Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8952 del 09/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8952 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MIRRA GIOVANNI N. IL 03/01/1952
avverso la sentenza n. 3613/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
19/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/01/2014

••

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza emessa in data
20 maggio 2009 dal Tribunale di Foggia, appellata da MORRA Giovanni, dichiarato responsabile del delitto di minaccia grave, commesso il 9 settembre 2005.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo mancata valutazione di elemento determinante per il mancato ritrovamento della mazza con cui si sarebbe consumata la minaccia, non evidenziata alla polizia giudiziaria intervenuta che non l’aveva quindi rinvenuta, né cercata
sull’autovettura dell’imputato.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico, manifestamente infondato
e tendente a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e
all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalla testimonianza delle
persone presenti correttamente valutate. Né il ricorrente riesce a dimostrare, a fronte di adeguata
valutazione della Corte di merito, come potesse essere determinante il mancato rinvenimento
dello strumento utilizzato per la minaccia da parte della polizia giudiziaria laddove lo stesso ricorso dà atto che non venne adeguatamente cercato.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro • il 9 gennaio 2014.

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