Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8952 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8952 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO ANTONIO N. IL 22/09/1979
avverso l’ordinanza n. 3906/2012 TRIB. LIBERTA’ di PERUGIA, del
14/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
Ve/sentite le conclusioni del PG Dott. F“,gu i. , I:5 Q

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Data Udienza: 25/11/2015

RITENUTO IN FATTO
– che con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame dì
Perugia, adito ex art. 310 c.p.p., ha rigettato l’appello cautelare presentato
nell’interesse di ANTONIO LOMBARDO, in atti generalizzato, sottoposto alla
misura cautelare della custodia in carcere per plurime estorsioni, tentate e
consumate, pluriaggravate (anche

ex art. 7 I. n. 203 del 1991), usura,

bancarotta fraudolenta ed altro, contro l’ordinanza con la quale il GIP del

revoca o sostituzione della predetta misura, previa rivalutazione delle
esigenze cautelari;
– che, in particolare, il Tribunale del riesame, premesso che l’ordinanza
genetica era stata emessa anche per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., ed era
stata annullata dalla Corte di cassazione, con rinvio, unicamente quanto a tale
reato ed all’aggravante dì cui all’art. 7 cit., con conseguente c.d. “giudicato
cautelare” relativamente al quadro indiziario inerente agli ulteriori reati, ha
ritenuto che gli elementi posti a fondamento dell’istanza rigettata non fossero
idonei a far venire meno le gravi esigenze cautelari già ritenute, e la necessità
della custodia in carcere, sulla base di articolate considerazioni esposte a f. 9
ss. della motivazione;
– che, contro tale provvedimento, l’indagato ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo plurime violazioni di legge sostanziale e processuale,
in concreto lamentando la mancata considerazione di elementi che a suo
avviso avrebbero dovuto escludere la sussistenza dei gravi indizi dì
colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 416-bis c.p. ed ai conseguenti
reati-fine, e di conseguenza revocare od attenuare la misura de qua (primo
motivo), e comunque censurando le valutazioni del Tribunale del riesame
riguardanti la ritenuta sussistenza di esigenze cautelari e la ritenuta
adeguatezza della sola misura della custodia in carcere a soddisfare le
esigenze cautelari ritenute;
– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell’art. 127 c.p.p.,
si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito; all’esito, le parti
presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in
camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti;

Tribunale della stessa città, in data 4.6.2015, aveva rigettato una richiesta di

,
.•

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è inammissibile per genericità (in quanto reitera doglianze
già non accolte dal Tribunale del riesame con motivazione incensurabile in
questa sede), e comunque, per manifesta infondatezza;
– che il LOMBARDO ha presentato appello cautelare contro una ordinanza
emessa in data 4.6.2015, e che la decisione del Tribunale del riesame oggi
impugnata risale al 14.7.2015: come chiarito dal Tribunale del riesame (f. 6)

stato ancora pronunciato dalla Corte di cassazione l’annullamento parziale
(limitato al reato associativo ed all’aggravante di cui all’art. 7 I. n. 203 del
1991) del titolo genetico, disposto in data 7.7.2015, ed alla data della
decisione del Tribunale del riesame oggi impugnata (14.7.2015) non erano
state ancora depositate le motivazioni del citato provvedimento della Corte di
cassazione;
– che, pertanto, quanto deciso dalla Corte di cassazione in data 7.7.2015
vincolava il Tribunale del riesame, adito ex art. 310 c.p.p. unicamente:
– a non considerare il reato di cui all’art. 416-bis c.p.;
– a non considerare l’aggravante di cui all’art. 7 cit.;
– a ritenere intervenuto il c.d. “giudicato cautelare” nel resto;
– che ogni ulteriore elemento in ipotesi desumibile dalla motivazione della
sentenza parzialmente rescindente della Corte di cassazione costituisce
necessariamente sopravvenienza che il Tribunale del riesame non conosceva e
non poteva quindi considerare, e che, pertanto, non può essere dedotta e
valutata per la prima volta in questa sede;
– che, d’altro canto, come chiaramente osservato dal Tribunale del riesame
nel provvedimento impugnato (f. 3 e f. 8), in difetto di documentate
contestazioni, «l’istanza

de libertate e di conseguenza l’appello sono

incentrati sulla richiesta di rivalutazione delle esigenze cautelarì»: l’unico tra
gli asseriti elementi sopravvenuti (riepilogati a f. 3) suscettibile di riguardare
in ipotesi anche il quadro indiziario (la pretesa inattendibilità della p.o.
BELLUCCI) aveva già costituito oggetto di ricorso in cassazione (f. 9), e pur
tuttavia non aveva legittimato la caducazione del titolo per i reati oggetto
della odierna disamina, come dianzi precisato;
– che, per quanto riguarda la sussistenza dì esigenze cautelarì e la
conseguente scelta della misura in riferimento ai reati oggetto della odierna
disamina, il Tribunale del riesame – con argomentazioni giuridicamente
corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie (che riprendono
quelle, condivise, del primo giudice, come è fisiologico in presenza di una

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e come appare di solare evidenza, alla data della decisione del G.i.p. non era

doppia conforme statuizione), e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa
sede – ha dettagliatamente esaminato, confutandone punto per punto la
possibile rilevanza degli elementi in ipotesi sopravvenuti indicati dalla difesa
(cfr. rilievi a f. 9 ss.), evidenziando la sussistenza di «esigenze cautelari,
concrete ed attuali, nonché specifiche, cioè relative all’indagato», tali da
necessitare tuttora il ricorso alla misura della custodia in carcere, valorizzando
in primis l’intervenuta conferma da parte della Corte di cassazione quanto alla
sussistenza del necessario quadro indiziario grave di commissione delle

anche l’uso di violenza o minaccia) costituenti oggetto dell’imputazione
provvisoria (esclusi il reato associativo e la citata aggravante) in un ampio
arco temporale (dal 2008 al gennaio 2014), di per sé sintomatica di elevato
pericolo di recidiva, e valorizzando incensurabilmente, inoltre, una ampia
serie di elementi fattuali (riepilogati a f. 9 s., con esposizione che appare
superfluo ricopiare pedissequamente in questa sede), dai quali ha
legittimamente desunto la sussistenza dì un attuale e concreto pericolo di
reiterazione dì reati, confermata dai numerosi e gravissimi precedenti penali
riepilogati a f. 10 (con il seguente commento:

«si aggiunga che,

confrontando le date delle sentenze di condanna, si nota che l’indagato ha
commesso i reati a lui contestati con l’ordinanza genetica mentre erano in
corso i processi ed anche dopo la irrevocabilità delle sentenze di condanna.
Dunque neanche le condanne definitive ne hanno arrestato al capacità a
delinquere»);
– che il Tribunale del riesame, sempre con valutazioni incensurabili in
questa sede, ha considerato il tempo all’epoca trascorso in detenzione del
tutto inidoneo a far ritenere insussistenti le ritenute esigenze cautelari relative
a condotte protrattesi per un arco di tempo considerevole e la necessità della
sola misura della custodia in carcere;
– che, infine, da una attenta lettura del diario clinico e dalla certificazione
medica datata 23.12.2014, emergeva che le lamentate condizioni di salute, in
parte pregresse (uso saltuario di stupefacenti ed alcoolismo), in parte
collegate «alla “intolleranza” alla detenzione», risultavano
«adeguatamente curate in carcere farmacologicamente» (f. 10 s.);
inoltre, dal 7.1.2015 è risultato assente il rischio di atti di autolesionismo, ed
il calo ponderale segnalato dalla difesa non risultava dall’analisi della cartella
clinica del carcere di Prato, pur se l’imputato risultava sottoposto a controlli
clinici «costanti se non giornalieri» (f. 11);

plurime condotte illecite (di natura diversa, come premesso, e comportanti

- che, con tali argomentazioni, il ricorrente in concreto non si confronta
adeguatamente, limitandosi a reiterare le doglianze già motivatamente non
accolte dai Tribunale del riesame e riproporre la propria diversa lettura” delle
risultanze acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza
documentare nei modi di rito eventuali travisamenti;
– che la declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso

2000 n. 186), e tenuto conto della natura delle questioni dedotte – della
somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo dì sanzione
pecuniaria;
– che la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento di euro mille alla Cassa d ile ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, udienza camerale 25 novembre 2015

Il Consiglie e estensore

Il Pre idente

determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno

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