Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8961 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8961 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) EL FARKH RACHID N. IL 10/05/1966
avverso la sentenza n. 1647/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
18/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 14/11/2012

Ritenuto in fatto.
11 18 novembre 2011 la Corte d’appello di Torino, in sede di rinvio dalla Corte
di Cassazione, in parziale riforma della sentenza appellata, assolveva El Farkh
Rachid dal reato di cui all’art. 6 d. lgs. n. 286 del 1998 e successive modifiche,
perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato; esclusa l’aggravante
contestata in relazione al reato di cui all’art. 635, comma 2, c.p., riconosciute le
rideterminava la pena inflitta per i reati di cui agli artt. 635 e 56, 610 c.p. in sei mesi
di reclusione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di
fiducia, l’imputato il quale lamenta violazione ed erronea applicazione della legge
penale con riferimento alla ritenuta validità della querela proposta da Luigi Barca.
Osserva in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza
di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione,
dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa
risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al
punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione
(Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento alla ritenuta validità della querela, non critica in realtà la violazione di
specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del
giudice, bensì, postulando un preteso travisamento del fatto, chiede la rilettura del
contenuto dell’atto e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile
invece in sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione,
allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia -come nella
specie- una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata,
nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali e, specificamente,

circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contesta recidiva,

alle dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti dalla parte offesa, evidenzianti
l’univoca e chiara volontà di Luigi Barca, titolare del locale danneggiato, di
ottenere la punizione del responsabile, identificato, al di là di ogni ragionevole
dubbio, nella persona del ricorrente.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria
che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi del!’ art. 616 c.p.p.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Pre idente

colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186

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