Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8969 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8969 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MAZZALUPI ALESSANDRO N. IL 04/11/1971
avverso la sentenza n. 8616/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
15/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 14/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 15.12.2011 la Corte di appello di Roma confermava
la decisione di primo con la quale il Tribunale della stessa sede condannava
Alessandro Mazzalupi, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di un
mese di arresto ed euro SO di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 4
comma 3 legge n. 110 del 1975 (porto senza giustificato motivo di una parte di
forbice lunga cm. 20 di cui cm 10 di lama), accertato il 18.3.2007.
Rilevava che detto oggetto costituito da una sola parte di forbice, proprio in

quanto non utilizzabile per gli usi propri, costituisce strumento da punta e taglio
atto ad offendere e che l’imputato, gravato da numerosi precedenti, non aveva
fornito alcuna spiegazione del porto fuori dell’abitazione.
Sottolineava che le ipotesi prospettate dall’imputato restavano indimostrate
e non verificabili.

2. Il Mazzalupi, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per
cassazione denunciando la omessa motivazione in ordine alle deduzioni
formulate con l’atto di appello, nonché, la violazione di legge in ordine alla
configurabilità del reato contestato. Contesta che le forbici possano essere
considerate arma e ribadisce che le stesse erano state rinvenute all’interno
dell’autovettura in un’area privata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Invero, la motivazione della sentenza impugnata ha dato conto in maniera
compiuta, ancorchè sintetica, della valutazione della prova della responsabilità
dell’imputato.
Va ricordato che il giustificato motivo del porto degli oggetti di cui all’art. 4,
legge 18 aprile 1975 n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente
siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate
alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni
soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione
dell’oggetto (Sez. 1, n. 4498, 14/01/2008, Genepro, rv. 238946).
A fronte di ciò, le doglianze del ricorrente oltre a risultare manifestamente
infondate sono in gran parte fondate su censure di fatto la cui valutazione è
preclusa nel giudizio di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, in forza del disposto
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

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processuali ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro
1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 (mille) alla

Così deciso, il 14 novembre 2012.

cassa delle ammende.

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