Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8992 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8992 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
l) POLITO GIANLUCA N. IL 18/11/1974
2) POLITO ALESSANDRO N. IL 25/08/1981
3) FONTO’ DAVIDE N. IL 08/12/1984

(

avverso l’ordinanza n. 630/2012 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
27/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere 139tt. GIOV
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 11.4,1,;„

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Data Udienza: 12/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1.

Con ordinanza in data 27/7/2012 il Tribunale di Lecce rigettava

l’istanza di riesame proposta nell’interesse di Alessandro Polito, Gianluca
Polito e Davide Fontò, confermando, per l’effetto, l’ordinanza di custodia
cautelare in carcere emessa nei loro confronti dal G.I.P. del Tribunale di
Brindisi in data 13.7.2012, in ordine a più episodi tentati e consumati di
estorsione.
Avverso tale provvedimento Polito Gianluca e Fontò Davide, per

mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, ricorrono per cassazione
chiedendone l’annullamento. Al riguardo, Polito Gianluca deduce, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. e in relazione agli
artt. 110, 56-629, 629 cod. peri, e 292 cod. proc. pen., il difetto e/o
l’omessa motivazione in relazione alla puntuale disamina delle condotte
concorsuali che l’indagato avrebbe commesso nell’ambito dell’asserita
attività estorsiva ai danni della persona offesa, nonché in ordine alla
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, avendo il Tribunale omesso di
precisare quali siano in concreto gli elementi a conforto delle dichiarazioni
della persona offesa, indicati genericamente in plurimi riscontri documentali
e fattuali. Al riguardo, evidenzia l’illogicità della motivazione laddove il
Tribunale non ha tenuto conto che il contrasto con la persona offesa aveva
riguardato Polito Alessandro e non Polito Gianluca e che le asserite richieste
estorsive erano partite sempre da Polito Alessandro e mai dal Polito
Gianluca; censura, infine, il provvedimento perché richiama, quale
antecedente fattuale dimostrativo del coinvolgimento dell’indagato nelle
richieste estorsive successive al 23/06/2012, l’aver partecipato, tempo
prima che queste si verificassero (1’11.5.2012), al pestaggio della persona
offesa, nonché nella parte in cui si “esige” che sia l’indagato a dover fornire
una plausibile spiegazione del perché sarebbe stato speso il nome dei
fratelli Polito allorché l’Altavilla avrebbe rivolto alla persona offesa una delle
richieste estorsive, ovvero laddove si valorizza in termini di elemento a
carico la semplice conoscenza con due dei presunti richiedenti le somme di
denaro (Altavilla e Fontò), mentre si trascura in senso favorevole al
ricorrente la circostanza che egli non conosce altri elle soggetti coinvolti
nella vicenda (Lioce e Scapecchi)

Fontò Davide, unitamente a Polito

Alessandro, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc.
pen., la nullità dell’ordinanza in relazione agli artt. 63, comma 2, e 350 cod.
proc. pen., stante l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Sammarco

2.

Francesco, costituenti da sole la “piattaforma” indiziarla giustificatrice
dell’ordinanza custodiale, in quanto provenienti da persona che avrebbe
dovuto essere sentita, allorché decise di denunciare i fatti per cui è
procedimento, in qualità di indagato di reato connesso o collegato con le
garanzie e gli avvisi di legge (violazione dell’art. 64, comma 1, lett. c) cod.
proc. pen.), avendo subito un precedente arresto per reato (porto in luogo
pubblico di arma clandestina) collegato ai fatti per cui si procede, in quanto
antecedente fattuale che sarebbe stato determinato dalle asserite

altre aventi analoga natura estorsiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Inammissibile, poiché manifestamente infondato, è il ricorso

proposto nell’interesse di Polito Gianluca. Sul punto è necessario chiarire i
limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati
dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale. Secondo
l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non
conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi
materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli
indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive
dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle
misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel
compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la
cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6,
sent. n. 2146 del 25.05.1995, Tontoli, Rv. 201840; sez. 2, sent. n. 56 del
7/12/2011, Rv. 251760). Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione
delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà
personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la
coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di
colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro,
la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del

2

pretestuose richieste di denaro dei Polito, al quale poi sarebbero seguite le

provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la
rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la
motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In
particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del
riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può
essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie”
dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la

di fatto (Sez. 1, sent. n. 1700 del 20.03.1998, Barbaro, Rv. 210566). Tanto
precisato, nell’ordinanza impugnata risultano sufficientemente evidenziate
le rationes che hanno portato a ritenere coinvolto anche il Polito Gianluca
nei plurimi episodi estorsivi ai danni del Sammarco, essendo individuati e
valutati gli elementi di fatto da cui sia il giudice della cautela che il
Tribunale del riesame hanno desunto i gravi indizi di colpevolezza a carico
dell’indagato. In tale contesto non può “parcellizzarsi” la partecipazione
dell’indagato all’agguato in danno del Sammarco (ammessa nel corso
dell’interrogatorio di garanzia), estrapolandola dal contesto complessivo in
cui matura e si sviluppa la vicenda illecita, soprattutto se si considera che
tale evento lesivo precede di non molto i successivi sviluppi criminosi, che
alcuni degli autori materiali delle successive richieste estorsive hanno
dichiarato alla vittima di agire in nome e per conto di entrambi i fratelli
Polito (in questi termini Altavilla e Lioce) e che il denunziante riferisce di
richieste di denaro di carattere pretestuoso rivolte da parte dei fratelli
Polito anche prima dei giorno in cui venne aggredito da Gianiuca e
Alessandro Polito, unitamente a Vito Simone Ruggiero che attendeva
lontano a bordo di un auto. Nella progressione criminosa degli eventi,
anche la condotta dell’indagato, al pari di quella degli altri, deve essere
letta non disgiuntamente dai comportamenti portatori di minacce,
antecedenti e successivi alla loro rispettiva comparsa e sempre rivolta
all’indirizzo della persona offesa. Del resto, per la sussistenza del reato di
estorsione, e tanto più vale per l’ipotesi concorsuale, non occorre che vi sia
identità tra autore della violenza e della minaccia e autore
dell’impossessamento del denaro o della cosa mobile altrui, quando il primo
abbia causalmente e volontariamente agito per rendere possibile o
agevolare la successiva condotta del secondo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue, ai sensi dell’art.

3

verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni

616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente Polito Gianluca

al

pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso si
determina in euro 1.000,00.
4.

Il ricorso proposto nell’interesse di Polito Alessandro e Fontò Davide

è, invece, infondato. Questi censurano la decisione impugnata nella parte in
cui ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese dal Sammarco, fonte di prova

indagati. Al riguardo, va osservato che il regime normativo richiamato dai
ricorrenti non è pertinente al caso di specie. Invero, come osservato dal
Tribunale, le dichiarazioni rese dal Sammarco il 7/07/2012 furono
spontaneamente rilasciate dallo stesso allorché, esasperato dai numerosi
episodi intimidatori in danno suo e dei suoi stretti congiunti, si risolse a
denunziare alle forze dell’ordine quanto accaduto decidendo di collaborare
con la giustizia. Tali affermazioni sono pienamente utilizzabili nelle indagini
preliminari e nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per l’adozione
di un provvedimento cautelare, anche contra alios (così Cass., Sez. VI
penale, 11 luglio 2006, n. 24679, PM in procedimento Adamo ed altro, rv.
235135 ; Cass., Sez. VI penale, 30 aprile 1997 n. 1770, Ventaloro , rv.
208842; Sez. un., sentenza n. 1150 del 25/09/2008, rv. 241884; Sez. 6,
sentenza n. 21265 del 15/12/2011, rv. 252852). Inoltre, alle dichiarazioni
spontanee rese alla polizia giudiziaria non è applicabile la disciplina del
secondo comma dell’articolo 63 del codice di rito, ma esclusivamente quella
di cui all’articolo 350, comma 7, cod. proc. pen. (vedi in particolare

le

sentenze sopra citate oltre a Cass., Sez. VI penale, 2 dicembre 2004 – 4
febbraio 2005, n. 4152, rv. 231304). Tanto premesso va osservato che
correttamente il G.I.P. ed il Tribunale hanno ritenuto che le dichiarazioni
rese dal Sammarco fossero regolate dalla disposizione contenuta nel
comma 7 dell’articolo 350 cod. proc. pen. perché esse non erano state
sollecitate da alcuna domanda degli inquirenti ed avevano il carattere della
spontaneità.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
5.

Considerato che dalla presente decisione non consegue la

rimessione in libertà dei ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale
– che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore

4

su cui si fonda il giudizio di gravità indiziaria nei confronti di tutti gli

dell’istituto penitenziario in cui gli indagati si trovano ristretti perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di Polito Gianluca e
rigetta il ricorso proposto nell’interesse di Polito Alessandro e Fontò Davide.
al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende. Si
provveda ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso, il 12 dicembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e Polito Gianluca

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