Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8951 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8951 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Pubblico ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia
avverso l’ordinanza del tribunale di Brescia, sezione riesame, in data 21 luglio
2015,;
Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Fulvio Baldi, che
ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso del P.M.;
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia
ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di Brescia,
sezione riesame, in data 21 luglio 2015 con la quale è stata disposto
l’annullamento del sequestro preventivo emesso dal Gip del tribunale di Brescia,
in data 12 giugno 2015 in ordine ai reati di cui agli artt. 640, comma , n. 1 c.p.,
48, 81, 483,479 c.p.;
A sostegno dell’impugnazione ha dedotto i seguenti motivi:
a)

Erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 606 lett. c)
cod. proc pen. mancanza della motivazione

Il ricorrente lamenta che il Tribunale ha erroneamente ritenuto l’insussistenza di
una valida motivazione ai sensi dell’art. 125, c. 3 e 321 c.p.p. , e comunque la
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Data Udienza: 11/11/2015

presenza di una motivazione apparente, tale da integrare l’ipotesi di nullità per
violazione di legge. In realtà, secondo il p.m. ricorrente, il G.I.P. avrebbe richiamato la richiesta cautelare dell’Ufficio di Procura, riepilogando i capi di imputazione ed esponendo una valutazione critica dei fatti in ordine alla sussistenza dei
gravi indizi circa la sussistenza dei delitti ipotizzati, precisando la qualità
dell’incarico ricoperto, le modalità di esecuzione della ipotizzata truffa e gli artifici
e raggiri utilizzati, con il profitto conseguito, come emergente dalla documentazione acquisita e specificamente richiamata. In sostanza il G.I.P. avrebbe fornito

ponderazione dell’ipotesi di reato, anche perché ad ogni indagato è stato notificato il decreto del giudice, la richiesta del procuratore della repubblica e gli allegati alla medesima, con un supporto magnetico riepilogativo dei calcoli e dei dati
documentali. La dedotta nullità pertanto sarebbe insussistente.
Hanno depositato una memoria difensiva gli indagati Terzi Gloria, Seccamani
Mazzoli Filippo che hanno ribadito l’infondatezza del ricorso d el p.m. e la sua
inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
111 ricorso è fondato.
2. Il TDL ha ritenuto che il provvedimento impugnato fosse corredato da
una motivazione apparente, e come tale, integrante la nullità per violazione di
legge riconducibile all’art. 125 cod. proc. pen.
2.1 Osserva la Corte che nel caso in esame, per quanto riguarda la legittimità di
una motivazione “per relationem”, devono trovare applicazione i seguenti principi
di diritto in base ai quali la motivazione “per relationem” di un provvedimento
giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di
semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti
congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del
contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia
meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando
non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto
dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda
attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di
gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o
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compiutamente gli elementi per consentire al Tribunale una completa e oculata

dell’impugnazione (Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014 – dep. 22/12/2014, Mairajane, Rv. 261839); ciò premesso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari può ritenersi assolto “per relationem”, mediante il mero rinvio ad altri atti
del procedimento, quando questi abbiano un contenuto essenzialmente descrittivo o ricostruttivo della realtà oggetto di condivisione (come è avvenuto nel caso
di specie) (Sez. 6, n. 46080 del 29/10/2015 – dep. 20/11/2015, Talbi Nejib e altro, Rv. 265338). Più chiaramente deve evidenziarsi che la Corte di cassazione
ha già sottolineato come la motivazione dei provvedimenti giudiziali possa consi-

do altresì che l’ampiezza di tale rinvio deve essere proporzionata alle concrete
esigenze motivazionali nell’ambito delle finalità che la legge attribuisce alla motivazione quale strumento di trasparenza e controllabilità della decisione che non
esaurisce la propria funzione all’interno delle relazioni tra le parti processuali
(Sez. 3, n. 12464 del 04/03/2010 – dep. 30/03/2010, P.M. in proc. C. e altri, Rv.
246465). Sotto questo profilo deve ritenersi legittimo il mero rinvio ad altri atti
del procedimento quando si intendano fare propri contenuti essenzialmente descrittivi o ricostruttivi della realtà che l’autorità giudiziaria condivide.
Nel caso in esame il decreto di sequestro preventivo emesso in data 12 giugno
2015 dal Giudice per le indagini preliminari di Brescia, e annullata dal Tribunale
del riesame Brescia con il provvedimento impugnato, consiste in sintetiche affermazioni di concordanza con la richiesta del P.M., che viene richiamata ed allegata integralmente, e fatta propria dal G.i.p.. La richiesta del pubblico ministero,
recepita nel decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice delle indagini
preliminari, non consiste, poi, in un disordinato affastellamento di rapporti di polizia giudiziaria, e nell’elencazione delle attività di indagine effettuate dalla polizia
giudiziaria (predisposizione della falsa documentazione; sequestri); la stessa ha
tutti i contenuti per potere essere ritenuta adeguata a giustificare l’adozione del
provvedimento di sequestro (si veda il riferimento ai fgg. 106 e ss. della richiesta
cautelare effettuato dal GIP per la quantificazione dei profitti illeciti oggetto di
sequestro anche per equivalente) consentendo ai destinatari dello stesso di conoscere gli elementi a loro carico per potere disporre un’adeguata difesa. Tuttavia, il Tribunale del riesame, con il provvedimento impugnato, ha annullato il
provvedimento di sequestro, ritenendo la motivazione del provvedimento del tutto inesistente, in quanto vi sarebbe un indifferenziato richiamo all’integrale compendio degli atti d’indagine su cui sarebbe stato fondato “tout court” la presenza
del fumus di tutti i reati contestati agli indagati, senza una reale valutazione autonoma del giudice. In sostanza il richiamo ai plurimi e specifici rapporti della

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stere nel rinvio puntuale a documenti e decisioni già presenti in atti, evidenzian-

Guardia di Finanza, pur pedissequamente identificati, senza una ritenuta autonoma selezione o ponderazione del materiale d’indagine globalmente invocato,
vista anche la ritenuta (da parte del TDL) disomogeneità delle posizioni degli indagati, e degli enti rappresentati e il riferimento a mere responsabilità di “posizione”, e al difetto di indicazioni contabili circa il computo dei profitti illeciti ( in
realtà esistente), della omessa specificazione degli atti amministrativi violati, e
degli specifici trasporti attestati falsamente come eseguiti, non avrebbe consentito il legittimo esercizio del diritto di difesa. Anche perché, secondo il TDL, “un

sti un fatto di estrema semplicità e diretta rilevazione (ad es. il possesso di
un’arma) non può contenere, proprio per la provenienza da un organo di polizia
giudiziaria e per la sua connotazione strutturale di atto diretto a sollecitare
l’organo inquirente affinchè richieda misure caute/ari, una motivazione congrua
rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione”.
E sarebbe “impensabile che ciò che dovrebbe essere oggetto di valutazione (la
ricostruzione storica della P. G.) diventi esso stesso la motivazione attraverso cui
quella ricostruzione di per sé assurge al rango di fumus commissi delicti”.

3. L’assunto del Tribunale non può essere condiviso.
È evidente che nel provvedimento di sequestro emesso il giudice ha adottato
la tecnica “motivazionale” di trasfusione massiva del compendio investigativo in
un’ottica di presunzione di sufficienza dell’illustrazione del quadro indiziario da
parte dell’organo inquirente, facendola propria. Circa la motivazione “per relationem” di un provvedimento giudiziale, come è stato già ricordato, per giurisprudenza costante di questa Corte, la stessa è da considerarsi legittima quando
sussistano le condizioni già elencate sub 2.1 (v. anche Cass. Sez. 4, sent. n.
4181/2007 rv 238674; S.U., sent. n. 17/2000 Rv. 216664).
Orbene tla ‘richiesta del pubblico ministero,fatta propria dal G.I.P. con autonoma
valutazione, risulta ampiamente argomentata con l’indicazione degli elementi
dai quali trarre il “fumus delicti” e, per quanto qui interessa, il “periculum in mora”, perché ne ha valutata la gravità, e ha indicato analiticamente il contenuto
degli elementi indiziari, e, in base alle modalità e all’articolazione con cui l’atto
è stato redatto T è stata evidenziata una configurazione sintetica ma esaustiva
per ogni singola posizione dei fatti specificamente addebitati; è stato così fornito
un quadro complessivo, idoneo a fondare la richiesta, che, una volta recepita dal
giudice, consente alla persona sottoposta alle indagini di approntare un’adeguata
difesa e ai giudici delle impugnazioni di valutarne la sufficienza argomentativa e
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atto di polizia giudiziaria, per quanto possa essere ben formato, e salvo che atte-

la coerenza logica senza che i medesimi siano obbligati ad una soggettiva ricostruzione degli elementi proposti (v.Cass. Sez. 2, sent. n. 6966/2011 Rv.
249681).

4. Rileva, poi, il Collegio che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere

cante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e
quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
(Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093; S.U., 29
maggio 2008 n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto; Sez. U, n. 25932
del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).

4.1 Del resto, l’affermazione secondo la quale il Tribunale per il Riesame
non può annullare il provvedimento impugnato per difetto di motivazione,se non
nei limiti soipraspecificati, ripetuta più volte da questa Corte, è coerente con la
parallela (ed anch’essa reiterata) asserzione secondo cui la motivazione del Tribunale del Riesame legittimamente integra e completa l’eventuale carenza di
motivazione del primo giudice; infatti anche se il giudice del riesame non può
compiere accertamenti, può integrare e correggere il provvedimento impugnato
(nella specie: decreto di sequestro preventivo) sulla scorta dei documenti in suo
possesso (Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007 – dep. 21/01/2008, Di Vincenzo e altro, Rv. 239267). Ne consegue che, anche nell’ipotesi in cui la “motivazione” del
provvedimento cautelare in discussione (intesa come quella parte del provvedimento promanante solo dal Gip) – così come nel caso di specie -venga considerata in sede di riesame inadeguata per una sua eccessiva stringatezza e mancanza di approccio critico rispetto alla richiesta e al materiale indiziario addotto
dal pubblico ministero, di certo, il Tribunale non deve, ne’ può, prescindere
dall’esame degli stessi, e delle valutazioni in essi contenuti, in quanto introdotti e
“inglobati” nell’ordinanza medesima. Infatti, a seguito del richiamo esplicito fatto
dal giudice delle indagini preliminari, gli stessi fanno parte integrante della motivazione del provvedimento cautelare.

5. Il p.m. ricorrente ha perciò evidenziato chiaramente come il provvedimento impugnato sia stato adottato sulla base di una interpretazione normativa

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l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto man-

non condivisibile, sorretta peraltro da una analisi lacunosa degli elementi probatori presenti nel procedimento, che avrebbero consentito, al contrario, una verifica sufficientemente articolata, adeguata alla fase, e coerente rispetto alla disciplina normativa e alla consolidata interpretazione giurisprudenziale in ordine
all’esistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento di sequestro sotto il
profilo del fumus

boni iuris oltre che del periculum in mora. Con logica argomen-

tazione, il p.m. ricorrente ha evidenziato come il reato previsto dall’art. 640 cod.
pen. e gli altri reati connessi a carico degli indagati siano stati individuati anche

univocità interpretativa, in base alla contestazione effettuata, vista anche la sostanziale omogeirlità delle condotte contestate; appare in questo senso assolutamente inappropriata la censura del tribunale che lamenta la impossibile individuazione degli elementi del fumus delicti, che in realtà assumono la veste della
gravità indiziaria, in relazione all’adozione del provvedimento portato al suo esame. I presupposti sono dunque diversi, rispetto a quelli ritenuti necessari dal
Tribunale, come sopra indicato, e la ricostruzione dei fatti proposta dalla Procura,
e fatta propria dal GIP con una valutazione sintetica, ma articolata anche con riferimento ai passaggi motivazionali specifici e personalizzati per ciascun imputato in relazione ad ogni fattispecie delittuosa, appare coerente con l’astratta configurabilità dei reati ipotizzati, in base ai capi di imputazione, che appaiono lineari nella loro formulazione e che fanno emergere anche una più che potenziale
fondatezza dell’ipotesi accusatoria. Anche sotto questo profilo il giudizio del Tribunale del riesame appare frutto di una sostanziale pretermissione valutativa in
ordine al contenuto degli atti portati al suo giudizio, che peraltro avevano fatto
configurare allo stesso GIP un quadro sufficientemente solido di elementi su cui
fondare addirittura un giudizio di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, anche alla luce della documentazione acquisita, e portato alla conoscenza degli indagati con il CD allegato alla richiesta di sequestro avanzata al G.I.P. Appaiono
dunque fondati i rilievi sulla non adeguata valutazione degli elementi relativi alla
configurabilità dei delitti in esame e al conseguente fumus in ordine ai quali dovrà trovare applicazione il seguente principio di diritto “In tema di riesame avverso i provvedimenti cautelari reali, in particolare avverso il provvedimento di
sequestro preventivo, il tribunale deve limitare l’esame alla verifica della corrispondenza tra il fatto per il quale si procede e la fattispecie criminosa, e non può
estenderlo alle valutazioni di merito circa la fondatezza degli elementi di fatto
addotti dall’accusa (Sez. 2, 14/02/2007, n. 12906 Rv. 236386). Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente
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con l’indicazione di fatti concreti,caratterizzati dagli elementi dell’attualità e della

”prendere atto” della tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua
fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il
controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del “fumus commissi delicti” va
compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non
possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le
reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di

Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei
presupposti che legittimano il sequestro(Sez. Un., 20/11/1996, n. 23, Rv.
206657).
6. In realtà poi, osserva la Corte, la contestata valutazione del

“fumus

commissi delicti”, riguarda non tanto l’esistenza delle fattispecie dedotte, ma
l’insussistenza di una valutazione autonoma da parte del G.I.P. con riferimento al
materiale offerto dal P.M., considerazione , che , per quanto esposto, deve considerarsi erronea; infatti l’utilizzazione della tecnica di una motivazione “per rela-

tionem”appare essere stata correttamente utilizzata, in maniera ponderata, coerente e pienamente rispettosa del diritto di difesa degli indagati, ed ha evidenziato, allo stato, un corretto esercizio delle loro specifiche prerogative istituzionali
da parte degli organi giudiziari e giurisdizionali intervenuti.
7. A parere della Corte, pertanto, il provvedimento necessita di una rivisitazione critica alla luce degli elementi di fatto e dei principi di diritto sopraesposti sia per quanto riguarda la motivazione in ordine alla sussistenza del fumus

commissi delicti sia in ordine al periculum in mora.
4. Alla luce delle suesposte considerazioni deve essere annullata
l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brescia per nuovo esame
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brelcia per nuovo esaCosì deciso i Roma, nella camera di consiglio dell’Il ovembre 2015.
me.

verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica.

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