Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9000 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9000 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
BATTAGLIA Rosario, nato a Vibo Valentia il 3/11/1984,

avverso l’ordinanza in data 17 maggio 2012 del Tribunale del riesame di
Catanzaro n. 527/2012.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
sentito il pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in persona del
sostituto procuratore generale, Alfredo Pompeo Viola, il quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso;
rilevato che il difensore del ricorrente non è comparso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 17 maggio 2012 il Tribunale di Catanzaro,
costituito ai sensi dell’ad. 309 cod. proc. pen., ha respinto il ricorso proposto da
Battaglia Rosario avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del
medesimo Tribunale, in data 24 aprile 2012, che, in sede di rinnovazione del

Data Udienza: 15/11/2012

titolo ex art. 27 cod. proc. pen., aveva applicato nei suoi confronti la misura
cautelare della custodia in carcere in ordine ai delitti di cui agli artt. 2 legge n.
895 del 1967, 23 legge n. 110 del 1975 e 648 cod. pen., per avere detenuto, in
concorso con altre persone, una pistola semiautomatica, calibro 7,65 con
matricola abrasa, provvista di relative munizioni, proveniente da delitto.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti entrambe le condizioni di applicabilità
integrati, sul piano generico, dal rinvenimento e sequestro dell’arma operato
dalla polizia, il 21 marzo 2012, in un appartamento sito in via Arenile di Vibo
Valentia Marina; e, sul piano specifico, dai contenuti delle conversazioni tra
presenti intercettate (in particolare quelle registrate il 15 marzo 2012), da cui
emergeva la frequentazione dell’abitazione dove era custodita la predetta pistola
da parte del Battaglia e la disponibilità dell’arma per tutti coloro che avevano
accesso al medesimo appartamento.
Il Tribunale ha apprezzato, altresì, l’esistenza delle esigenze cautelari di
speciale prevenzione per il concreto pericolo di reiterazione della condotta
criminosa, desunto sia dalla specifiche modalità e circostanze del fatto,
sintomatiche di estrema spregiudicatezza del Battaglia nel procurarsi ed usare
armi clandestine e di collegamenti dello stesso con ambienti malavitosi; sia dalla
pessima (così qualificata nell’ordinanza) biografia criminale dell’indagato, già
resosi irreperibile, donde la ritenuta sussistenza anche del pericolo di fuga.
La misura più afflittiva della custodia in carcere è stata, inoltre, ritenuta
l’unica idonea a soddisfare in concreto le esigenze cautelari emerse, oltre che
proporzionata all’entità dei fatti ed alla sanzione per essi irrogabile, mentre gli
arresti domiciliari sono stati apprezzati come inadeguati a prevenire il pericolo di
fuga e di reiterazione criminosa e, in particolare, non atti a consentire la
rescissione dei legami del Battaglia con gli ambienti criminali in grado di reperire
armi da fuoco clandestine del tipo di quella rinvenuta nella sua disponibilità.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cessazione il
Battaglia tramite il difensore, il quale deduce tre motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 125 e
273 cod. proc. pan. e I’lllogicità e/o la contraddittorietà della motivazione
dell’ordinanza dl custodia cautelare.
Dopo un’ampia premessa sui requisiti della motivazione, sulla legittimità
della motivazione per relationem, sulla nozione di indizio e sul giusto processo
cautelare, il ricorrente osserva che, nel caso di specie, il convincimento
manifestato dal Tribunale del riesame di Catanzaro circa la sussistenza di gravi
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della misura coercitiva di massimo rigore: i gravi indizi di colpevolezza erano

indizi di colpevolezza, a carico del ricorrente, non sarebbe stato accompagnato
dall’enunciazione, in modo adeguato e coerente, delle ragioni a sostegno del
giudizio prognostico di qualificata probabilità di affermazione della responsabilità
del Battaglia con riguardo ai reati ascrittigli.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione della legge
penale, sostanziale e processuale, e il vizio di motivazione in merito alla ritenuta

Le intercettazioni, da sole, non potrebbero costituire elementi idonei a
supportare un’ordinanza di custodia cautelare in carcere: le stesse, infatti, in
quanto mezzi di ricerca della prova, potrebbero costituire fonti di prova solo se
gli indizi raccolti fossero gravi, precisi e concordanti, ciò che non ricorrerebbe nel
caso in esame.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge con
riguardo agli artt. 274, comma 1, lett. c), e 275, comma 3, cod. proc. pen., in
tema di ritenuta esistenza delle esigenze cautelari, per omessa valutazione della
sua personalità.

CONSIDERATO IN

Dnurro

1. Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, perché,
dalla acquisita posizione giuridica aggiornata, risulta che il Battaglia è stato
scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare
di fase.
Le sezioni unite di questa Corte con recente sentenza hanno stabilito che, in

tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare
custodiale nelle more revocata o divenuta inefficace, perché possa ritenersi
comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in
riferimento ad una futura utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini
del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la
circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare
in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento
della stessa, formulata personalmente dall’interessato (Sez. U, n. 7931 del
16/12/2010, dep. 01/03/2011, Testini, Rv. 249002).
Poiché, nella fattispecie, il Battaglia, rimesso in libertà in relazione al titolo
qui impugnato, non ha personalmente dedotto Il suo interesse a coltivare
l’impugnazione davanti a questa Corte ai fini del riconoscimento della riparazione
per ingiusta detenzione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile d’ufficio
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sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

per sopravvenuta carenza di interesse, senza provvedimenti accessori di
condanna, in adesione alla costante giurisprudenza di legittimità secondo cui,
qualora il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione
sopraggiunga alla sua proposizione, alla dichiarazione di inammissibilità non
consegue la condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al
pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende (Sez.

25/06/1997, dep. 18/07/1997, Chiappetta, Rv. 208166; Sez. 6, n. 22747 del
06/03/2003, dep. 22/11/2003, Caterino, Rv. 226009; Sez. 2, n. 30669 del
17/05/2006, dep. 14/09/2006, De Mitri, Rv. 234859).

2. Segue declaratoria di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Così deciso, in Roma, il 15 novembre 2012.

U, n. 20 del 09/10/1996, dep. 06/12/1996, Vitale, Rv. 206168; Sez. U, n. 7 del

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