Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8964 del 09/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8964 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BALATA GIACOMO N. IL 19/06/1957
avverso la sentenza n. 2753/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 25/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/01/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Palermo, ridotta la somma stabilita a titolo di
provvisionale, ha confermato nel resto la sentenza emessa in data 7 giugno 2007 dal locale Tribunale, Sezione distaccata di Bagheria, appellata da BALATA Giacomo, dichiarato responsabile
del delitto di lesioni, commesso fino al luglio 2002, in relazione al quale risulta peraltro che il
prevenuto abbia rinunciato alla prescrizione maturata prima della sentenza della Corte di Appello.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sul ricorrere del comportamento vessatorio ritenuto causa delle lesioni riportate dalla parte civile.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
Il ricorrente che denuncia la falsità (che avrebbe dimostrato con il suo appello) del presupposto
su cui sarebbe basata la decisione della Corte di merito non chiarisce in che termini si sarebbe
concretizzata tale falsità così da determinare l’illogicità della sentenza, laddove dal testo appare
che almeno tre sarebbero stati i rilievi aventi valenza disciplinare, rilevanti nell’ottica
dell’imputazione indipendentemente dall’essersi concretizzati in formali contestazioni e, per di
più, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, irrilevanti per una riconsiderazione
della responsabilità quand’anche fossero stati formalmente legittimi, secondo una consolidata
giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. VI, n. 28553 del 18/3/2009, Rv. 246637; Sez. VI, n.
31413 dell’8.3.2006, Riva) per la quale la condotta vessatoria integrante mobbing non è esclusa
dalla formale legittimità delle iniziative disciplinari assunte nei confronti dei dipendenti mobbizzati. Conseguentemente si appalesa manifestamente infondata la doglianza relativa alla pretesa
pretermissione dei risultati dell’istruttoria difensiva sulla legittimità delle contestazioni, laddove
la Corte di merito ha fatto chiaro riferimento ad una situazione di malattia attestata da documentazione medica e accertamento peritale ricollegata ad una serie di comportamenti reiterati del
prevenuto che, denunciati come tali dalla parte civile, sono stati confermati dalle testimonianze
acquisite la cui complessiva valutazione porta all’individuazione di un mirato susseguirsi di contestazioni relative alla professionalità del GRASSO su comportamenti non chiaramente a quello
addebitabili con una reiterazione dalle connotazioni persecutorie che la Corte territoriale ha logicamente connesso a precisa volontà del prevenuto ed alle conseguenze oggettivamente riscontrate.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2014.

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