Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8964 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8964 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
p ,’Ebk acce F Le P Po
1) “431~ tWeeN. I /01/1961
avverso la sentenza n. 313/2011 GIP TRIBUNALE di VOGHERA, del
03/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 14/11/2012

Ritenuto in fatto.

Il 3 ottobre 2011 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Voghera,
revocato il decreto penale di condanna n. 400/2010, opposto dall’imputato,
assorbita la contestazione ex art. 4 1. n. 110 del 1975 originariamente formulata, e,
riconosciute le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito,
lo condannava alla pena di due mesi e venti giorni di arresto, convertita ex artt. 53 1.
n. 689 del 1981 e 135 c.p., nella pena di euro 3.040 di ammenda.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di
fiducia, l’imputato il quale lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione
in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato e agli elementi posti a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità.
Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza
di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione,
dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa
risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al
punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione
(Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 1922. c.p.p., non
critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla
formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il

dichiarava Filippo Pierfelice colpevole del reato previsto dall’art. 707 c.p., in esso

sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua chiara e
puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole
della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente, condannato per delitti contro il patrimonio, di
Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186
del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria
che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Pr sidente

portare, senza alcuna giustificazione, strumenti atti all’effrazione e allo scasso.

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