Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8998 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 8998 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
VENTURELLA Slivestre, nato a Monreale il 31/08/1963,

avverso l’ordinanza in data 10 febbraio 2012 del Tribunale del riesame di
Palermo n. 114/2012.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
sentito il pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in persona del
sostituto procuratore generale, Alfredo Pompeo Viola, il quale ha chiesto
l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;
sentito il difensore del ricorrente, avvocato Marcello Montalbano in sostituzione
dell’avvocato Armando Zampardi, il quale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Venturella Silvestre, insieme a Cuomo Federico, Di Pietro Gabriele e
Pedicone Maurizio, è gravemente indiziato di concorso nei reati di detenzione e
porto senza autorizzazione di numerose armi da guerra (due mitragliatori, una

Data Udienza: 15/11/2012

pistola mitragliatrice, una mitraglietta, un mitra, una pistola calibro 45 e un
fucile di assalto) e relativo munizionamento, perché sorpreso mentre con i
predetti Cuomo, Di Pietro e Pedicone si esercitavano a sparare in un
improvvisato poligono a cielo aperto in località Portella Della Ginestra/Portella
Della Paglia, nel comune di Monreale, lI 14 gennaio 2012.
Il tribunale del riesame di Palermo, costituito ai sensi dell’art. 310 cod. proc.

proposto dal procuratore della Repubblica della sede, ha sostituito la misura
dell’obbligo di dimora nel comune di Palermo, applicata al Venturella dal giudice
per le indagini preliminari della sede con provvedimento del 17 gennaio 2012,
con quella più afflittiva degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione, e ha
motivato l’aggravamento della misura con l’inidoneità dell’obbligo di dimora, per
la libertà di azione lasciata all’indagato, a soddisfare le specifiche esigenze
cautelari del caso, ravvisate nel pericolo di inquinamento probatorio e di
reiterazione del comportamento criminoso.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Venturella tramite il difensore, il quale deduce due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 275 cod. proc. pen. con riguardo all’obbligo del giudice di
assicurare, nella scelta della misura coercitiva, la piena corrispondenza
funzionale tra la misura adottata e il pericolo da prevenire.
Tale corrispondenza era stata correttamente apprezzata dal giudice
dell’ordinanza genetica, il quale, nonostante la gravità del fatto per tipologia e
numero delle armi rinvenute in possesso degli indagati, aveva con adeguate
argomentazioni ricondotto la vicenda nell’alveo di una

“incosciente bravata,

fortunatamente priva di ben più gravi conseguenze da parte di soggetti che,
anche in ragione della loro competenza in materia di armi (tutti autorizzati alla
detenzione di armi comuni da sparo: n.d.r.) e della loro personalità (tutti
incensurati), non avrebbero dovuto oltrepassare il limite legalmente consentito

per coltivare la propria passione in materia di armi”.
In particolare, il giudice per le indagini preliminari aveva escluso qualsiasi
concreto, attuale o potenziale, collegamento del Venturelia con ambienti di
criminalità comune od organizzata, distinguendo la sua posizione da quella del
Cuomo, riconosciutosi unico proprietario delle armi da guerra sequestrate.
Il tribunale del riesame avrebbe ignorato, senza specificamente censurarle,
le predette coerenti argomentazioni del primo giudice, disconoscendo
l’occasionalità e l’eccezionalità del comportamento del ricorrente, legato al

pen., con ordinanza del 10 febbraio 2012, in parziale accoglimento dell’appello

Cuomo soltanto dalla comune passione per le armi e in rapporti sporadici con lo
stesso.
Anche la personalità del Venturella, persona incensurata, titolare di porto
d’armi a fini di caccia e di licenza da collezionista, custode rigoroso delle
numerose armi e cartucce legittimamente detenute nella sua abitazione in
apposito locale blindato, come accertato dai carabinieri in occasione della

lavoro, sarebbe stata totalmente ignorata dal tribunale nel suo giudizio di
adeguatezza della misura coercitiva più afflittiva in aperta violazione dell’art.
275, comma 3, cod. proc. pan.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza o manifesta
illogicità della motivazione e la sua contraddittorietà.
Il tribunale avrebbe omesso di indicare gli elementi specifici che, nella
fattispecie concreta, inducevano a ritenere gli arresti domiciliari come la misura
più idonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari, limitandosi ad un
incongruo richiamo alla necessità di limitare la libertà d’azione del Venturella.
A tale carenza motivazionale si aggiungerebbe quella di illogicità e
contraddittorietà, avendo la stessa ordinanza circoscritto la partecipazione del
Venturella alla sola esercitazione con le armi da guerra o tipo da guerra nel
poligono improvvisato, per cui era stato arrestato in flagranza il 12 gennaio
2012, senza attribuire all’indagato ulteriori ipotesi criminose di commercio o
assemblaggio di armi vietate, come invece sostenuto del procuratore della
Repubblica a sostegno dell’appello proposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ sopravvenuta, con ordinanza del 18 luglio 2012 del giudice per le
indagini preliminari del tribunale di Palermo, la revoca della misura coercitiva
dell’obbligo di dimora applicata al Venturella, come documentato dal difensore
nell’odierna udienza, sicché l’ordinanza impugnata che ha sostituito, in data 10
febbraio 2012, la misura dell’obbligo di dimora, all’epoca ancora vigente nei
confronti del Venturella, con gli arresti domiciliari, è divenuta inefficace e il
ricorrente non ha più interesse a coltivare l’impugnazione davanti a questa
Corte.

2. Ne discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse; essa non comporta provvedimenti accessori di condanna, in
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perquisizione domiciliare del 14 gennaio 2012, e dedito ad onesto e stabile

adesione alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, qualora il
venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga
alla sua proposizione, alla dichiarazione di inammissibilità non consegue la
condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della
sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende (Sez. U, n. 20 del
09/10/1996, dep. 06/12/1996, Vitale, Rv. 206168; Sez. U, n. 7 del 25/06/1997,

deo. 22/11/2003, Caterino, Rv. 226009; Sez. 2, n. 30669 del 17/05/2006,
dep. 14/09/2006, De Mitri, Rv. 234859).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Così deciso, in Roma, il 15 novembre 2012.

dep. 18/07/1997, Chiappetta, Rv. 208166; Sez. 6, n. 22747 del 06/03/2003,

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