pertanto, respinto.

2. Tanto premesso è fondato il ricorso del pubblico ministero laddove
denuncia il vizio della motivazione in cui è Incorso il Tribunale del riesame nel
ritenere l’insussistenza di elementi indiziari nuovi in punto di presunta
partecipazione di Gallico Carmelo all’omonima ‘ndrina, con ruolo direttivo,
rispetto agli elementi già valutati come privi di grave valenza indiziaria nella
precedente sentenza di annullamento di altro titolo custodiale, emessa 1’11
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dell’inefficacia dell’arresto di Gallico Carmelo, avvenuto a Barcellona (Spagna) il

febbraio 2011 da questa Corte, nell’ambito di diverso procedimento a carico dello
stesso Gallica, sottoposto ad indagini per il medesimo reato associativo.
Il Tribunale, invero, ha esaminato un compendio intercettativo e
documentale che non era disponibile nel precedente procedimento, analizzando
plurime conversazioni coinvolgenti, direttamente o indirettamente, la persona di
Gallica Carmelo.
indizi di colpevolezza di concorso del Gallica nel delitto di trasferimento
fraudolento di valori ritenuti appartenenti all’omonima cosca, con apprezzata
gravità indiziarla anche dell’aggravante della finalità di agevolazione delle attività
del sodalizio; e, dall’altro, ha contraddittoriamente sostenuto l’inesistenza di
elementi nuovi, rispetto a quelli già considerati nella precedente ordinanza, in
grado di incidere sul quadro indiziario di partecipazione del Gallica all’omonima
associazione di tipo mafioso.
Tale contraddizione emerge testualmente dalla lettura dell’ordinanza
Impugnata, la quale, pur illustrando con precisione i contenuti di alcune
conversazioni sui quali fonda i ritenuti gravi indizi del concorso di Gallica Carmelo
nel delitto previsto dall’art. 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992, conv. in legge n.
356 del 1992 (capo 8), ravvisando anche la finalità dl agevolazione mafiosa, ne
esclude tuttavia la novità rispetto all’ipotesi criminosa di cui all’art. 416 bis cod.
pen. (capo A).
La prima conversazione richiamata nel provvedimento impugnato è quella
tra il detenuto, Gallica Domenica, e la sorella visitatrice, Gallica Teresa, in data
25 maggio 2007, nel carcere di Carinola, nella quale i due germani discutono
della slealtà del prestanome-fittizio intestatario dei terreni in Palmi, Surace
Giuseppe, il quale si era appropriato le sovvenzioni comunitarie (cosiddette
Integrazioni) erogate per i fondi coltivati ad uliveto, nella misura di oltre 100.000
euro, senza corrisponderne l’importo ai Gallica, effettivi proprietari dei terreni.
Tale comportamento, secondo la ricostruzione esposta nell’ordinanza in
sintonia con la tesi del pubblico ministero, avrebbe convinto i Gallica a trasferire i
beni ad altri e ad accogliere la proposta dell’avvocato Minasi di costituire, a tal
fine, una società all’estero di natura cosiddetta “cartolare” ovvero con identità
coperta del suo titolare, in modo da non rendere riconoscibile la persona fisica
che avrebbe acquistato e gestito, tramite la medesima società, il compendio
immobiliare nell’interesse della “famiglia”.
In un passaggio della predetta conversazione del 25 maggio 2007 la Gallica
avrebbe espressamente alluso alla conoscenza dell’operazione in progetto e
all’autorizzazione di essa, non solo da parte del fratello detenuto, Domenica, ma
12

Da tali nuovi elementi il giudice del riesame ha tratto, da un lato, i gravi

anche, del germano, Carmelo, all’epoca sottoposto alla misura della libertà
vigilata, in Brescia, e dell’anziana madre.
Altre conversazioni richiamate nell’ordinanza de qua sono quelle trattenute,
sempre nel carcere di Carinola, tra gli stessi Gallica Domenica e Gallica Teresa, il
26 giugno e il 28 giugno del 2007: in entrambi i colloqui, immediatamente
precedenti la data di costituzione della società off shore, che avvenne il

autorizzato l’operazione nel precedente colloquio del 25 maggio, di avere
incontrato di nuovo l’avvocato Minasi e di averlo messo in contatto con il fratello,
Gallica Carmelo, lasciando intendere, come annota il Tribunale, il pieno
coinvolgimento anche di Carmelo nel programmato trasferimento, di cui
quest’ultimo sarebbe stato informato e al quale avrebbe prestato il suo
consenso, ponendosi come principale interlocutore dell’avvocato Minasi nella
cura degli interessi patrimoniali della famiglia.
Ancora più esplicito, secondo il Tribunale, sarebbe un ulteriore colloquio, in
carcere, tra Gallica Domenica e Gallica Teresa, il 24 luglio 2007, pochi giorni
dopo la costituzione della società Zenas LLC, nel quale la donna esprime al
germano detenuto tutta la sua soddisfazione per il meccanismo posto in essere e
l’apprezzamento di esso da parte dell’altro fratello, Carmelo, il quale, secondo
quanto riferito da Teresa a Domenica, si era rammaricato di non aver conosciuto
prima tale marchingegno, ritenuto idoneo alla più efficace schermatura dei beni
della famiglia esposti ai provvedimenti ablatori dell’autorità giudiziaria.
Un altro gruppo di intercettazioni, successivo alla costituzione della Zenas

LLC e all’attuato trasferimento, il 28 febbraio 2008, del compendio immobiliare di
69.617 mq dai precedenti fittizi proprietari, Surace-Melissari, alla suddetta
società, comproverebbe in modo certo, a giudizio del Tribunale, sia gli estremi
materiali del delitto di trasferimento fraudolento di valori, sia la partecipazione di
Gallica Carmelo ad esso.
Si tratta, in particolare, dei colloqui presso lo studio dell’avvocato Minasi, in
Palmi, il 21 gennaio 2010, tra Io stesso legale ed i fratelli Gallica Teresa e Gallica
Rocco, in cui emergono anche i costi della gestione dei terreni curata dalla
società off shore di copertura, tramite il suo legale rappresentante, Borrelli
Daniele, il quale esigeva, a tale titolo, l’immediato pagamento di euro 13.150,00

da parte dei Gallica, al punto che Teresa, pressata dal Minasi, si affrettò a
consegnare la somma richiesta nella stessa sera del colloquio (e, al riguardo,
risulta registrata perfino la conta dei soldi da parte del Minasi con relative
lamentele della Gallica per l’aumento dei costi di gestione, lievitati dagli originari
13

successivo 11 luglio, Gallica Teresa comunica al fratello Domenica, il quale già ha

euro 5.000 ad euro 10.000 annui, fino a raggiungere il preteso e consegnato
Importo di euro 13.150).
Importanza cruciale è, quindi, attribuita al contenuto del colloquio del 25
maggio 2010 tra l’avvocato Minasi e Gallica Carmelo, tenutosi nello studio del
professionista, in Milano: in esso il Gallica manifesta all’interlocutore le sue
preoccupazioni “per il fatto di quella terra … il discorso della società”, col timore

sequestro. Tale conversazione, comprendente anche le varie soluzioni
prospettate dal professionista e da lui discusse insieme con Gallica Carmelo, il
quale si dichiara contrario ad un nuovo trasferimento societario, ritenuto troppo
costoso alla luce dell’esperienza già fatta con la Zenas LLC, dimostrerebbe,
secondo il Tribunale, il pieno coinvolgimento di Carmelo nell’operazione a partire
dalla sua progettazione ed attuazione fino al bilancio finale dei risultati, dopo
circa un triennio.
Di rilievo investigativo sono, inoltre, apprezzate le ulteriori conversazioni del
21 marzo 2011, 19 aprile 2011 e 5 maggio 2011 tra l’avvocato Minasi e Gallica
Carmelo, dalle quali emergerebbe la preoccupazione di quest’ultimo per la
possibile individuazione dei terreni di Palmi, che fino a quel momento non
sembravano interessati dalle indagini della polizia e della magistratura, anche
per la sprovvedutezza -secondo il Minasi- degli inquirenti, i quali non avevano
controllato i relativi passaggi trascritti nei registri immobiliari di Reggio Calabria;
e, ancora, l’ansia di Gallica Carmelo di essere coinvolto giudiziariamente nel
fatto, definito apertamente dall’avvocato come “riciclaggio”, per la leggerezza
con la quale la sorella, Teresa, aveva parlato dei terreni col fratello detenuto,
Domenica.
Nel medesimo contesto, come pure annota il Tribunale, Carmelo censura
l’incauto comportamento di Teresa, la quale, nonostante la sua raccomandazione
di non parlare in carcere della vendita dei terreni, ne aveva invece discusso con il
fratello Domenica, ma fortunatamente non anche con l’altro germano, Giuseppe,
rimasto estraneo alla vicenda.
Nell’ultimo colloquio di ritenuto rilievo indiziario, in data 5 maggio 2011, tra
l’avvocato Minasi e Gallico Carmelo, sarebbe riemersa la preoccupazione dl
quest’ultimo per non essere stato destinatario della richiesta di rinvio a giudizio,
come i suoi fratelli, nell’ambito del primo procedimento (quello in cui era stato
colpito dall’ordinanza dl custodia cautelare in carcere, annullata da questa
Corte), ansia condivisa dal Minasi, il quale esprime al plurale, accomunando a sé
l’interlocutore, anche il rammarico per i progetti di investimento fatti (“avevamo
14

che il congegno adottato potesse essere scoperto e i beni subire, comunque, il

fatto tanti progetti su questi investimenti”: dichiara testualmente), messi a

rischio dal procedimento penale in corso.
Dall’insieme dei predetti elementi, valutati unitamente alle condizioni
economiche dei componenti la famiglia Gallica, tutti e ciascuno privi di congrui
redditi dichiarati o derivanti da lecite attività economiche, e, perciò, non in grado
di giustificare l’acquisizione del patrimonio immobiliare, oggetto di trasferimento,
la sussistenza di gravi indizi di ricorrenza degli estremi del delitto previsto
dall’art. 12 quinquies legge n. 356 del 1992, cit., e della partecipazione ad esso
di Gallica Carmelo, col ruolo di supervisore dell’intera operazione e di primario
interlocutore dell’avvocato Minasi, nella veste, riconosciutagli dai giudici della
misura cautelare, di “mente pensante” del sodalizio a base familiare, a favore del
quale avrebbe operato da prudenziale distanza, essendo, all’epoca, residente
nella città di Brescia; mentre i fratelli Gallica Rocco (già latitante fino al giugno
2010) e Gallica Teresa (arrestata sulla base dell’ordinanza di custodia cautelare
del 25 maggio 2010) erano rimasti nella cittadina di origine, in Palmi, come
reggenti dell’associazione e garanti del suo dominio criminale sul territorio di
Insediamento.
3. Tali essendo le fonti di prova apprezzate dal Tribunale nell’ordinanza
impugnata, le quali non potevamo essere oggetto di valutazione nella precedente
ordinanza cautelare del 25/5/2010, annullata da questa Corte, perché, all’epoca,
ancora coperte dal segreto di indagine, ritiene il collegio che sussista la
denunciata contraddizione in cui è incorso il giudice del riesame nel negarne la
novità indiziaria con riguardo all’ipotizzata partecipazione di Gallica Carmelo
all’omonimo sodalizio mafioso radicato in Palmi (capo A dell’attuale
procedimento), di cui risulta già acclarata l’oggettiva esistenza e pericolosità in
plurime sentenze irrevocabili di condanna.
La contraddizione risiede nella negata novità degli elementi probatori,
integrati dai suddetti risultati delle intercettazioni ambientali e telefoniche,
eseguite tra il maggio 2007 e il maggio 2011, pur apprezzati come gravemente
indizianti il Gallica di concorso nel delitto di trasferimento fraudolento di valori
con finalità di agevolazione mafiosa (capo 13), fermo restando che la valutazione
della loro rilevanza rispetto all’ulteriore fattispecie criminosa di cui all’art. 416 bis
cod. pen. (capo A) compete esclusivamente al giudice di merito.
Segue, in accoglimento del ricorso del pubblico ministero, l’annullamento, in
parte qua, dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale che

l’ha pronunciata.
15

dello stimato valore di circa due milioni di curo, il Tribunale ha desunto, quindi,

4. Passando all’esame del ricorsi proposti da Gallico Carmelo personalmente
e dai suoi difensori, i motivi che confutano la motivazione dell’ordinanza
impugnata in punto di gravità indiziaria con riguardo al capo B (primo e secondo
motivo del ricorso dell’avvocato Managò, secondo motivo del ricorso
dell’avvocato Amai, e ricorso personale dell’indagato) sono inammissibili perché

di legittimità, dei medesimi elementi, principalmente costituiti dai contenuti delle
intercettazioni ambientali, sopra riportati, che risultano già accuratamente
vagliati nell’impugnata ordinanza, la quale, con motivazione adeguata e
completa, scevra da violazioni delle regole della logica e del diritto, li ha
apprezzati come gravemente indiziari del concorso del Gallico nel delitto previsto
dall’art. 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992
(capo B), come da analisi già illustrata nel precedente paragrafo 2, cui si rinvia.
E’, invece, fondata la denuncia difensiva di carenza della motivazione in
punto di ritenuta gravità indiziaria della circostanza aggravante del medesimo
delitto di cui al capo B), per avere il Gallico agito al fine di agevolare le attività
della cosca mafiosa di matrice familiare.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di agevolazione
dell’attività di un’associazione dì tipo mafioso, la circostanza aggravante prevista
dall’art.7 d.l. 13 maggio 1991, n.152, convertito nella legge 12 luglio 1991,
n.203, richiede per la sua configurazione il dolo specifico di favorire
l’associazione mafiosa in modo che la condotta criminosa sia diretta a ledere
l’ulteriore interesse protetto dall’aggravante (Sez. 6, n. 11008 del 07/02/2001,

dep. 21/03/2001, Trimigno, Rv. 218783).
Nel caso in esame, essendo i terreni oggetto dell’ipotizzato fraudolento
trasferimento, di pertinenza di tutti i fratelli Gallico, già posseduti dal defunto
genitore, Antonino, tramite interposte persone, con interessamento ad essi
anche dell’anziana madre, l’ordinanza impugnata avrebbe dovuto indicare i
concreti elementi integranti i gravi indizi di deliberata finalizzazione
dell’operazione di copertura degli immobili a favorire non solo la cerchia
parentale dei Gallico, salvaguardando il patrimonio familiare da misure di
prevenzione patrimoniali, ma ad agevolare altresì le attività dell’intera cosca
Gallico.
Tale motivazione, richiesta dalla struttura dell’aggravante contestata nella
sola forma dell’agevolazione delle attività del sodalizio mafioso, si appalesa
necessaria nel caso in esame, anche in considerazione della disponibilità
16

postulano una rivisitazione esegetica, con rilettura non consentita in questa sede

familiare degli immobili di interesse e del contesto parentale in cui si svolgono i
dialoghi intercettati, sopra ampiamente riportati.
E, al riguardo, giova precisare che la matrice e struttura prevalentemente
familistica delle associazioni di tipo mafioso e, in particolare, di quelle note come

Indrangheta non implicano una sorta di presunzione di costante identità tra gli
interessi del nucleo familiare da cui ha avuto origine il sodalizio con le attività ad

criminale, finalizzati all’affermazione e consolidamento del proprio potere sul
territorio, dall’altro, dovendo ammettersi anche nell’ambito di famiglie di
riconosciuta mafiosità l’esistenza di aree di interessi e comportamenti, che,
seppure penalmente rilevanti, hanno tuttavia finalità strettamente private e non
coinvolgono la società criminale come tale, di cui la singola famiglia sia parte
attiva e, addirittura, fondatrice.
Alla luce degli elementi investigativi raccolti dovrà dunque essere rivalutato,
nel caso in esame, se e in quale misura il fraudolento trasferimento dei beni
immobiliari della famiglia Gallico sia stato deliberatamente diretto ad agevolare

le attività dell’omonimo sodalizio mafioso, di cui la stessa famiglia è parte
eminente, ovvero fosse orientato esclusivamente alla salvaguardia del
patrimonio del nucleo familiare, come tale, attraverso operazioni elusive delle
probabili misure di prevenzione ad esso applicabili.
Discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata anche sul predetto punto,
con rinvio per nuovo esame allo stesso Tribunale che l’ha pronunciata, il quale,
sia con riguardo ai nuovi elementi emersi nel presente procedimento di cui va
valutata l’incidenza sulla specifica posizione di Gallico Carmelo rispetto alla
fattispecie associativa formulata nel capo A), sia con riguardo alla giustificazione
della gravità indiziaria della contestata aggravante ad effetto speciale, di cui al
capo B), si uniformerà alle esigenze motivazionali indicate nella presente
sentenza.

5. Gli esiti raggiunti con il parziale accoglimento dei ricorsi di entrambe le
parti sul tema della gravità indiziaria, da riesaminare a cura del Tribunale,
rendono superflua l’analisi dell’ulteriore motivo (n. 3 del ricorso dell’avvocato
Arcai) in punto di sussistenza delle esigenze cautelari e della misura coercitiva
più adeguata a fronteggiarle, dovendo tale tema necessariamente misurarsi con
Il compendio indiziario che emergerà dal nuovo giudizio su entrambe le ipotesi
criminose provvisoriamente contestate.

17

essi funzionali, da un lato, e gli interessi e le condotte dell’associazione

Trasmessa copia ex art 2$
n. i ter L. 8-8-98 n. 332
Roma,

n 25 Fga,

t

ì

La cancelleria curerà la trasmissione del presente provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario in cui è ristretto il ricorrente, ai sensi dell’art. 94,
comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

cui all’art. 7 di. n. 152 del 1991.
Rinvia per nuovo esame in proposito al Tribunale di Reggio Calabria.
Rigetta nel resto i ricorsi proposti nell’interesse dell’Indagato.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, al sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att.

cod. proc. pen.

Così deciso, in Roma, il 15 novembre 2012.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al capo A) ed all’aggravante di

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