Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9002 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9002 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SICLARI Pietro, nato a Reggio Calabria il 23/12/1947,

avverso l’ordinanza in data 30 maggio 2012 del Tribunale del riesame di Reggio
Calabria n. 164/2012.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
sentito il pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in persona del
sostituto procuratore generale, Alfredo Pompeo Viola, il quale ha chiesto
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
rilevato che i difensori del ricorrente non sono comparsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 310 cod. proc.
pen., con ordinanza del 30 maggio 2012, ha respinto la domanda di revoca della
misura della custodia cautelare in carcere, avanzata da Siclari Pietro, sottoposto
ad indagini per il delitto di estorsione aggravata dal metodo mafioso, di cui agli

Data Udienza: 15/11/2012

artt. 629 cod. pen. e 7 d.l. n. 152 del 1991, convertito nella legge n. 203 del
1991.
A sostegno della decisione il Tribunale ha osservato che non erano
sopravvenuti elementi idonei a modificare il quadro indiziarlo e le esigenze
cautelar’ che avevano giustificato l’applicazione della misura, giusta ordinanza
genetica in data 27/10/2010, confermata in sede di riesame il 17/12/2010, e
19/05/2011.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Siclari
tramite il difensore, avvocato Carlo Morace, il quale, con unico motivo, deduce il
vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione con riguardo agli artt. 274,
comma 1, lett. c), e 275, comma 3, cod. proc. pen.; e agli artt. 629 cod. pen. e
7 legge n. 203 del 1991.
Il Tribunale avrebbe travisato la richiesta di revoca o modifica della misura
cautelare che non era fondata sul venir meno del quadro indiziarlo, bensì sulla
sopravvenuta cessazione e, comunque, affievolimento delle esigenze cautelari
alla luce dei seguenti elementi dedotti dall’istante: a) inequivocabile presa di
distanza del Siclari dalle associazioni di tipo ‘ndranghetistico, come emerso dal
contenuto di alcune intercettazioni ambientali in data 23/11/2006 e 30/11/2006,
successive e diverse rispetto a quelle il cui contenuto era stato valutato come
gravemente indiziario in sede di applicazione della misura coercitiva; b)
occasionalità e irripetibilità del fatto ascritto all’indagato (presunta estorsione
conseguente ad una rapina a mano armata subita dall’imprenditore Siclari e da
questi attribuita al figlio, Cutrì Antonio, di un suo dipendente, Cutrì Francesco,
perciò costretto dal Siclari, con presunto metodo mafioso, a dimettersi
rinunciando al trattamento di fine rapporto; c) tempo trascorso dall’inizio della
custodia in carcere, nell’ottobre 2010, al presente, da ritenersi elemento nuovo e
rilevante anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte; d) aggravamento
delle condizioni di salute del Siclari, sottoposto in carcere ad un intervento di
applicazione di un defribillatore cardiaco.
Il provvedimento impugnato non avrebbe preso in alcuna considerazione il
dedotto mutamento per cessazione o affievolimento delle esigenze cautelar’,
anche al solo fine di apprezzare la sostituzione della custodia in carcere con altra
misura meno afflittiva, in adesione all’orientamento giurisprudenziale secondo il
quale, in tema di delitti istantanei aggravati ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del
1991, l’obbligatoria applicazione della misura più rigorosa con l’ordinanza
genetica non ne esclude la sostituzione, in un momento successivo, con altra
2

divenuta definitiva con sentenza di rigetto del ricorso emessa da questa Corte il

è.

meno afflittiva, coerentemente ai principi di adeguatezza e proporzionalità
richiamati dalla più recente giurisprudenza costituzionale e di legittimità.
Sarebbe, pertanto, palese il vizio di violazione di legge per mancanza totale
di motivazione sullo specifico tema dedotto dall’istante.

3. In data 13 novembre 2012 il difensore ha depositato memoria in cui

di sollevare questione di illegittimità costituzionale dell’art. 275, comma 3,
secondo periodo, cod. proc. pen., in relazione all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, per
contrasto con gli artt. 3, 13, comma primo, e 27, comma secondo, Cost.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato perché l’ordinanza impugnata è totalmente carente di
motivazione sul principale tema indicato dal Siclari nella sua domanda di revoca
(e non solo sostituzione) della misura cautelare della custodia in carcere a lui
applicata, per dedotta cessazione (e non solo affievolimento) delle esigenze
cautelari, sulla base degli elementi indicati nell’istanza e già richiamati nella
narrativa di questa sentenza.
Tale causa della domanda principale, prospettando la cessazione e non solo
l’affievolimento delle esigenze cautelari, situazione – quest’ultima – rappresentata
solo in via subordinata con l’ulteriore richiesta di sostituzione della misura più
rigorosa con altra meno afflittiva, si sottrae alla presunzione di adeguatezza della
sola custodia cautelare in carcere, posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pan.
con riguardo ai delitti -come quello provvisoriamente contestato al ricorrenteaggravati dal metodo mafioso o dalla finalità di agevolazione delle attività delle
associazioni di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, convertito
nella legge n. 203 del 1991. Tale presunzione postula, infatti, oltre ai gravi indizi
di colpevolezza, proprio la sussistenza delle esigenze cautelari che il Siclari,
invece, ha indicato come venute meno sulla base del decorso del tempo (circa
due anni dall’applicazione originaria della misura coercitiva più severa), di alcuni
esiti investigativi, del carattere contingente del fatto ascrittogli e dell’insorto
aggravamento delle sue condizioni di salute.
E tale cessazione delle esigenze cautelari, ove esaminata (come non
avvenuto) nell’ordinanza impugnata ed eventualmente ritenuta fondata, avrebbe
implicato la revoca della misura, senza incorrere nella rigorosa interpretazione
anche recentemente ribadita dalle sezioni unite di questa Corte, secondo cui la
3

insiste nella richiesta di accoglimento dei motivi di ricorso e, in subordine, chiede

Trasmessa copia ex art 23
n. 1 ter L. 8-8-95 rL 332
Roma, lì

25 FEB. 2013

presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, di cui all’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen., opera non solo nel momento di adozione del
provvedimento coercitivo genetico ma anche nelle successive vicende che
attengono alla riconosciuta permanenza delle esigenze cautelar’ (Sez. 1J,
ordinanza n. 34473 del 19/07/2012, deo. 10/09/2012, Lipari Rv. 253186, con la
quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 275,

comma secondo, Cost., nella parte in cui fa operare la presunzione assoluta di
adeguatezza della custodia cautelare in carcere in riferimento ai delitti commessi
avvalendosi delle condizioni previste all’art. 416 bis cod. pen. ovvero al fine di
agevolare le attività delle associazioni di tipo mafioso).

2. Alla stregua di quanto precede si impone, dunque, l’annullamento
dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale distrettuale di
Reggio Calabria, che l’ha pronunciata, il quale dovrà motivare sulla dedotta
sopravvenuta cessazione delle esigenze cautelari e, quindi, sull’eventuale
insussistenza di uno dei presupposti di applicabilità della misura coercitiva.
Ogni altra questione, sollevata anche con la memoria difensiva
recentemente depositata, resta assorbita dall’epilogo decisorio raggiunto.
La cancelleria curerà la trasmissione del presente provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario in cui è ristretto il ricorrente, ai sensi dell’art. 94,
comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Reggio Calabria.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, al sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att.

cod. proc. pen.

Così deciso, in Roma, il 15 novembre 2012.

comma 3, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3, 13, comma primo, e 27,

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