Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8964 del 20/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8964 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VISENTIN ROBERTO N. IL 17/04/1944
avverso la sentenza n. 800/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
25/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;

L/

Data Udienza: 20/10/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’imputato VISENTIN Roberto, tramite il difensore, ricorre per Cassazione
avverso il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo i seguenti motivi di
doglianza così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
§.1) Vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione
alla determinazione del trattamento sanzionatorio che trascenderebbe i limiti di
motivazione previsti dall’art. 133 cod. pen.

La censura è manifestamente infondata. La difesa non ha messo in evidenza
alcun specifico errore di diritto nell’applicazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen.
Il trattamento sanzionatorio,
fondato sull’applicazione delle suddette
disposizioni, è la diretta conseguenza di un apparato argomentativo che la difesa
manifesta di non condividere, senza peraltro dedurre valide argomentazioni che
possano dimostrare vizi della motivazione che devono essere desumibili dal testo
del provvedimento impugnato. E’ principio noto in giurisprudenza che il giudice
del merito nell’accordare o nel negare le attenuanti generiche e nel determinare il
trattamento sanzionatorio, non ha l’obbligo di prendere in considerazione tutti i
parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., essendo sufficiente che egli indichi
quello che dei suddetti parametri abbia maggior rilievo, al fine di permettere la
ricostruzione del pensiero logico-giuridico che giustifica la decisione assunta e
consenta di verificare che il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale, di
merito, non sia caduto in arbitrii. Va inoltre rammentato “La specifica e
dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in
relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la
pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo
altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.
133 c.p. le espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo
aumento», come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a
delinquere”. [Cass. pen., sez. II, 26.6.2009, n. 36245 in Ced Cass. Rv 245596] ed
ancora che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte
circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di
merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione,
tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si
sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata
in concreto. Cass. pen. SU 25.2.2010,11. 10713 in Ced Cass., rv. 245931
Per le suddette ragioni, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00
alla Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione
amministrativa stabilita dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta
processuale dell’imputato la responsabilità ivi prevista.
P. Q. M.

RITENUTO IN DIRITTO

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma 20.10.2015

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