Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8955 del 14/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8955 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) DELLE DONNE SISTO N. IL 07/08/1977
avverso la sentenza n. 1711/2011 TRIBUNALE di RAVENNA, del
29/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 14/11/2012

Ritenuto in fatto.
Con sentenza resa il 29 novembre 2011 ai sensi dell’alt 444 c.p.p. il Tribunale
di Ravenna applicava a Sisto Delle Donne, imputato del reato di cui all’art. 9 1. n.
1423 del 1956 e successive modifiche, la pena concordata fra le parti di un anno, un
mese e dieci giorni di reclusione, tenuto conto della diminuente per il rito.
l’imputato, il quale lamenta mancanza di motivazione circa l’insussistenza di
ragioni legittimanti il proscioglimento ai sensi dell’ art. 129 c.p.p..
Osserva in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Collegio premette che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte sua
il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
c.p.p.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena art.
444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o
soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privi di
specificità e, comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto all’
accordo intervenuto fra le parti e, dall’altro, ha escluso la sussistenza dei
presupposti di cui all’art.129 c.p.p. e ha correttamente qualificato il fatto.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede
di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai
parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza
di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992, Di Benedetto;
SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998, Messina).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di
una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in curo millecinquecento, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 14 novembre 2012.

P.Q.M.

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